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Noi non perdiamo la speranza. Questo è il nostro stile di vita e ce ne vantiamo. Intervista a Leo Nodari, promotore del Premio Borsellino
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di Ylenia Di Matteo

Noi non perdiamo la speranza. Questo è il nostro stile di vita e ce ne vantiamo. Intervista a Leo Nodari, promotore del Premio Borsellino

Legalità, informazione, senso dello Stato. Attorno a questi semplici concetti , quanto mai  necessari nell’Italia di oggi, si è svolto il Premio Borsellino. Da Nicola Gratteri, Salvatore di Landro e Antonio Ingroia, a Giorgio Tirabassi e Ascanio Celestini, Flavio Tranquillo, Cinzia Maria Rossi, Don Peppe Manganiello, Manfredi Borsellino, Roberto Saviano... Incontri e dibattiti a cui hanno partecipato rappresentanti della società civile, magistrati, giornalisti, scrittori, quotidianamente impegnati a contrastare l’illegalità che mina le basi della nostra democrazia.
Abbiamo incontrato Leonardo Nodari di Società Civile, organizzatore della manifestazione.

Conclusa la XV edizione del Premio, è tempo di bilanci. Ci sono parole di speranza per il nostro Paese?
I segnali di speranza sono nelle 500 persone che non sono riuscite ad entrare in un teatro già troppo gremito nel giorno delle premiazioni per applaudire dei testimoni del mondo della legalità e non delle star del cinema.
Le parole di speranza più belle di questa rassegna sono quelle che ci ha scritto Agnese Borsellino «Carissimi giovani – si legge – voi siete i soli in grado di raccogliere davvero il messaggio che mio marito ha lasciato. Leggendo con i miei figli le recenti notizie apparse in questi giorni sui giornali, dopo alcuni momenti di sconforto ho continuato e continuerò a rispettare le Istituzioni di questo Paese perché mi rendo conto che abbiamo il dovere di rispettarle e servirle come mio marito sino all’ultimo ci ha insegnato». «Io non perdo la speranza – ha proseguito Agnese Borsellino in un altro passaggio della sua lettera – di una società più giusta e onesta in grado di costruire un’Italia più giusta e onesta».

Avevi parlato di premio aperto. A sorpresa, nella giornata finale, Roberto Saviano…
In verità “sorpresa” solo all’apparenza. Io sapevo che Saviano aveva accettato la nostra offerta e sarebbe venuto in Abruzzo già dai primi giorni di settembre. Poi le vicende legate agli impegni per il programma con Fazio, i ritardi nella produzione, i vincoli di immagine, hanno messo in bilico la sua presenza. Ma la nostra storia, la qualità del premio e la giuria sono state le carte vincenti.

Troppo spesso la politica italiana è sconvolta da eventi che poco hanno a che fare con il fine ultimo della sua azione, ovvero la ricerca e la tutela del bene comune, in ripetuti attacchi alla libera informazione e alla magistratura. Da Mani Pulite ad oggi, cosa è cambiato?
Prima c’erano i partiti che rubavano o estorcevano.  Oggi c’è il bunga bunga, la P3,  il gruppetto dei corrotti,  la cricca dei corruttori & corruttibili. Finché non ci sarà assolutamente più niente da rubare. A quel punto cominceranno le scissioni interne.  Tutti al grido «Quando tocca a noi?» Come è possibile tutto ciò? Perché una nazione piena di gente talentuosa e generosa deve perdersi in queste miserie? Prima che giudiziaria, civile, politica, familiare, personale e morale, sembrerebbe una questione antropologica. Corrotti e corruttori ci sono sempre stati. Ma avevano - gli uni e gli altri - la consapevolezza della propria differenza, una sfumatura di vergogna che non li assolveva, ma contribuiva a spiegarli. Oggi sono inspiegabili. Sorridono e parlano d' altro. A puntellarne l' amor proprio, più delle ricchezze conquistate - che spesso non possono essere godute, per non svelarsi - è la convinzione che così fan tutti; e, se non tutti, molti. È un meccanismo antico, che ha provocato disastri: il male, per perdere l' amaro, deve diventare consuetudine. È anche colpa nostra, perciò, se questi fenomeni aumentano. Qualcuno dice che ci hanno narcotizzato. Può essere, ma ci siamo lasciati narcotizzare. Siamo rimasti zitti quando a imbrogliare era uno dei nostri (conoscenti, concittadini, compagni di fede o di partito). Abbiamo girato la testa, chiuso gli occhi, finto di non vedere: per stanchezza, per disgusto, per sfiducia. E la nostra stanchezza, il nostro disgusto e la nostra sfiducia sono stati considerati tacita approvazione

Da anni sei impegnato in dibattiti e incontri rivolti ad una cittadinanza attiva. Quanto è difficile educare alla legalità?
L’Abruzzo è tra le regioni nella quale è più forte l’esigenza di una classe politica che sappia rispondere con fermezza ed unità alle sfide che malaffare e criminalità propongono. È infatti una sfida politica l’eliminazione delle cause sociali che determinano le infiltrazioni mafiose e di comportamenti mafiosi. L’attenzione della politica deve spaziare dai piccoli reati nelle città ai nuovi mercati redditizi per la mafia, per poter meglio approntare quegli strumenti che possano finalmente debellare il fenomeno mafioso. Strumenti non solo giudiziari, ma anche culturali. La creazione di un tessuto culturale fertile al rinnovamento ed alla legalità è fondamentale anche se trova molte resistenze. Anche nel campo della magistratura e delle forze di polizia. E ovviamente della politica nostrana.

I prossimi impegni di Società civile?
A novembre il libro dell’on. Serracchiani e Bertinotti, a dicembre Francesco Viviano e Nichi Vendola, a gennaio Padre Bartolomeo Sorge, e così via fino a maggio per il premio su informazione e legalità. Dopo Montanelli, Biagi e Fava quest’anno toccherà a…


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