Articolo 21 - CULTURA
Riprendiamoci i beni dei boss
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di Pietro Nardiello
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Le organizzazioni criminali, come ben sappiamo, hanno accumulato attraverso innumerevoli pratiche enormi patrimoni e con quel denaro sporco, incassato con la violenza, i delitti e i traffici illeciti, sono riuscite a condizionare l’economia legale, infiltrandosi con uomini, aziende e cooperative, costituendo così un modello economico-sociale. Ma la camorra ha bisogno, per affermare il proprio prestigio, anche di impossessarsi di simboli culturali importanti, ed è anche per questi motivi che la sua lunga mano ha monopolizzato una parte del mercato discografico locale oltre che occupare palazzi storici importantissimi. La lotta alla camorra si vince anche riappropriandosi di queste strutture come il Palazzo Mediceo di Ottaviano, adesso sede del Parco Nazionale del Vesuvio e un tempo regno del capo della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo, dove il Festival, promosso dal comitato Don Diana e ass. Libera coordinamento di Caserta, è passato nei giorni scorsi. Si è svolta un’intera giornata dedicata ai libri che ha visto protagonisti, tra gli altri, Rosalba Beneventano, sorella di Mimmo, medico e consigliere comunale assassinato proprio per volontà di Cutolo e don Aniello Manganiello parroco per tanti anni a Scampia.
Don Peppe Diana sosteneva che i sacerdoti dovevano uscire dalle sagrestie, altrettanto dovremmo fare tutti noi e le centinaia di associazioni impegnate su questi temi e andare oltre quei confini locali che rappresentano, purtroppo, non solo barriere fisiche ma soprattutto mentali. Così potremmo sconfiggere anche quella follia criminale che è stata capace di occupare anche luoghi suggestivi dove è stata scritta parte della nostra storia. Fino a quando lasceremo inutilizzati queste strutture, come ad esempio il Palazzo Teti di S.Maria C.V., nel casertano, la lotta alla camorra sarà tutt’altro che vinta. Da venerdì il Festival raggiungerà Castel Volturno, l’1 e 2 luglio con una due giorni ricca di appuntamenti lì dove ha iniziato a muovere i primi passi la cooperativa “Le terre di don Peppe Diana”, in quella che un tempo fu la masseria del re del contrabbando Michele Zaza
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