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TG meno "da battaglia", per una crisi ormai certa. Quanto durerà?
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di Reporter senza rete

TG meno "da battaglia", per una crisi ormai certa. Quanto durerà?

Il commento sui telegiornali di questa sera potrebbe essere liquidato con una battuta e cioè: “Quando la politica cerca nuovi equilibri, i Tg sono più equilibrati”. Equilibrio che si riscontra in titoli e servizi sulla crisi di governo, non ancora aperta ufficialmente, ma che nei fatti esiste. Ed i fatti, come dicevamo, sono stati raccontati con molto equilibrio da tutti i telegiornali, con l’esclusione del pasdaran Emilio Fede. La crisi politica e le posizioni  degli schieramenti in campo hanno l’ apertura in tutte le testate, secondo titolo solo per Studio Aperto. Dettagliata la ricostruzione dell’incontro tra Bossi e Fini  fatta dal Tg3, che si spinge anche oltre, fornendo ipotesi di possibili scenari futuri costruiti attraverso  dichiarazioni di vari esponenti politici di maggioranza ed opposizione. Corrette anche le ricostruzioni di Tg1, Tg5 e Tg2, Tg La7, mentre Studio Aperto dedica all’argomento un breve commento,  attraverso un collegamento dalla redazione politica.
Quindi, come avevamo già notato altre volte, in analoghe situazioni,  quando la politica entra in fibrillazione, per problemi interni alla maggioranza di governo, i direttori decidono di non schierarsi. Prendono per così dire una boccata d’ossigeno per dedicarsi ad un altro sport: criticarsi tra loro. Perchè ha destato un certo scalpore l’intervista rilasciata dal direttore del Tg5 Clemente Mimun al sito del Corriere della Sera,  in cui critica il lavoro del direttore del Tg1 Minzolini. E che i direttori siano alla ricerca di nuovi equilibri lo evidenzia  anche la carta stampata. Oggi sulle pagine del Fatto Quotidiano abbiamo letto le dichiarazioni di Vittorio Feltri che  lancia qualche frecciatina al nuovo direttore del Giornale Sallusti, quasi ad addossargli la responsabilità del caso Boffo. Questi argomenti saranno affrontati anche nello spazio commento di oggi con l’intervista ad Antonio Padellaro direttore del Fatto Quotidiano.
Il resto delle notizie sono dedicate al presidente  Napolitano, che in Veneto critica la finanziaria, ne parlano tutti i tg tranne Studio Aperto e Tg4, ed alla cronaca, con l’immancabile caso Avetrana; la morte del tassista pestato un mese fa a Milano e la scoperta di un nuovo asilo degli orrori, questa volta  a Pinerolo. 
Ci ha commosso invece la notizia presente nei titoli del Tg5: in Francia uno spot mette in dubbio l’esistenza di babbo natale. Speriamo che i bambini l’accolgano come una delle solite bufale che spesso attraversano gli schermi televisivi.


Il commento di Antonio Padellaro direttore de Il Fatto Quotidiano.

(intervista di Alberto Baldazzi)

Padellaro, succede qualcosa di nuovo nella comunicazione in questi giorni? Come dire, forse la morsa della politica, visto che siamo arrivati a “redde rationem”,  lascia tutti un po’ più liberi? Noi, osservatori del Tg,  da due giorni vediamo titoli corretti, più o meno asettici, e sul fronte dei quotidiani, notiamo Feltri che fa i complimenti al tuo giornale; notiamo, per altri aspetti,  Mimun che critica sul Corriere.it il suo alter-ego Bibì- Bibò Minzolini; insomma: i giornalisti cominciano a fare i giornalisti? È una visione possibile?
"Probabilmente non è così, perché se entriamo in una fase che porterà alle elezioni anticipate ce ne accorgeremo tutti di come i giannizzeri dell’informazione marceranno per difendere i loro padroni. Io ho l’impressione che non ci siano grandi cambiamenti nell’indirizzo generale dell’informazione: chi ha fatto per anni un’informazione guidata ed etero diretta mi sembra che continui a farlo. Credo che in generale le cose non cambino. Anzi se la campagna elettorale sarà, com’è probabile, a calor bianco,  ci saranno i fortini muniti dei telegiornali e dei giornali che sono già schierati. Altro che allentare la morsa. Faranno di tutto per far vincere la propria fazione. Poi ci sono dei casi particolar; Feltri è stato sempre un giornalista anomalo sotto tutti i punti di vista. Magari lui in questo momento si rende conto che la partita che ha giocato col Giornale è una partita che ha procurato più danni che altro. Forse sente la voglia di nuovo di fare un giornale per conto suo.  Ma quelli che sono dei  problemi esistenziale di un singolo giornalista,  non li farei diventare un segno di qualcosa che sta cambiando. Secondo me non sta cambiando proprio niente".

Padellaro, non perché sei tu questa sera ospite nel nostro commento dell’Osservatorio,  ma per un analisi, dal nostro punto di vista, oggettivo:  Il Fatto ha rappresentato qualcosa in controtendenza in questo anno abbondante dalla sua nascita, come a dire che quando le professionalità si mettono insieme e l’obiettivo è professionale,  seppur in una situazione compressa, si può produrre qualcosa.
"Si, si produce un giornale che vende 75 mila copie vere in edicola,  che ha 40 mila abbonamenti, che vive praticamente solo di lettori, che chiude l’anno con un sostanzioso attivo e che cerca di fare ogni giorno il mestiere di un giornale indipendente. Magari sbagliando, commettendo errori, ma lo dico sempre, se commettiamo errori sono i nostri errori e non quelli di qualcun altro che siamo costretti a trasmettere.  Quindi è anche la dimostrazione, per chi abbia voglia,  a destra come a sinistra o al centro , che dei semplici giornalisti possono decidere di rinunciare a un po’ di privilegi anche economici, cosa che noi abbiamo fatto all’inizio;  e se si asciugano un po’ le spese e se si punta soltanto ai lettori, forse si possono fare non un Fatto solo ma molti altri Fatti".

A tuo giudizio, per un settore decisivo per la comunicazione e la cultura di questo Paese che è rappresentato dalla Rai, è solo un’aspirazione vuota quella che possa accadere qualcosa dispositivo, o che  le vicende di questi giorni, le opposizioni a  Masi, possono far balenare, non dico concretamente realizzare, un altro orizzonte?
"La Rai è uno strano animale, uno strano cavallo perché è certamente sotto il tallone del presidente-proprietario. Però produce tali qualità professionali, e non soltanto Santoro o a Gabanelli ma tanti altro prodotti  non così eclatanti ma fatti bene, realizzati con cura, che poi alla fine in questo caso la moneta buona finisce per cacciare la moneta cattiva - mentre sappiamo che in economia è il contrario.  Finisce che le cose buone della Rai,  grazie alla bravura dei giornalisti ma anche di gente che lavora, dai tecnici agli operatori a chi lavora dietro le quinte, finiscono per diventare il vero evento Rai. L’altro giorno abbiamo visto questo spettacolo di Saviano, di Benigni e di Fazio che, anche se con dei difetti, ha avuto un successo straordinario. Da questo punto di vista penso che forse l’esperienza di questi anni ci ha dato un orizzonte diverso, in cui poi se uno ha il coraggio di fare le cose e le fa bene, vince. Io trovo sbagliato strillare sempre alle repressioni, ai condizionamenti  all’ “ecco il padrone che arriva”;  certo che esistono questi aspetti,  ma poi vivendo ancora, vivaddio, in una democrazia dove è operante una Costituzione e leggi che ancora tutelano  chi cerca di fare il proprio mestiere, io penso che la Rai possa essere anche la dimostrazione che si può fare, che un certo lavoro giornalistico si può fare".


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