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Mare Monstrum
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di Francesco Peloso

Mare Monstrum

Caduti in mezzo al mare, affondati, affogati al largo di Tripoli, mentre il rais gioca le sue ultime carte: scatenare verso l’Italia barconi cadenti stracarichi di poveracci che muoiono fra le onde. Si dice: donne e bambini sono dispersi, senza nome, ed è impossibile provare cosa vuol dire. Non ci si può immedesimare con ogni disgrazia, con ogni dolore. Eppure rimane la sensazione che nemmeno una preghiera, cristiana o laica, sia stata levata in queste ore per questi caduti (per davvero inermi e disarmati…), per questi morti divorati da un mare – culla di civiltà si leggeva nella retorica dei manuali scolastici – e oggi monstrum.

Di nuovo come in tempi perduti, gli uomini sono in balìa delle correnti, delle loro imbarcazioni incerte che s’infrangono sugli scogli di Lampedusa. “L’isola è svuotata”, “Gheddafi è un modello per il Medio Oriente”, risuonano le parole dei nostri governanti nel conteggio delle vittime, nella tragedia della gente di Lampedusa prigioniera di un destino assurdo. E poi i pattugliamenti leghisti sbandierati come soluzione di ogni male, vera barriera contro i clandestini; affermazioni indecenti sopra ogni altra cosa.

Forse bisognerà ricominciare da qui a costruire un barlume di coscienza nazionale, dai diritti fondamentali, dall’idea di uguaglianza umana, che è stata messa in discussione da questa classe politica, da questa classe dirigente che chiama in causa l’Europa dopo essere stata – con i suoi comportamenti, la sua inciviltà giuridica, con il suo disprezzo del diritto e dei popoli – l’opposto dell’Europa, la sua totale negazione. Ciò che accade è questo: una dittatura violenta e cadente, quella di Gheddafi, tratteneva migliaia di migranti con la violenza sul proprio territorio in base ad accordi stretti con l’attuale governo italiano. E ora che la guerra e le rivolte infuriano, il colonnello decide di lasciare andare qualche ondata di disperati come forma estrema di ricatto per fermare la sua caduta. In realtà non si assiste, in queste ore, ad alcun intervento internazionale che prenda sul serio quanto sta accadendo, così come non si ragiona sul prevedibile flusso di genti attraverso il mare e le terre che uniscono Europa e Africa. E’ una fuga dalla politica che impone, all’opposto, all’opinione pubblica, di tenere alto il livello di attenzione su scenari nordafricani che parlano del nostro futuro prossimo e che decideranno del nostro “chi siamo”.

 


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