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"Il Papello. Cosa resta dei 12 comandamenti? Richieste davvero folli?"
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di Nello Trocchia

"Il Papello. Cosa resta dei 12 comandamenti? Richieste davvero folli?"

Come in un film, come nel Il bene e il male di Martin Scorzese. Da una parte lo stato e dall’altro il crimine organizzato. Da un parte chi lotta contro la mala senza infingimenti, dall’altra chi traffica o addirittura fa il doppio gioco.  Ma qui in scena c’è la realtà, alcuni uomini dello stato trattavano mentre altri uomini dello Stato combattevano le mafie strenuamente credendo fosse quello l’obiettivo comune. Due strategie e mentre le bombe ammazzavano, altri parlavano, incontravano, si prestavano. La storia del papello si può raccontare così: come il grande inganno consumato a danno di chi, generali, carabinieri, poliziotti, giudici, giornalisti, ha creduto la mafia il nemico da battere, le connivenze il livello da intercettare e debellare.

Un altro pezzo di stato allestiva, nella versione edulcorata, trattative, e , nella versione accusatoria, strade preferenziali per alcuni mafiosi in cambio di qualche boss consegnato e ‘finti’ successi. Ora mentre a Palermo e Caltanissetta sono ripartite le inchieste sulla trattativa e due uomini dello stato, allora al Ros, Mauro Obinu e Mario Mori, sono sotto processo per favoreggiamento, per il mancato arresto di Bernardo Provenzano e Marcello Dell’Utri è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa (dopo una condanna di primo grado a 9 anni), restano troppi punti di domanda a cui dare risposta. L’interrogativo che accompagna la consegna del papello da parte di Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, è uno solo.

Di quel papello cosa è stato? Quando la mafia si è inabissata e le istituzioni hanno abbassato il livello di guardia, di quel papello cosa è stato realizzato? Negli anni ’90 quando Don Vito Ciancimino ebbe tra le mani quelle richieste disse: " Erano punti troppo da testa di m..." Folli, irrealizzabili e ,per questo, Ciancimino ne fece altre più praticabili (elezione diretta dei giudici, abolizione monopolio sigarette). Ma se avessimo avuto in mano quel papello  il legislatore avrebbe legiferato sui temi della mafia come ha fatto in questi anni? Il senatore Giuseppe Lumia ci aiuta in questa analisi. Cosa resta di quel papello? Quelle richieste folli nel 1992 sono diventate, nel silenzio della e sulla mafia, praticabili dopo?

“ Cosa Nostra ha superato la crisi drammatica del dopo stragi – racconta Lumia- ci fu una reazione senza precedenti della società e delle istituzioni, ma al solito, una risposta in alcuni casi ambigua pensiamo alla cattura di Riina, pensiamo all’agenda rossa, al ruolo dei servizi”.

“ Alcuni punti quelli che miravano all’abbassamento della tensione, che miravano ad un clima di coabitazione, dove lo stato può combattere la mafia senza mai superare il livello che puntasse alla sua cancellazione su questo Cosa Nostra qualche risultato lo ha ottenuto”.

Andiamo più nello specifico. C’era un punto: la riforma della legge dei pentiti, la revisione c’è stata.

“Mi riferivo anche a questo. E’ vero è stato fatto un passo indietro, c’era da fare una riforma, ma Cosa Nostra ha ottenuto vantaggi che denuncio da anni. Sui collaboratori di giustizia si è introdotta la dichiarazione in 180 giorni ( in 6 mesi) che è impossibile da realizzare”.

E i numeri parlano di una diminuzione consistente dei collaboratori e un ridimensionamento del fenomeno del pentitismo dal 2001 anno della rivisitazione.

C’è anche il 41 bis, svuotato di senso, dopo la riforma del 2002 che ha fatto cessare di colpo la protesta di mafiosi ( da ricordare i proclami di Bagarella e Cannella, lo striscione alla Favorita di Palermo) contro il carcere duro.

“E’ vero non mi stancherò mai di dire che questo 41 bis è paradossalmente favorevole a Cosa Nostra, da tempo chiedo una rigorosa applicazione del 41 bis con una revisione dell’istituto”. Altro punto è la chiusura di supercarceri. “ Anche in questo caso io chiedo da tempo la riapertura almeno del carcere di Pianosa se non anche dell’Asinara”. Altro punto è la revisione della legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni mafiosi. Anche in questo caso valga su tutti la denuncia di Don Luigi Ciotti che da anni con Libera chiede l’introduzione dell’agenzia della confisca.

“Abbiamo chiesto – ripete ai nostri microfoni - l’agenzia della confisca ma il governo non vuole ascoltarci. Dobbiamo migliorare questa legge, il 36% dei beni sono sotto ipoteca bancaria, il 30% sono occupati da parenti o dagli stessi mafiosi. Bisogna intervenire”. Indebitati o ancora occupati, insomma legge svuotata di senso, anche in questo caso. C’è da aggiungere la lungaggine del processo, l’indulto che ha favorito mafiosi e sodali, di fatto un beneficio, ( l’ultimo caso è quello di Santo La Causa, il superlatitante di Cosa nostra arrestato l'8 ottobre scorso da carabinieri del reparto operativo di Catania, era stato scarcerato il 2 agosto del 2006 in applicazione dell'indulto)e la riforma annunciata delle intercettazioni, riforma che darà un duro colpo alle indagini sulla mafia e una grossa mano alle organizzazioni criminali.

Insomma, negli anni ’90 mentre le bombe e gli attentati annientavano lo stato quelle richieste furono bollate come folli dal sindaco mafioso Ciancimino. Negli anni, la classe politica, vestita di nuovo, nel nome del garantismo e supportata da una campagna di stampa ad hoc ha messo in atto alcune riforme svuotando di senso le norme antimafia, molte oggetto di richiesta come da papello. Per alcuni punti: risultato raggiunto, al grido di forza mafia.

Integrale intervista a Giuseppe Lumia


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