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Niente regali alle mafie: i beni confiscati sono cosa nostra!
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di Santo Della Volpe

Niente regali alle mafie: i beni confiscati sono cosa nostra!

Vendere i beni confiscati alle Mafie significa ridarglieli indietro. Perchè oggi mafia,'ndrangheta  e camorra dispongono di una grande liquidità monetaria  e perché,nelle zone dove i beni vengono confiscati (e quindi sarebbero messi all'asta) hanno ancora un tale controllo del territorio da poter  controllare ed inquinare anche le aste giudiziarie, al di là delle volontà e delle garanzie offerte dai Prefetti. Per questo Articolo21 aderisce all'appello di Don Ciotti e di Libera, aggiungendo un ulteriore appello: come già si fece in occasione della raccolta di firme per ottenere la legge sulla confisca dei beni mafiosi, tutti i giornali, telegiornali e radio italiane pubblichino articoli ed inchieste sulla modifica introdotta dalla Finanziaria al Senato e su quali effetti avrebbe se fosse approvata anche alla Camera.  Una giornata di mobilitazione dell'informazione per spiegare ai cittadini cosa succede "fare cassa" con queste vendite dei beni confiscati e non ancora assegnati. Una giornata di mobilitazione che comincia ora con l'adesione, di singole persone e di associazioni, all'appello di Don Ciotti ed alle prossime mobilitazioni di Libera in tutta Italia.

Firma l'appello di Libera per bloccare la vendita dei beni confiscati!

L'appello di Libera
Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente. Oggi quell'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E’ facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato. La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni. Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati. Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti “cosa nostra”.


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