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Articolo 21 - Editoriali
Lâ??Italia del Malaffare
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di Elio Veltri

da L'Unità

Il confronto - La questione immorale/1

Caro Romano,
nel 1996, insieme, alla vigilia delle elezioni, avevamo presentato alla stampa, nella sede dellâ??Ulivo di Largo Brazzà, un documento riguardante le condizioni di legalità del Paese. In particolare, venivano presi in considerazione i rapporti tra legalità, istituzioni, politica, mercati finanziari ed economia. In quel documento era scritto: «Sappiamo che legalità e trasparenza dovrebbero essere solo un mezzo dellâ??azione politica e di governo, il cui fine è la soluzione dei problemi. Ma se lâ??illegalità è così diffusa da impedire il buon governo e la corretta amministrazione, se la trasparenza è tanto evanescente da cancellare la certezza del diritto, allora legalità e trasparenza diventano obiettivi primari dellâ??azione di governo e cardini di un vero e proprio progetto civile per lâ??intera società».
Quelle proposte, negli anni, si sono incrociate con alcuni dei problemi più acuti del Paese. Basti ricordare lâ??aumento dei costi della politica, il numero di indagati che popolano le istituzioni della Repubblica, i crac Parmalat, Cirio e altri, lâ??esigua percentuale di investimenti esteri nel nostro Paese a cominciare dal Mezzogiorno, il controllo di interi comparti dellâ??economia da parte delle organizzazioni criminali. La situazione da allora è nettamente peggiorata.
E ne sono testimonianza alcuni dati che ho riportato in questo libro e che inserisco, anche se li ho inclusi nella lettera a Sylos Labini, che pubblico con la risposta, perché sono allarmanti e ripeterli non guasta:
- lavoro nero e sommerso: 27% del Pil pari a 400 miliardi di euro anno (stima Ocse, 2003);
- evasione fiscale: 200 miliardi di euro (Le Monde - Revue de droit fiscal);
- esportazione illecita di capitali: 360 miliardi di euro (Eric Pichet e Christian Bergères, Revue de droit fiscal);
- fatturato annuo delle mafie: 85 miliardi di euro (Dia e Economy, Mondadori);
- graduatoria delle regioni per il pizzo: Sicilia, Campania, Lombardia (rapporto Pisanu al governo, agosto 2004);
- patrimoni delle mafie: 1000 miliardi di euro (Confcommercio, Economy);
- affiliati alle mafie: 1,8 milioni di persone (Dia e Commissione Antimafia).
Le cifre si commentano da sole e nessuno meglio di te ne conosce le implicazioni e le conseguenze, di cui le più gravi sono: limitazione dellâ??esercizio della democrazia e sottrazione al Paese di una quota non trascurabile di ricchezza prodotta. In queste condizioni, a mio parere, diventa molto difficile per chiunque governare, senza fare della legalità e della trasparenza una vera e propria «missione nazionale», come è stato per lâ??euro.
Pertanto, io penso che, innovando rispetto al passato e alle consuetudini del Paese, noi dovremmo essere in grado di presentare un programma composto di una triade: «progetto-regole-comportamenti», come un unicum coerente e inscindibile. Da qui la proposta del «codice etico» che il Gruppo del cantiere ti ha consegnato. Una strategia nella quale regole e comportamenti contano quanto il progetto, anzi ne garantiscono la credibilità, diventa una sorta di New Deal della legalità, inteso come missione e sostenuto da un progetto concreto, da affidare alla responsabilità di un ministro alla legalità e alla trasparenza o comunque a un delegato del presidente del Consiglio, con il compito di attuare il progetto e di metterne i risultati a disposizione del governo e del Parlamento. Il ministro alla legalità e alla trasparenza diventa per forza di cose interlocutore della scuola che già si occupa di educazione alla legalità, delle organizzazioni economiche, sindacali, del volontariato e della società civile. Per conseguire gli scopi del progetto sarà necessario rendere trasparenti alcuni comparti che restano nebulosi e sui quali lâ??attenzione della pubblica opinione è vigile. Mi riferisco ai costi diretti e indiretti della politica che nessuno conosce e allâ??applicazione delle leggi che regolano le spese delle campagne elettorali; al censimento dei dipendenti pubblici indagati e condannati che in genere restano ai loro posti di lavoro; alla impenetrabilità della giungla legislativa, alla mappa dei paradisi fiscali nei quali operano società del nostro Paese; allâ??esame delle aree del lavoro sommerso; al censimento dei patrimoni mafiosi. E cioè ai problemi che vanno risolti per garantire moralità alla politica, trasparenza ed efficienza allâ??amministrazione, recupero di risorse ingenti da mettere a disposizione del Paese. Perché propongo un ministro ad hoc o un incaricato del presidente del Consiglio? Per la semplice ragione che i ministri sono troppo occupati a risolvere i problemi che riguardano i loro incarichi e solo un ministro senza portafogli, che non ha compiti di gestione, può assolvere la missione egregiamente. Purché conosca i problemi, sia convinto che lâ??illegalità diffusa è insostenibile da qualsiasi democrazia e sia ancora più convinto che se ne può venire fuori con le riforme, senza scomodare ogni volta la magistratura, la quale, in ogni caso, non può e non deve sostituire la politica. - Elio Veltri a Romano Prodi 20 gennaio 2005

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