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Maroni e il modello libico
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di Francesco Peloso

Maroni e il modello libico

Sul fronte immigrazione,  ”l’accordo di cooperazione con la Libia funziona ed è diventato un modello nel Mediterraneo.  Stiamo cercando di applicare questo modello anche con la Tunisia”. Il 16 febbraio scorso, il ministro per gli Interni Roberto Maroni, spiegava così la visione strategica dell’Italia rispetto ai Paesi del nord Africa. E poi, aggiungeva, l’Europa non può restare a guarda e deve dare man forte al  nostro governo per gestire l’arrivo  dei profughi dal Maghreb.

Dunque i gloriosi pattugliamenti delle motovedette italiane sono evaporati nelle acque del Mediterraneo, gli arrivi sono ripresi a migliaia in seguito ai rivolgimenti che interessano Libia, Egitto, Tunisia e da oggi anche il Marocco. Un dato emerge che non è stato ancora rilevato con la necessaria chiarezza: la legge con la quale è stato istituito il reato di clandestinità, sbandierata dal governo come l’inizio di una nuova politica in fatto di sicurezza nazionale, mostra in queste ore il suo vero volto: quello di una grottesca mistificazione giuridica e ideologica

Intanto per le strade di Begnasi, in Libia, si contano  fra i 100 e i 200 morti, le fonti indipendenti danno numeri ancora incerti ma tutte concordano nel fatto che si tratta di decine di cadaveri. Così riferiscono anche le fonti ospedaliere. Degli immigrati che attraversano l’Africa per finire nei campi di concentramento istituti in Libia con il placet del governo italiano – è questo il famoso modello libico – parliamo nel post “Uccideteli tutti”.  Da parte loro Fondazione Migrantese e la Conferenza episcopale italiana, chiedono urgentemente un nuovo decreto flussi per gestire e fronteggiare con senso di responsabilità e del diritto internazionale la marea umana che approda sulle nostre coste. Certo ci sarebbe bisogno anche dell’Europa, per ora latitante. E tuttavia c’è da chiedersi quale credibilità abbia il ministro Maroni – esponente di una forza localistica, fortemente xenofoba, tenacemente antieuropea e anti Bruxelles, – ad appellarsi alle istituzioni comunitarie.

Da ricordare infine che nell’agosto scorso la Caritas italiana denunciò la progressiva e costante ripresa dei flussi migratori verso il nostro Paese e l’Europa. Maroni rispose sdegnato e sbandierò cifre propagandistiche sulla diminuzione degli ingressi, ma non fu in grado di smentire la ripresa di un traffico umano via mare. Senza contare le nuove rotte che, attraverso la Turchia e la Grecia, aggiravano le motovedette italiche per seguire altre strade e nuovi percorsi.

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