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Turchia: nella “democrazia islamica”, 50 giornalisti in prigione
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di Asli Kayabal *

Turchia: nella “democrazia islamica”, 50 giornalisti in prigione

La Turchia sembra immersa in un colpo di stato civile. 50 giornalisti sono stati arrestati (1). Gli ultimi sono tre giornalisti del portale d’informazione Odatv (www.odatv.com), un quotidiano online specializzato in inchieste investigative sempre molto ben documentate. Soner Yalcin, giornalista di Hurriyet, nonché proprietario ed editore responsabile di Odatv è stato arrestato assieme a Baris Pehlivan e a Baris Terkoglu, entrambi giornalisti della redazione di Odatv con l’accusa  di far parte  dell’associazione terroristica Ergenekon (è il nome  dato a una presunta organizzazione clandestina turca kemalista e ultranazionalista, con legami con i membri delle forze militari e di sicurezza del paese) e di pubblicare documenti segreti importanti per la sicurezza dello Stato.

La vicenda è così riassumibile: il 14 febbraio Odatv pubblica una notizia dal titolo “Ecco il documento del corso tenuto dagli americani ai poliziotti del nucleo speciale di Ergenekon”, documentandola con tre video. Nella stessa giornata la polizia organizza un’operazione alla sede di Odatv a Istanbul e alle case dei tre giornalisti. Il 15 febbraio Francis Ricciardone, ambasciatore degli  Stati Uniti ad Ankara degli USA fa una proclamazione sorprendente, sostenendo di “Non riuscire a capire come sia possibile difendere la libertà di stampa mentre si arrestano i giornalisti.”

Il vice del premier Erdogan risponde affermando che “L’ambasciata USA non deve intervenire sugli affari interni della Turchia”. Nei  commenti della stampa si sostiene che la proclamazione dell’ambasciata americana fa passare in secondo piano la vera notizia che è quella relativa ai corsi di strategia tenuti dagli americani alla polizia turca impegnata sul caso Ergenekon.  

Il premier Tayyip Erdogan sostiene che “i tre giornalisti di Odatv non sono stati arrestati per la loro attività giornalistica e neanche per le loro idee ma per altri motivi ricollegabili al loro ruolo in Ergenekon”.

In realtà i giornalisti sono stati tratti in arresto e sono indagati dalla procura esclusivamente per la loro attività giornalistica. Tutti sono trattenuti presso il carcere di Silivri, vicino Istanbul. Tra di loro, da quasi due anni, c’è Mustafa Balbay, responsabile dell’ufficio d’Ankara del quotidiano Cumhuriyet. Recentemente ha dichiarato: “Il governo ha creato una finta associazione terroristica ed ha arrestano tutti quelli che si oppongono al governo islamico”. Tra gli arrestati c’è anche Baha Okar, uno degli editori della rivista scientifica Bilim ve Gelecek, che ogni anno nel mese di luglio organizza a Karaburun, vicino a Smirne, un workshop denominato ‘L’incontro delle Utopie’, al quale partecipano intellettuali, filosofi, scienziati, etc.. 

Per Oktay Eksi, ex editorialista di Hurriyet, che presiede la Piattaforma per la Libertà dei Giornalisti, l’arresto dei giornalisti con l’accusa di appartenere a Ergenekon è un vero delitto.
In Turchia domina oramai un clima di paura e di tensione. La pressione politica contro i giornalisti non conosce limiti. Normalmente le operazioni di polizia avvengono in piena notte o all’alba. I giornalisti vengono portati in questura e le loro case perquisite alla ricerca di documenti, libri, materiale digitale. 

I media occidentali, così sensibili alla libertà di espressione in paesi come Cuba o la Cina, sono stranamente distratti su tutto ciò che avviene in Turchia. Non si rendono conto, tranne poche eccezioni, come il Financial Times, e New York Times dell’enorme pressione esercitata dal governo di Ankara sui giornali turchi e dell‘ondata di arresti con la scusa di appartenenza a Ergenekon o a Balyoz (l’altro presunto movimento per il quale 196 militari appartenenti all’ala laica dell’esercito, sono attualmente agli arresti con l’accusa di aver ordito un tentativo di colpo di stato militare per rovesciare il governo Erdogan nel 2003).

Il premier Erdogan da una parte difende la rivolta diffusasi nei paesi arabi anche grazie ai social network, dall’altra in Turchia vengono arrestati i giornalisti di Odatv e periodicamente vengono oscurati siti come Youtube, quando pubblicano notizie antigovernative (è successo cinque volte dal 2007 ad oggi).

Il pianista Fazil Say: ‘La Turchia vive un fascimo pesante’ 

La situazione è molto preoccupante, se anche il pianista Fazil Say, molto conosciuto anche in Italia, nella sua rubrica su Odatv scrive cla la “Turchia vive un fascismo pesante. La gente ha paura. Le persone quando scrivono su Facebook si autocensurano. Ormai in Turchia difendere la libertà è un delitto, così come è un delitto essere artista.

Nilgun Cerrahoglu, ex corrispondente in Italia di Cumhuriyet, scrive sulla sua rubrica: “Mentre tre giornalisti di Odatv vengono arrestati, la Turchia viene indicata come un paese modello per il mondo islamico. Quanta ironia!”

Per Orhan Bursali, direttore dell’inserto scientifico dello stesso quotidiano “La Turchia sta attraversando il tunnel più oscuro della sua storia”.

E’ un tunnel davvero oscuro e  purtroppo i media occidentali sono silenti.

*Corrispondente in Italia del quotidiano Cumhuriyet
aslikayabal@hotmail.com


(1) Il dato è stato pubblicato il 18 febbraio 2011 sul sito www.tutuklugazeteciler.blogspot.com, attivo per solidarietà ai giornalisti arrestati


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