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Meno male che Obama c'è. Ma per la corsa al Nobel c’era (e c’è) un’altra Strada
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di Stefano Corradino

Meno male che Obama c'è. Ma per la corsa al Nobel c’era (e c’è) un’altra Strada

"Una speranza da coltivare", afferma Jimmy Carter in un'intervista all'Unità. "Un credito di pace", titola Liberazione. Gran parte della stampa commenta così l'ambito riconoscimento  dell'accademia di Oslo. Un “Nobel preventivo”, scrive Furio Colombo su "Il Fatto". “Un premio al  futuro”, secondo Vittorio Zucconi su la Repubblica. Leggiamo le motivazioni del  Comitato: Obama è stato insignito per aver ridato  vita alla diplomazia internazionale e alla cooperazione tra i popoli, per la sua battaglia  contro il disarmo nucleare e per aver dato un nuovo ruolo all'Onu e alle altre organizzazioni internazionali. Ineccepibile. Nel  breve corso del suo mandato il presidente Usa ha  dato prova di una netta discontinuità con le  lugubri imprese di gran parte dei suoi  predecessori. "Dovrebbe ringraziare loro", scrive ironicamente Marco D'Eramo sul Manifesto: senza  l'arrogante unilateralismo, senza Abu Ghraib,  senza Guantanamo tutto quello che Barack Obama ha fatto  (o se non altro ha detto) non apparirebbe così  innovatore.
Comunque una discontinuità di approccio. "Le sfide che ci  troviamo di fronte - ha detto ieri Obama - possono essere affrontate, a patto di riconoscere che non  basta una persona o una nazione da sola a risolverle". E che questo premia pertanto "non  riguarda solamente gli sforzi della mia amministrazione, ma gli sforzi coraggiosi degli abitanti di tutto il pianeta". Anni luce dalla politica di potenza e dalle strategie egemoniche del precedente inquilino di Washington.
Ma non possono passare inosservate alcune osservazioni critiche come quelle di Gino Strada che vede nel premio una contraddizione. "Se non sbaglio - ha detto il fondatore di Emergency - il Senato americano ha appena stanziato 300 miliardi di dollari per la guerra in Afghanistan nei prossimi otto anni…”. "Non basta dire sono per disarmo”, si diventa credibili quando le armi si distruggono, quando non si usano. Se è un Nobel sulla fiducia, va bene, vediamo cosa segue a questo premio".
Già, Gino Strada. Anche lui era tra i candidati al Nobel. Articolo21 insieme al giornalista Roberto Di Nunzio si erano fatti promotori di uno dei numerosi appelli apparsi sulla rete. Solo attraverso il gruppo su Facebook, fondato e alimentato dallo stesso Di Nunzio, sono state raccolte oltre 40mila adesioni di donne e uomini che, spontaneamente, attraverso questo appello, hanno voluto ricordare il valore inestimabile dell'azione di Gino, di Teresa e di tutto il gruppo di Emergency, un'associazione che da sempre si è battuta per la pace e la solidarietà, contro ogni discriminazione politica, ideologica e religiosa e che, dalla sua fondazione a oggi ha assistito e curato oltre 2milioni e 500mila vittime di conflitti e di guerre. Per questo noi ricominceremo anche per il 2010 a raccogliere le firme. Non sarà facile raggiungere il milione di adesioni, ma vale la pena di provarci con lo stesso impegno, la stessa generosità e la stessa passione civile dimostrata da Gino Strada, dalla moglie Teresa e dai suoi straordinari collaboratori nelle loro autentiche missioni di pace in giro per il mondo.
Missioni di pace che il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro probabilmente ignora. Solo così si spiega l’imbarazzante articolo che, già dal titolo, plaude al premio ad Obama come al male minore. Il mare peggiore, secondo Libero, sarebbe stato proprio assegnare il premio a Gino Strada. “Scampato pericolo” chiosa. “E già questo vale un Nobel”…
Ma, lungi dall’essere un quotidiano denigratorio, Libero è un giornale propositivo. E nel taglio del servizio, oltre a sospirare per aver schivato la “minaccia Strada” rilancia una candidatura ben più nobile che speriamo non sfugga al Comitato di Oslo: quella di Berlusconi. Più di 20mila adesioni ricorda Gianmario Battaglia, portavoce del comitato “Silvio Berlusconi Nobel”. Il ragionamento è semplice, scrive Libero: se Obama metterà le mani sulla prestigiosa statuetta dopo meno di nove mesi passati alla Casa Bianca, perché non dovrebbe farcela Berlusconi, che siede per la terza volta a Palazzo Chigi dal 1994? Già perché no? E perché no anche quello per la Letteratura, la Medicina, la Chimica? Magari non subito ma succederà. E siamo sicuri che Berlusconi saprà aspettare. D’altronde Dio ha inventato la donna e l’uomo, il fuoco e l’aria, l’acqua e la terra. E ancora aspetta il premio Nobel…

corradino@articolo21.info


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