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Il giaccone russo di Silvio Berlusconi e la violazione dei diritti umani in Russia
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di Associazione Annaviva

Il giaccone russo di Silvio Berlusconi e la violazione dei diritti umani in Russia

E di ieri la notizia dell’avvenuto arresto di Ludmila Alekseeva, 82enne storica attivista dei diritti umani in Russia. La milicja l’ha prelevata a forza mentre partecipava alla manifestazione nonviolenta delle opposizioni per la libertà di associazione in Russia, e non l’ha ancora rilasciata. Ciononostante, come riportato dal Corriere della Sera di sabato 2 gennaio 2010, il primo ministro del nostro Paese nella giornata di Capodanno è ritornato sulla scena pubblica, indossando un giubbotto recante le effigi della marina militare russa.

Pur riconoscendo assoluta libertà in tutti i campi della vita quotidiana, anche e soprattutto sull’abbigliamento, la scelta del suddetto giaccone da parte di Silvio Berlusconi pare proprio inopportuna. Inopportuna a causa di quanto successo poche ore prima alla Alekseeva e ad altri dieci oppositori, arrestati perché colpevoli di esprimere il proprio parere. Inopportuna perché ancora oggi nelle carceri russe sono reclusi dissidenti democratici, colpevoli di opporsi al regime del duo Putin-Medvedev. Inopportuna perché sotto la stessa bandiera della Marina militare Russa il 12 agosto di dieci anni fa avvenne la strage del sottomarino nucleare Kursk K-141 Piotr Velikij su cui ancora non si è fatta (o voluta fare) chiarezza, forse per le implicazioni del regime nella morte del giovane equipaggio, colpevole di prestare servizio su un “gioiello” dell’esercito russo che, in avaria (forse a causa di un siluro difettoso), si è preferito non salvare per evitare l’aiuto statunitense, sacrificando così l’intero equipaggio.

In virtu di tutto ciò, l’Associazione AnnaViva ritiene che un capo di governo di una democrazia occidentale non possa permettersi tali distrazioni, che dalle élite politiche quei paesi ancora non democratici – come la Russia appunto – sono letti come una legittimazione del proprio operato, e ricorda che l’Italia, in quanto democrazia europea, dovrebbe chiaramente fare della tutela dei diritti umani nel mondo la ragione primaria della propria politica estera.


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