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Idee e proposte per un intervento urgente per salvare l’editoria italiana
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di Lelio Grassucci*

Idee e proposte per un intervento urgente per salvare l’editoria italiana

Nel nostro Paese i Governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni, all’atto del loro insediamento, hanno puntualmente annunciato, con enfasi, la riforma dell’editoria, dettagliandone anche scadenze ed obiettivi generali, salvo poi non farne nulla, quando non hanno adottato provvedimenti che hanno peggiorato la situazione. Questo Governo ha confermato la prassi.
E’ ben vero che la crisi economica, la più grave dall’ultima guerra mondiale, ha reso ancor più difficile la ristrutturazione delle aziende editoriali, ha ridotto le entrate dello Stato a fronte di un maggiore esborso a favore di politiche di Welfare e che è indispensabile mantenere un sano equilibrio dei conti pubblici. Ma è anche vero che più di dieci anni non sono bastati per definire un adeguato e razionale assetto dell’intervento pubblico capace  di porre riparo alle distorsioni del mercato ed avviare una riforma del settore della comunicazione. La crisi è realtà degli ultimi due anni; il problema, dunque, non è di natura economica, ma politica.
D’altra parte la crisi economica ha investito tutti i Paesi industrializzati, compresa la Francia, ma ciò non ha impedito al Presidente di quel Paese di convocare gli Stati Generali dell’editoria, di avviare una profonda riflessione che ha coinvolto tutte le forze politiche ed i soggetti interessati e di stanziare con il Programma 180 oltre  419 milioni di euro a favore della carta stampata.
Il Sottosegretario Bonaiuti all’atto dell’insediamento del Governo ha annunciato la presentazione - entro sei mesi - di un DDL di riforma. Sono trascorsi quasi due anni e quell’annuncio è rimasto tutt’ora lettera morta. Al contrario, durante questo periodo, al di fuori di ogni disegno razionale, il Governo, intervenendo prevalentemente per delega e sottraendo, al Parlamento la potestà legislativa su temi strategici per la democrazia, ha adottato provvedimenti che hanno peggiorando drasticamente la situazione.
A partire dal 2009, ha soppresso il carattere di diritto soggettivo dei contributi all’editoria ed ha  ridotto gli stanziamenti dell’omonimo fondo da 414 milioni ( consuntivo 2008 ) a 194 ( Finanziaria 2010 ). Soltanto l’intervento del Parlamento, che ha stabilito la proroga di un anno del diritto soggettivo, ha scongiurato - per l’immediato - la chiusura di 92 testate con la perdita di oltre 4500 posti di lavoro tra giornalisti e poligrafici.
Con il decreto interministeriale del 31 marzo u. s. sono state  soppresse, a partire dal 1 aprile, le tariffe postali agevolate.  Il tutto a fronte di una grave inadempienza perché  il Governo avrebbe dovuto dare attuazione,  alle disposizione contenute nell’articolo 56, comma 4 della legge 23 luglio 2009 n. 99, che avrebbe consentito di ridurre drasticamente l’impegno economico dello Stato, di conservare - pur se ridotto - il sistema delle tariffe agevolate e di evitare che i pesanti aggravi economici ricadessero direttamente sugli editori, gran parte dei quali - piccoli e medi - non sono in grado di sostenerli e potrebbero essere costretti a  cessare le pubblicazioni .
Con il Milleproroghe sono stati soppressi i contributi, erogati dalla Presidenza del Consiglio, all’emittenza locale e ridotti del 50% quelli destinati ai giornali editi e diffusi all’estero ad ai giornali delle associazioni dei consumatori. Con un tratto di penna sono state messe a repentaglio altre centinaia di testate dell’emittenza locale che raccontano la vita reale del Paese diffuso e create difficoltà, per alcuni esiziali, per i quotidiani ed i periodici che rappresentano l’unico vero legame con i connazionali all’estero o che difendono i consumatori conto le mistificazioni alimentari e le distorsioni commerciali fraudolenti.
Con il recepimento della direttiva “TV senza frontiere” , accanto al “Product Placement” il Governo ha introdotto misure sulla TV via internet (che non hanno eguali in tutto l’occidente), il ridimensionamento degli spot sulle TV a pagamento, i limiti di affollamento pubblicitario ed un colpo durissimo ai produttori di contenuti. Con un altro decreto legislativo, infine, ha tentato di sopprimere il sistema autorizzatorio  dei punti vendita - esclusivi e non - della carta stampa. Solo il  parere unanime della Commissione cultura della Camera ha evitato quest’ultima decisione.
La situazione è dunque peggiorata. Si è messo mano al sistema distributivo di giornali e periodici senza governarne le conseguenze ed intervenire su tutta la filiera. Si è intervenuti sulla TV via internet senza riordinare il sistema radiotelevisivo. Si è affrontato il nodo dei contributi pubblici senza garantire la riforma dell’editoria. Si è introdotto il product placement  e limitati gli spot delle TV a pagamento senza affrontare il problema delle situazioni dominanti e dello squilibrio dei flussi pubblicitari a danno della carta stampata.
Se a tutto ciò uniamo le forzature in corso d’opera per l’approvazione della “ legge Bavaglio”, la chiusura dei Talk Show durante la recente campagna elettorale, l’esasperato spoil system in corso nella RAI, ma anche le pesanti azioni in sedi giudiziarie contro giornali e giornalisti, è difficile sfuggire all’impressione che il sistema dell’informazione sia volutamente sotto attacco in una fase di grande delicatezza.
E’ ben vero che in Italia esiste la libertà di stampa ma essa è costantemente ed in vario modo minacciata. Il pluralismo delle fonti e dell’accesso è sempre più eroso e limitato; le posizioni dominanti sempre più consolidate e pervasive.
Una svolta profonda si impone. Occorre al più presto presentare ed approvare una legge di riforma, che affronti nel suo complesso l’intero sistema della comunicazione. Forte è l’allarme dei cittadini e del Parlamento.
Il 18 febbraio u.s. trecentosessanta Deputati hanno chiesto al Governo  di prorogare, almeno fino al 1° gennaio 2012, il diritto soggettivo e di presentare, entro il 30 giugno 2010, un DDL di riforma dei contributi all’editoria.
Successivamente, mercoledì 10 marzo  la Commissione cultura della Camera ha chiesto il ripristino del diritto soggettivo a ricevere  il totale dei contributi diretti derivanti dal calcolo effettuato sulla base della normativa vigente, superando così l’articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
Nello stesso periodo, analogamente,  il Senato ha impegnato il Governo  a prorogare, almeno fino al primo gennaio 2012, il diritto soggettivo  ed a presentare, entro il 30 giugno 2010, un disegno di legge di riforma dei contributi all’editoria, finalizzato ad introdurre norme di maggior rigore nei criteri di accesso e di assegnazione dei contributi, atte a ridurre il fabbisogno necessario per far fronte a questo impegno di tutela del pluralismo ed a ristabilire in modo pieno il carattere di diritto soggettivo ai contributi diretti all’editoria, garantendo nel contempo una riduzione dei relativi oneri dello Stato.
In questi giorni, siamo ormai a metà giugno, il Sottosegretario Bonaiuti è tornato ad annunciare  l’avvio degli Stati Generali e la predisposizione di una legge di riforma. E’ del tutto ovvio che un provvedimento di riforma non potrà vedere la luce prima della metà del prossimo anno. Il rischio è che tale provvedimento, ammesso che si riuscisse a vararlo, servirà a ben poco. Più di cento testate cooperative, non profit e partito avranno chiuso i battenti, le maggiori testate quotidiane e periodiche avranno ricevuto colpi pesanti, molte emittenti locali, impegnate nel passaggio al digitale, saranno scomparse. I giornali editi e diffusi all’estero cercheranno, a prezzo di tagli pesanti e drastici ridimensionamenti, giorno per ogni giorno, sopravvivere.
Occorre, allora, come proposto da Camera e Senato, costruire un percorso che consenta al settore di arrivare alla riforma.
A. Si provveda subito ad accelerare la convocazione degli Stati Generali ed alla presentazione di un DDL di riforma del sistema  della comunicazione, capace di elevarne qualità e cultura, riaprirne il mercato,  garantirne uno sviluppo razionale dei vecchi e nuovi media nel quadro della multimedialità, aiutare le aziende editoriali a superare la loro più difficile crisi dal dopoguerra, difenderne ed allargarne il pluralismo.
B. Si dia vita ad un provvedimento di urgenza per ricostituire il diritto soggettivo, si ripristinino gli incentivi all’emittenza locale ed ai giornali esteri; si costruiscano le condizioni per facilitare l’accordo Poste-Editori sulle tariffe postali; si equipari l’iva per i quotidiani online a quella prevista per la carta stampata.
C. Nel provvedimento di urgenza, inoltre, al fine di evitare ulteriori ed esiziali concentrazioni, appare indispensabile prorogare almeno di due anni la norma prevista dall’art.15 comma 6 della legge 112/2004 ( art. 43 comma 12 T.U. radiotelevisione)
D. Per quanto concerne le risorse  necessarie, aggiuntive agli attuali stanziamenti di bilancio per il biennio 2011 e 2012, provvederemo ad avanzare alcune proposte, nel corso della Assemblea Nazionale di Mediacoop, convocata a Roma per il prossimo martedì 15 giugno, in linea con la esigenza di risanamento dei conti pubblici.

*Mediacoop

 


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