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Referendum: chi ne parla più?
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di Ottavio Olita

Referendum: chi ne parla più?  Due settimane. Son passate solo due settimane dalla dimostrazione data dagli italiani di volersi riappropriare della politica del Paese e devo constatare - io stesso che m’ero illuso della fine del tempo degli azzeccagarbugli - che sono proprio loro, gli scovatori d’aghi nei pagliai, a dettare, ancora una volta, temi e tempi dell’agenda politica.
    Si sono messi all’opera appena Berlusconi ha dato il segnale che non bisognava interpretare il voto degli oltre 27miloni di italiani recatisi alle urne come una sonora bocciatura delle sue politiche, ma come espressione della libertà di pensiero. E’ così cominciata la ricerca degli obiettivi di distrazione di massa. Dapprima la Lega, Pontida, Maroni e Bossi, ora Bossi e Tremonti; poi le intercettazioni. Chissà cos’altro salterà fuori. E tutti appresso.  C’è stato qualcuno che abbia rilanciato la questione – fondamentale per uno Stato democratico – della tutela e del rafforzamento dei beni collettivi e comuni come clamorosamente affermato dall’esito dei referendum? Cos’è successo per i precari della scuola picchiati davanti a Montecitorio? Sono stati rapidamente dimenticati ricorrendo all’alibi dei provocatori infiltrati. E la riforma della Rai? Ancora una volta la voce unitaria, alta e forte, del segretario dell’Usigrai Carlo Verna e dell’Fnsi, fatta udire brevemente il 21 giugno, è rimasta voce nel deserto. E chi si ricorda delle vittime dei reati? Quelli che attendono giustizia, mentre tanti legislatori si impegnano in tutti i modi a rendere più semplice la vita a chi i reati li commette? Ma quanti sono i cittadini che non avendo nulla da nascondere, non si preoccupano delle intercettazioni che la magistratura dispone, evidentemente, per esigenze d’inchiesta? Se proprio c’è l’esigenza di occuparsene - perché non si riesce a resistere al bombardamento mediatico degli organi d’informazione del premier e del centrodestra che vogliono a tutti i costi sminuire la portata della nuove rivelazioni  intorno al caso Bisignani – per quale ragione non si mettono sul tavolo anche richieste forti per un’amministrazione della giustizia che tuteli maggiormente i cittadini in attesa di riparazione di torti subiti, di danni ricevuti, di violenze patite?
    Voglio dire che sarebbe un grave delitto politico abbandonare a se stesso il popolo referendario. Bisogna rappresentarne le istanze che oltre ad essere state espresse contro leggi approvate e i soggetti politici che le hanno proposte, sono state affermate con forza perché diventino un modello di sviluppo democratico del Paese. Il centrosinistra ha l’obbligo morale e politico di trasformarle in progetti, programmi, idee, proposte. Mentre ci si affanna a cercare un efficace protagonista dei tanti salotti televisivi, perché non si lavora piuttosto alla costruzione di un’elaborazione complessiva capace di interpretare questo tempo, di anticiparne gli sviluppi, di premunirci contro i disastri nei quali ci lascerà, una volta che il centrosinistra tornerà al governo del Paese, lo sfacelo del berlusconismo? E perché, invece di stare solo a rispondere, non raccontiamo quante e quali azioni positive per il lavoro, per i giovani, per le famiglie, per i precari, vengono realizzate in Puglia, in Emilia, in Toscana o in Umbria?
    Altro che memoria corta! Qui sembra che si voglia cancellare anche il ricordo di quel che è successo il 12 e 13 giugno. E’ urgente dimostrare, al più presto, che è una sensazione sbagliata.

 



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