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Peter Gomez: "Imporre la rettifica ai blog è assurdo e ingiusto"
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di Micol Sarfatti

Peter Gomez: "Imporre la rettifica ai blog è assurdo e ingiusto"

“Il bavaglio a internet e l’obbligo di rettifica per i blogger denotano la vecchiaia della nostra classe politica. La rete si affermerà comunque, ma una mentalità così retrograda spaventa. L’unico modello di giornalismo vincente è quello che si basa sulla credibilità”. Peter Gomez, giornalista, interviene sul sito di Articolo 21 sul ddl intercettazioni, sul successo del sito de il fattoquotidiano.it, di cui è direttore, e sull’attualità politica.

Il fattoquotidiano.it , nato poco più di un mese fa, è al momento  il quinto sito di quotidiano più letto in Italia. Quali sono le ragioni di questo successo e in che cosa si differenzia dalla versione cartacea?
Le ragioni del successo de ilfattoquotidiano.it sono le stesse della versione cartacea: facciamo un giornale per i lettori, senza padrini né padroni. Vogliamo creare uno spazio di confronto fra persone che hanno idee diverse ma che possono trovare punti di vista comuni. Il giornale on-line fa parte di questo progetto: vogliamo dare sempre più spazio ai commenti dei lettori e aprire una piattaforma per i blog. Allo stesso tempo ilfattoquotidiano.it è un prodotto diverso dal cartaceo, sul sito cerchiamo di sviluppare nuove tematiche, ma sempre con una chiave personalizzata, non siamo un semplice aggregatore di notizie, scegliamo con cura gli argomenti da pubblicare e abbiamo anche diversi contenuti multimediali. Siamo un giornale, non diamo solo informazioni. Non stiamo inventando nulla, nel mondo già tanti hanno fatto come noi, peccato pochi facciano altrettanto in Italia.

Esiste un modello di giornalismo del futuro vincente e in grado di superare l’attuale crisi dell’informazione?
La credibilità è l’unico modello di giornalismo vincente, ieri come oggi e domani. Poi bisogna anche raccontare quello che le persone non sanno, unire le notizie alle opinioni.
Se parliamo invece di un modello “di business”, quello de ilfattoquotidiano.it per ora sta funzionando bene, ma i lettori rimangono sempre i nostri principali referenti. Abbiamo chiesto loro se fossero disposti a versare uno o due euro al mese per il sito, la risposta è stata entusiastica, in America è una pratica molto usata, ma non mi convince fino in fondo. Ho pensato anche a un abbonamento su base volontaria, chi lo sottoscrive ha diritto a contenuti esclusivi, ma agli altri non viene sottratto nulla. Bisogna ricordare anche che il mercato pubblicitario su internet è destinato a crescere. Il giornalismo del futuro sarà sicuramente in rete; anche per questo il nostro sito è in Creative Commons, e non in riproduzione riservata, e tutti i nostri video sono su youtube. Linkiamo anche altri siti, non abbiamo paura di perdere lettori.

Come giudica gli ultimi emendamenti al ddl intercettazioni. Allentano il bavaglio, ma non lo sciolgono, soprattutto per internet?
Sì. Questa legge denota per l’ennesima volta la vecchiaia della nostra classe politica che di internet si intende molto poco. Imporre la rettifica ai blog è assurdo e ingiusto, non perché non ci sia il diritto-dovere di rettificare, ma perché in rete c’è già lo spazio per farlo, tutto viene replicato e condiviso. Ai blog viene applicata una legge che è nata per la stampa, è assurdo.

Internet fa paura al potere politico, ma anche a quello mediatico?
Certo, anche perché in Italia, ormai, sono la stessa cosa. Il governo applica restrizioni sul wi-fi che sono ancora legata alle norme antiterrorismo seguite all’11 settembre, una legge che in quasi tutti gli altri paesi del mondo è stata superata. Non si fanno investimenti sulla banda larga perché si teme che la tv on demand superi quella tradizionale. Si cerca di arginare la crescita dei nuovi media per mantenere il duopolio televisivo, ma il superamento dei media tradizionali avverrà comunque. Non sono preoccupato per la rete, ma per la nostra classe dirigente così retrograda.

Il ddl intercettazioni è stato l’ennesimo terreno di scontro all’interno della maggioranza, crede che i finiani romperanno prima o poi con il Pdl?
Sì, prima o poi, potrebbero rompere, ma non su questioni legate alle intercettazioni, piuttosto su questioni legate all’economia o al federalismo. Se si parla di intercettazioni e controllo mediatico la classe politica è una casta compatta, hanno tutti lo stesso interesse, ricordiamoci che tre anni fa hanno votato anche la legge Mastella.

In caso di rottura ci sarà una fine anticipata della legislatura o un accordo delle opposizioni?
Se si dovesse andare alle elezioni anticipate Bossi potrebbe ottenere un grande risultato, ma non la maggioranza e Fini non potrebbe governare con la sinistra, ne andrebbe del suo futuro politico. L’ipotesi più probabile in caso di rottura è, a mio parere, quella del governo tecnico.

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