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La politica compatta scopre l'"avversario" Marchionne; i Tg un po' meno
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di Reporter senza rete

La politica compatta scopre l'"avversario" Marchionne; i Tg un po' meno
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  • Il caso “Marchionne contro tutti”, ovvero il fronte comune contro le dichiarazioni dell’Ad Fiat ieri sera a “Che tempo che fa”, che ha animato l’intera giornata dei commenti, guadagna il primo titolo, anzi un doppio titolo solo sul TG 3, mentre è secondo titolo sul Tg 2,  terzo sul Tg 5, quarto sul Tg La 7; assente su Tg 1 , Tg 4 e Studio Aperto. Maggiore spazio dunque alle questioni tutte interne alla politica, ovvero il nuovo braccio di ferro all’interno della maggioranza sul lodo Alfano. Ancora Avetrana, seppure in chiave critica ad esempio sul Tg di Mentana con la presenza del commento del direttore de La Stampa Calabresi; spazio a Terzigno e alla prese di posizione di Maroni contri i violenti.
    A noi ha fatto un certo effetto ascoltare governo, Cisl,  Fini e la Lega aggregarsi alla sinistra e alla CGIL nel considerare improponibili le affermazioni di Marchionne. Nel commento abbiamo chiamato in causa il politologo Giovanni Sartori, che ci ha detto la sua sull’evoluzione nell’ultimo secolo tra politica ed economia; come al solito senza peli sulla lingua.
    Segnaliamo dal Tg La 7 che in genere non è prodigo verso i temi del sociale, un titolo ed un servizio su di un gruppo di nomadi, esclusi dalla promessa assegnazione delle case popolari di Milano, che hanno denunciato per discriminazione il sindaco Moratti, il Ministro Maroni ed il Prefetto Lombardo, ricevendo da un euro deputato leghista l’invito ad di “ andare ad acchiappare i ratti!”
    Nessun Tg nei titoli affronta la cronaca degli incidenti sul lavoro.  Ma il clou della serata è nel Tg di Minzolini che, finalmente si scatena contro la speculazione. Ultimo titolo:  due etti di caldarroste a cinque euro, un vero scandalo!


    Il Commento del Professor Giovanni Sartori. politologo

    (intervista di Alberto Baldazzi)


    Questa contrapposizione, ormai molto netta nelle ultime ore, tra politica ed economia, dopo il “caso Marchionne"  - ricordando che il Novecento è stato proprio creato nel rapporto tra politica ed economia, gli stati nazionali e le grandi concentrazioni industriali – Lei, appunto, come la deve? Come vede questo rapporto politica /economia nelle nostre miseri italiane in queste settimane?

    “ Nelle nostre miserabili vicende è tutto impasticciato, ma la dottrina sostiene che la politica è diversa dall’economia. Una società libera ha bisogno di un sistema d’economia di mercato: può funzionare solo se la proprietà ed i poteri creano un assetto pluralistico qual è il sistema di mercato”.

    Ma la Fiat nella storia del novecento – la Fiat ha più di un secolo – ha ottemperato a questa dottrina di rapporto scisso tra politica ed economia, o invece è stato almeno in parte un esempio al contrario?

    “ Sa, tutte le economie industriali che hanno seguito l’esempio inglese sono state create dal protezionismo dei singoli stati. Ci sono sempre stati rapporti in cui lo stato finanzia, sviluppa e protegge certi settori dell’economia. Anche oggi con il “globalismo” vediamo gli Stati Uniti mettere dazi e tariffe”.

    Quindi il liberismo assoluto è uno slogan più che una realtà concreta?

    “Il liberismo assoluto è servito solo quando nasceva la società industriale, che era solo quella inglese. Gli inglesi erano  i soli ad esportare i prodotti dell’economia industriale e tutto il mondo era solo un acquirente. Allora il “laissez-passer” era il lasciapassare della scuola di Manchester, e rifletteva quella fase dello sviluppo dell’economia”.

    Professore, tornando ai nostri giorni, alle nostre miserie ed al nostro Marchionne “A.D. uber alles”. Lei come vede questo scontro? Ormai la politica  si è arroccata, in poche ore si è ricompattata nei confronti dell’economia ( e del suo esponente più elevato, che tradizionalmente è la Fiat). Come vede questa contrapposizione?

    “Ormai è l’economia globalizzata che non consente alternative. Lo stato assistenziale, il welfare, sono pagati dalle tariffe, dai dazi. Se il mondo è tutto un mercato libero, allora il miglior offerente ottiene quello che vuole e non ci sono più i soldi per pagare lo stato di welfare, lo stato del benessere. Oramai, se si accetta la globalizzazione bisogna accettare che tutte le industrie siano ugualmente competitive: è una linea ineccepibile”.

    Professore, ma non esistono in questa fase, negli ultimi anni, in questi mesi, dei nuovi capitalismi di stato? Il caso dell’America di Obama, proprio con l’accordo con la Chrysler con la Fiat

    “È un prestito quello di Obama: c’è stato un aiuto di Stato, ma a titolo di prestito; da un punto di vista puramente tecnico è  come se fosse un’operazione bancaria. L’ha fatta uno stato, ma una banca grandissima avrebbe potuto fare la stessa cosa”.

    Ma, insomma: il voto che viene dato a Marchionne, in queste ore, è molto scarso secondo molti settori. Lei se la sente di dare la  sufficienza alla posizione esposta ieri sera di fronte a milioni di telespettatori a “Che tempo che fa”?

    “Ma non ci sono alternative. Se la Fiat perde producendo in Italia, o chiude … o se ne va altrove. È una delle conseguenze. Io l’ho denunciato dieci anni fa questo pericolo, anzi questa probabilità: che il lavoro si sposta dove costa meno …”

    Anche se questa volta va a nostro discapito …

    “La regola è uguale per tutti”.

    Quindi la responsabilità sociale dell’impresa è un’affermazione, come dire, “libresca”? Ci sono degli …

    “No, no! C’è la responsabilità sociale dell’impresa, ma non è quella di fallire. Ci può essere il modello tedesco, ci possono essere delle aziende che sono in particolare condizioni, come la Olivetti ai tempi di Olivetti, ma se il prezzo del loro prodotto non è competitivo in un mercato globale che non si difende con tariffe o altro, che non dovrebbe esser difeso da tariffe, dazi e quant’altro, vale la regola che “chi produce a costi maggiori perde o sparisce” ”.

    E come vede il ruolo del sindacato, di una  parte del sindacato, nel braccio di ferro …

    “Il sindacato italiano è ormai vecchissimo: si aggrappa a posizioni di principio che erano valide ed applicabili ai tempi dell’economia chiusa, l’economia di benessere che si pagava con l’extra della dogana, imponendo tariffe e barriere. Se questo sparisce, sparisce anche il surplus che consentiva il sopraddetto stato di benessere. Regge ancora in Svezia, perché lì la tradizione è così antica ed il sistema è efficiente”.

    Quindi critiche particolari all’assenza di una politica  del Governo per lo sviluppo, così come in questi mesi molti hanno fatto,  lei non fa ..

     “Ne faccio moltissime: per esempio, l’intervento del Governo su Alitalia è stato sbagliato e dannoso, ma di fronte ad un imprenditore che dice: “Io la stessa macchina la produco a molto meno in Polonia”, lo stato … non ci può fare nulla. O impedisce le importazioni con la Polonia o è impotente”.

    E quindi che futuro ci aspetta come cittadini e lavoratori?

    “I sindacati stranieri, come quelli americani, hanno largamente accettato  ed anche la Germania si è aggiornata ai tempi. Si sono resi conto che certe conquiste del passato erano dovuta anche a certi privilegi doganali del passato. La linea deve essere più morbida da ora, basata non su principi, ma su i  conti. Sulla richiesta che riguardano la disciplina sul lavoro, poi, ha ragione il datore di lavoro. A Melfi ci sono stati abusi, ed una azienda che non vuole fallire non può permetterselo”.


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