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La memoria corta che non rende giustizia
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di Ottavio Olita

La memoria corta che non rende giustizia

Anche noi rischiamo di avere la memoria corta. Anche noi che ci rendiamo conto dell’importanza del voto del 15 e 16 maggio; anche noi che abbiamo la coscienza che per uscire dal berlusconismo sarà necessario ricostruire un tessuto etico, culturale e politico che si è drammaticamente sfilacciato. Rischiamo di avere la memoria corta se attribuiamo la vittoria alle amministrative e al referendum consultivo sul nucleare svoltosi in Sardegna solo agli errori o alle furbate, - per una volta rivelatesi autolesionistiche – di Berlusconi.
    Perché non stiamo più ricordando quante volte siamo scesi in piazza, ci siamo incontrati, abbiamo risposto, abbiamo reagito civilmente, pacificamente, coraggiosamente. Perché non stiamo più ricordando quelle straordinarie giornate del 13 febbraio - “Se non ora quando..” -, del 12 marzo in difesa della Costituzione, del 17 marzo per l’identità nazionale e le tantissime iniziative sindacali e per la tutela della libertà d’informazione? Rischiamo anche noi di fare ragionamenti solo in termini di rapporti di forza per come vengono ridisegnati dalle urne e dimentichiamo che l’unica arma a nostra disposizione per resistere al bombardamento contro la Carta Costituzionale, contro le garanzie fondamentali da essa assicurate – come quella di informare ed essere informati, il diritto allo studio e al lavoro, la libertà d’impresa – e contro le altre istituzioni che assicurano l’equilibrio tra i Poteri dello Stato in una vera Repubblica, è una partecipazione informata e consapevole alla vita democratica. Ecco perché bisogna assolutamente ricordare tutto quello che è accaduto negli ultimi mesi, quelli che hanno preceduto il tonfo berlusconiano.
Nelle nostre iniziative continue abbiamo costruito quella voglia di ritorno alla politica che sembrava persa. Oltre a riempire le piazze abbiamo scritto, denunciato, ci siamo incontrati – studenti, lavoratori, precari, giovani, anziani, uomini e donne - ci siamo mobilitati, abbiamo anche ridefinito la funzione dei colori, come il bianco del 13 febbraio o il viola scelto da un ‘popolo’ che ha riscoperto un’anima di democrazia militante. Abbiamo saputo ironizzare e urlare, analizzare e proporre, discutere ricercando sintesi. Il ritorno alla scelta ragionata, rifiutando slogan, demagogie, populismo di bassa lega, indegne gazzarre contro i tutori del diritto non è stato prodotto da alcun tatticismo, ma solo e soltanto dalla continua, pervicace, incessante difesa della ragionevolezza contro l’arroganza. E’ questo che ha permesso a tantissimi milanesi di riconoscersi in un galantuomo come Giuliano Pisapia; è questo che ha fatto sì che i cagliaritani dessero un vantaggio, per la prima volta dopo vent’anni, ad un esponente 35enne di Sinistra Ecologia e Libertà come Massimo Zedda che il 29 e 30 maggio andrà al ballottaggio contro un tradizionale esponente dei poteri forti della città.
Quanto appaiono sguaiate, oggi, le parole della Moratti; e quanto sono ridicole le riproposizioni degli idioti, vetusti schemi che tentano ancora di descrivere il suo avversario come un temibile estremista. Basta ascoltarlo e guardarlo negli occhi per capirlo! E in tanti lo hanno fatto.
    Ecco cosa dobbiamo continuare a fare, sempre di più: ascoltare, parlar chiaro dopo aver osservato e interpretato le realtà che ci circondano, incontrare le persone, proporre soluzioni. E’ la riscoperta della politica, quella uccisa da vent’anni di berlusconismo che ha sconvolto la vita del nostro Paese; un’Italia che dal 15 e 16 maggio ha ufficializzato la sua voglia di ritorno alla normalità.
Non facciamoci mai più distogliere o ingannare da modelli che non sono nostri. Basta con gli imbonitori. Alla vacuità degli slogan, alla vergogna degli spettacoli offerti dai comizi con le risposte retoriche proposte alle platee osannanti, rispondiamo con i ragionamenti di Vendola o il pragmatismo di Bersani o della Bindi: nell’immediato possono sembrare meno efficaci, ma pian piano lasciano il segno, seminano nelle coscienze, riconducono alla dimensione del reale. Il cammino della ricostruzione morale, così come quello della riaffermazione dei valori del rispetto e della legittimazione reciproci, sarà lungo. Per riuscirci basterà tenere sempre presente un glorioso modello di riferimento: quell’ Assemblea Costituente che sulle macerie dell’Italia annientata dalla guerra, dal fascismo e dal nazismo costruì le nostre libertà di oggi, in nome esclusivo di tutti, proprio tutti i cittadini dell’Italia democratica. 

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