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Articolo 21 - Editoriali
Via i lucchetti dal sapere*
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di Vincenzo Vita

Software libero in tutta Europa: una vittoria per il popolo della rete e insieme una batosta per le multinazionali del settore. Ne parliamo con Vincenzo Vita, assessore alla cultura della provincia di Roma nonché ex sottosegretario Ds alle comunicazioni, da sempre impegnato nel settore della multimedialità e dell'innovazione tecnologica.

Il parlamento europeo ha bocciato ieri la direttiva proposta dalla commissione sulla brevettabilità del software. Vita, come valuta questo voto inatteso?

Sono assolutamente soddisfatto. Soprattutto perché l'obiettivo primario della direttiva da lei citata era quello di mettere una serie di pericolosi lucchetti alla libera circolazione del sapere.

Un bel colpo allo strapotere delle grandi corporazioni, non crede?

Una cosa è certa: a questo round, per fortuna, i cosiddetti «poteri forti» sono stati battuti.

Un round, lei dice. Ma quali erano le questioni sul tappeto?

In gioco, e va detto con grande chiarezza, c'era questa volta la difesa di alcuni diritti basilari. La direttiva - come ho già detto - metteva in discussione la libera circolazione del sapere. Se fosse stata approvata, sarebbe stato come mettere delle royalties sui caratteri a stampa o sul corsivo; come richiedere, in altri termini, il pagamento di un pedaggio per tutte le strade.

La proposta è stata sottoposta a svariate votazioni. Questa, per la precisione, era la terza. Come mai, secondo lei?

Innanzitutto -sul piano del metodo - va rilevato che la proposta è stata il risultato di numerose mediazioni: il testo, pertanto, è stato soggetto a numerosi cambiamenti. A ciò va aggiunto il fatto che la commissione - nel tentativo di privilegiare gli interessi delle grandi corporazioni - ha cercato di assoggettare al suo volere le decisioni del parlamento. Abbiamo veramente corso il rischio di trovarci di fronte a un testo assai limitativo di qualsivoglia forma di libertà.

Il presidente del parlamento euroPeo, Josep Borrell, ha definito quella di ieri una «decisione storica». Per la prima volta, infatti, Bruxelles ha bocciato una proposta della commissione. Condivide questo giudizio?

Si tratta, certamente, di un fatto di enorme rilevanza e che senza alcun dubbio possiamo definire «storico». In particolare, ritengo si tratti di un evento che produrrà conseguenze importanti sulle politiche future della Commissione il cui lavoro dovrebbe essere sottoposto a un serio ripensamento.

A cosa si riferisce?

Per esempio, alle decisioni che la commissione dovrà prendere in merito alla questione delle libertà fondamentali.

E tuttavia Luigi Stanca, l'attuale ministro dell' innovazione e delle tecnologie, non ha mancato - ieri - di esprimere il suo rammarico lamentando, peraltro, l'assenza di un quadro normativo certo.

In tutta onestà, non arrivo a capire le dichiarazione di Stanca. Posso solo dire che il ministro - come del resto l'intera delegazione italiana - hanno sempre mantenuto sull'intera vicenda una posizione molto defilata.

Come lo spiega?

In Italia c'è poca informazione al riguardo e il tema viene sempre considerato secondario rispetto ad altri.

Torniamo alle critiche di Stanca. Il web nasce come un mezzo totalmente democratico, si sviluppa in maniera orizzontale e pare che la sua autogestione funzioni. Ritiene anche lei così urgente l'elaborazione di un quadro normativo?

Assolutamente no anche perché concordo nel ritenere valide le modalità di sviluppo e di funzionamento proprie del web. Ancor prima di una normativa sul software, considero prioritarie altre questioni.

Per esempio?

Mi domando: è più importante una direttiva che riguardi la diffusione del sapere rispetto a una che cerchi di arginare le grandi concentrazioni mediatiche ed editoriali, le grandi corporazioni o i conflitti d'interesse?
 
*di IGOR JAN OCCELLI - Il Manifesto - 07 07 2005

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