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Somalia: le pesanti ingerenze straniere
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di Shukri Said*

Somalia: le pesanti ingerenze straniere

Sono stati piuttosto turbolenti i tre giorni in cui si è sviluppata la riunione per la pacificazione della Somalia, svoltasi a Mogadiscio dal 4 al 6 settembre scorsi, per iniziativa di Agostino Mahiga (incaricato dell'ONU per il Paese del Corno d'Africa) e dei due "Sceicchi", il Presidente della Repubblica, Sharif Sheick Ahmed e lo speaker del Parlamento Sheick Sharif Hassan, detto lametta. Tanto turbolenti che uno dei pochi invitati, l'organizzazione di islamici moderati Ahlu Sunna Waljamaca, ha tolto la collaborazione diplomatica a Mahiga ed al suo ufficio lamentandone la faziosità e l'eccessiva ingerenza sui destini della Somalia, rifiutandosi di firmare il documento finale. Ha poi diffuso una nota, che accusa apertamente Mahiga di fomentare le divisioni fra i somali.

 Soprattutto rispetto alle attese, forse dovuto alla fretta con cui la riunione è stata convocata, con un anticipo di soli tre giorni, e nonostante fossero stati invitati solo pochi soggetti e tutti favorevoli a quelle istituzioni di transizione alle quali la comunità internazionale ha affidato il compito di traghettare la Somalia verso la democrazia. Mancavano i rappresentanti di importanti regioni, come il Somaliland o Azania, nonché  esponenti della società civile e della diaspora. Otto organizzazioni della società civile (Civil Society Forum) di Mogadiscio, Somali Women's Agenda (SWA), Civil Society in Action, Peace and Human Rights Network (PHRN), Centre for Research and Dialogue - Somalia (CRD), Coalition of Grassroots Women Organisation (COGWO), SONFEX e SOSCESNA], in immediata risposta, si sono a loro volta riunite a Mogadiscio il 7 e 8 settembre e con un lungo documento hanno denunciato sia la loro esclusione dal convegno indetto dall'Onu, sia la sua conclusione condensatasi in una Road Map verso una pacificazione del Paese calata dall'alto, senza un adeguato approfondimento, né un reale coinvolgimento del popolo.

Il documento finale della riunione organizzata da Mahiga, invero, si articola in quattro grandi temi: sicurezza, good governance, Costituzione e fine delle istituzioni di transizione, ma la riforma del Parlamento è stata affidata al suo attuale speaker Sheick Sakin, "lametta". Si tratta di un personaggio ritenuto dai somali moralmente discutibile e comunque privo della cultura necessaria per ergersi a padre della Patria. Lui stesso riconosce di aver conseguito solo la quinta elementare e di aver dedicato gran parte della sua vita al commercio (soprattutto di chat - precisano i maligni, l'eccitante vegetale a suo tempo vietato da Siad Barre, ma ora di libero mercato). Già si ritiene, in Somalia, che Sakin, senza cultura e senza scrupoli, sia pronto a vendere la Patria e che riempirà il Parlamento di suoi fedelissimi per farsi eleggere Presidente per i cinque anni successivi all'agosto 2012 in cui scadranno i dodici mesi di proroga delle istituzioni transitorie, previsti dall'accordo di Kampala del 9 giugno scorso.

L'instabilità favorisce la cessione di territori. In verità, il documento finale di Mahiga esclude proroghe delle istituzioni provvisorie oltre l'agosto 2012, ma senza la liberazione del territorio da Al Shabaab, le elezioni non saranno possibili. D'altra parte se, come sta accadendo, il governo provvisorio taglia gli stipendi e l'assistenza logistica alle truppe sui fronti più esposti, la vittoria su Al Shabaab certamente si allontana e con essa la stabilità del Paese, senza la quale le elezioni non si potranno celebrare. C'è anche chi teme che il permanere delle istituzioni provvisorie assoggettate ad interessi esterni, finisca con l'assecondare il desiderio dell'IGAD - la potente organizzazione commerciale del Corno d'Africa sotto l'egemonia dell'Etiopia - di ottenere la rinuncia ufficiale della Somalia alla regione dell'N. F. D. (North Front District) in favore del Kenya e di quella dell'Ogaden in favore della stessa Etiopia.

Quello delle ingerenze straniere nei destini della Somalia, e non a favore del suo popolo è, in effetti, un problema di cui sta emergendo la gravità anche nei documenti pubblicati da Wikileakes all'inizio di questo mese. In uno di questi, infatti, Donald Yamamoto, ex ambasciatore USA ad Addis Abeba, riferisce al Dipartimento di Stato l'andamento di un incontro avvenuto il 30 gennaio 2009 tra il Primo Ministro etiope Meles Zenawi e Phili Carter, responsabile USA per l'Africa. Yamamoto precisa che uno dei temi più importanti del lungo faccia a faccia è stato la Somalia e in particolare la regione del Somaliland, alla quale Zenawi ha chiesto insistentemente che, d'accordo fra loro, USA e Gran Bretagna accordino l'autonomia, ma solo a metà, così impantanandola com'è accaduto alla Palestina. Un altro capitolo sta emergendo intorno agli interessi internazionali sulla Somalia, mal diretta e mal difesa dalle sue attuali istituzioni transitorie.

 Il deputato Mohamed Sheik Jama Nageeye, già sottosegretario nel gabinetto dell'ex Primo Ministro Mohamed Adbullahi Mohamed, ha denunciato alla stampa che Mahiga, a margine dell'ultima riunione di Mogadiscio, ha chiesto al Primo Ministro Abdiweli Mohamed Ali di fornire una relazione entro il 19 dicembre prossimo sulla rinuncia della Somalia a due terzi delle sue acque territoriali, che si ridurrebbero dalle attuali 200 miglia, fissate nella Legge n. 37 del 10 settembre 1972 registrata all'ONU, a sole 70 miglia. Lo stesso Onorevole Nageeye ha ricordato che già sotto il precedente governo di Shermarke era stato sottoscritto, il 7 aprile 2009, un memorandum of understanding tra il Ministro degli esteri keniota, Moses Wetang'ula, e quello per lo sviluppo e cooperazione somalo, Abdirahman Abdishakur Warsame, per una simile riduzione, ma che quel tentativo venne respinto dal Parlamento di transizione.

 Se, da una parte, una simile riduzione delle acque territoriali inciderebbe non solo sui proventi del traffico mercantile e sulle aree di pesca, ma comporterebbe rinuncia anche alle ricchezze minerarie del fondo marino e in particolare ai giacimenti petroliferi rilevati proprio in quella zona, dall'altra parte appare evidente l'intento della comunità internazionale di intervenire sull'integrità territoriale della Somalia.  Sarebbe bene ricordare che i somali non accetteranno mai una mutilazione dei loro confini operata da istituzioni prive della legittimazione popolare e che del tutto illusorio sarebbe ritenere acquietate questioni territoriali centenarie sol perché, al guinzaglio internazionale dei due "sceicchi", si è applicata una medaglietta istituzionale di transizione.

 Le attuali istituzioni transitorie non funzionano ed i somali, sia in sede nazionale che nella diaspora, se ne sono accorti e stanno reagendo, come dimostra il successo della convention di Oslo del 10 settembre scorso. I giochi dei due "Sceicchi" a favore del mantenimento dell'attuale instabilità, ben oltre il traguardo dell'agosto 2012, sono ormai scoperti, tanto che anche la satira tende a smascherare i giochetti meschini, e a volte sanguinosi, condotti per mantenere il potere. C. Nuure Siyaad, noto politico somalo, aveva già accusato apertamente il Presidente Sheikh Sharif Ahmed di voler accendere nuovamente la guerra tra clan e mettere i somali gli uni contro gli altri, mirando a sfruttare la guerra contro i fondamentalisti islamici di Al Shabaab anche in chiave clanica. Questa sua recente denuncia ha trovato proprio in questi giorni una conferma sul campo.

* fondatrice dell'Associazione Migrare- www.migrare.eu

tratto da Repubblica.it


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