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Iran: il caso di Sakineh condannata e poi graziata
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di Elisabetta Viozzi

Iran: il caso di Sakineh condannata e poi graziata

Tutti concentrati come siamo ad attaccare l’Iran sulla sua politica nucleare e magari  pronti a condannare le sparate estremiste del presidente Ahmadinejad, qualche volta ci sfugge la questione diritti umani nel paese. Ora però il caso di Sakineh, condannata alla lapidazione e poi graziata, riaccende i riflettori dell’opinione pubblica internazionale, e, questa volta, forse, anche con un lieto fine.
In Iran, l’articolo 83 del Codice Penale prevede la pena di 100 frustrate per coloro che, non essendo sposati, fanno sesso fuori dal matrimonio; gli adulteri invece vengono puniti con la lapidazione. Dalla rivoluzione islamica di Khomeini si ha notizia di almeno una sessantina di casi di lapidazione, nella stragrande maggioranza dei casi di donne. Ma non è solo l’Iran ad uccidere a colpi di pietre: Afhganistan, Yemen, Nigeria, Somalia, Pakistan ma anche Arabia Saudita ed Emirati arabi, sono moltissimi i paesi che mantengono questa pratica considerata tradizionale e funzionale al controllo delle donne. Ma ora da Teheran arriva una notizia confortante: dopo una mobilitazione internazionale, con il lavoro delle ONG, appelli di intellettuali ed attori e una raccolta firme su internet, la condanna alla lapidazione di Sakineh Mohammedie Ashtiani è stata annullata. La donna, in carcere dal 2006 per adulterio, aveva confessato il tradimento del marito in una confessione estorta dopo 99 frustrate. E sembra che nel paese si sia avviata una riflessione.
Il responsabile dei Diritti Umani iraniano ha dichiarato  “le condanne come quella della lapidazione verranno attentamente riviste e probabilmente cambiate”.

Ascolta il Gr solidarietà con intervista ad Ahmad Rafat


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