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Termini Imerese: l’identità, la rabbia, la lotta
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di Giulia Sampognaro

Termini Imerese: l’identità, la rabbia, la lotta

2.100 lavoratori senza alcune certezza per il futuro. Uno stabilimento, quello di Termini Imerese, che rischia la chiusura, e per il quale, a partire dal 2011, non è prevista alcuna missione produttiva. La fine di Termini Imerese rappresenta un colpo mortale per l'economia siciliana. Dramma causato anche dall’incertezza di un Governo che non è riuscito a dare garanzie a cui si assomma la dura presa di posizione dell’amministratore delegato Fiat Marchionne, che, senza mezzi termini prospetta la chiusura della storica fabbrica siciliana. Un disastro industriale ma, che prima di tutto, è un dramma sociale. Lavoratori in cassa integrazione da mesi, alla vigilia di un Natale che si prospetta povero e soprattutto incerto, e che non possono fare altro che aspettare l’incontro, previsto per il primo dicembre, con il ministro dello sviluppo economico Scajola e l'a.d. Fiat Marchionne. Intanto si dividono tra rabbia e disperazione, di fronte all’ennesima cassa integrazione, tentando il possibile per far sentire la loro voce. La rabbia è un tutt'uno con la voglia di continuare a lottare come ci dice Roberto Mastrosimone capo-operaio Termini Imerese e delegato FIOM: “Nei prossimi giorni metteremo in campo ulteriori iniziative perché non possiamo accettare che la Fiat possa chiudere lo stabilimento. E’ un dramma enorme per questi lavoratori”.

Ascolta l'intervista a Roberto Mastrosimone capo-operaio Termini Imerese e delegato FIOM


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