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“La provocazione di Rosarno, un modo per deviare l’attenzione sui fatti di Reggio”
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di Giulia Fresca

“La provocazione di Rosarno, un modo per deviare l’attenzione sui fatti di Reggio”

D’improvviso la Calabria. Sembra che nessuno in questi mesi ne abbia sentito parlare eppure di motivi per essere in prima pagina con delle belle aperture di cronaca ne ha avuti parecchi: le navi dei veleni, l’uccisione del diciottenne Francesco Inzitari, il tentativo di fuga dei fratelli Zagari entrambi ergastolani e notizie varie che rimbalzavano da un comune all’altro sciolto per infiltrazione mafiosa, fino alle “cartoline verdi” che interessano i vari politici, primi tra tutti i consiglieri regionali. Non è bastata neanche la deflagrazione di un ordigno, che per quanto ad alto potenziale, è stato un atto dimostrativo, posto davanti alla Procura di Reggio Calabria e la discesa di Maroni ed Alfano a riaccendere i riflettori, quanto la rivolta degli immigrati a Rosarno.
L’ipotesi che questo episodio sia un valido espediente per distrarre l’attenzione mediatica e la concentrazione di forze investigative su settori “pilotati” non è del tutto malsana ed a condividerla pienamente è stata la deputata Angela Napoli, componente della Commissione Parlamentare Antimafia alla quale abbiamo rivolto le nostre domande.

Onorevole Napoli, cosa unisce l’ordigno di Reggio Calabria, la rivolta degli immigrati a Rosarno e le future consultazioni regionali?
Dell’aspetto politico ne parlerò dopo, per quanto riguarda la bomba a Reggio Calabria e la vicenda di Rosarno, intravedo senza dubbio la mano della ‘ndrangheta. È molto strano che tali reazioni siano state suscitate in un giorno particolare e proprio mentre era in corso a Reggio Calabria il vertice del Consiglio Nazionale sull’Ordine Pubblico e la Sicurezza. Non dimentichiamo che le reazioni di Rosarno sono nate a seguito di un attentato, anche se non propriamente tale, ad opera di giovinastri a bordo di una macchina, dei quali non si sa se appartengono al gruppo dei rosarnesi arrestati tra i quali c’è un certo Andrea Fortugno, già noto alle forze dell’Ordine e già arrestato, nei confronti della cui liberazione abbiamo visto gli striscioni in bella mostra davanti alle telecamere, ma che è legato ad una delle più importanti cosche di Rosarno. La lettura che io ho dato a questa vicenda è che la provocazione di Rosarno è stata fatta di proposito per deviare l’attenzione sui fatti di Reggio Calabria.

Perché proprio a Rosarno che, peraltro, è una città commissariata?
La ‘ndrangheta non ha colorazione politica e tende ad andare verso chi vince. Rosarno è attualmente senza politica perché è solo una delle cinque città commissariate dell’area, i cui consigli comunali sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. Rosarno però registra la maggiore concentrazione di immigrati che vengono utilizzati per il lavoro nero ed inoltre era già stata teatro di episodi di scontro, quindi era un espediente facilmente individuabile alla luce delle vicende precedenti

Onorevole Napoli, c’è qualcosa che non torna. Gli immigrati sarebbero in Calabria per lavorare, ma i frutti di questo periodo, cioè gli agrumi, sono lasciati marcire negli agrumeti. Cosa succede?
È vero che qualcosa non torna ed infatti bisognerebbe avviare un’attività di controllo tra i proprietari del agrumeti per la questione del caporalato di cui molti si servono in questa regione. Nessuno si è mai interessato degli immigrati e che cosa loro facciano in Calabria. In realtà le questioni sono due, da una parte ci sono quelli sfruttati con il lavoro nero che vivono in condizioni miserevoli per come abbiamo visto nei servizi di questi giorni e che devono dar conto, e denaro, a chi decide di farli salire sui pulmini per il lavoro, mentre dall’altra parte ci sono gli addetti al servizio di criminalità. Ciò porta ad un giro di connivenza che non è soltanto con le stesse organizzazioni di immigrati ma molto più spesso con quelle criminali gestite dalla ‘ndrangheta.

E lo Stato dov’è in tutto ciò?
Lo Stato, inteso quello nazionale, c’è in parte con le sue leggi e con i supporti alle Forze dell’Ordine, ma occorrerebbe guardare allo Stato regionale che dovrebbe intervenire con maggiore azione. Non è facile controllare tutti gli immigrati clandestini ed anche in queste ore, mentre molti sono stati trasferiti, molti altri sono andati via per conto loro. Ciò significa che si disperderanno nel Mezzogiorno d’Italia in maniera completamente fuori controllo. L’intervento della Stato Italiano dovrebbe essere proprio nell’azione di controllo costante nei confronti della criminalità organizzata ma se non riusciamo ad avere i mezzi per controllare la clandestinità, mi pare che siamo davvero messi male. La regione dal canto suo ha grosse responsabilità perché aveva promesso impegni precisi per creare un supporto di interventi abitativi a questi immigrati, ma tutto è stato disatteso.

Ritorniamo a Rosarno, città commissariata. Ma lo è tutta la Piana di Gioia Tauro, perché?
Abbiamo i comuni di Rosarno, Gioia Tauro, San Ferdinando, Rizziconi e Taurianova che per la seconda volta consecutiva è risultato sciolto per infiltrazioni mafiose. A questi si aggiunge Seminara che ha un sindaco eletto solo alle scorse elezioni di novembre. Nel raggio di trenta chilometri risultano commissariati, per mafia, i più grossi comuni e c’è un coinvolgimento forte tra vita amministrativa nella Piana di Gioia Tauro ed il suo Porto. Rizziconi, che è un piccolo centro, è di fatto lo spartitraffico ed è il comune dove vive la famiglia Inzitari, proprietaria del centro commerciale il cui figlio del titolare, Francesco è stato ucciso nei mesi scorsi a 18 anni. La zona è di fatto la concentrazione delle principali cosche mafiose. È qui che vivono ed operano le cosche Piromalli, Molè, Pesce, Alvaro, tra le più famose all’opinione pubblica ed è normale che lo scioglimento dei comuni evidenzi la connivenza di certe situazioni.

Onorevole lei vive a Taurianova. Ma in questi giorni ha avuto qualche sentore?
Per noi è stata una “bomba a ciel sereno” e sebbene Taurianova abbia registrato l’uccisione di Francesco Inzitari e la tentata fuga dei fratelli Zagari, di questo centro, entrambi ergastolani che nel trasferimento dal carcere per partecipare a Reggio Calabria ad un processo, sono strati trovati nella camionetta in possesso di due pistole, non si può dimenticare che Taurianova è un comune sciolto per mafia ben due volte. Ciononostante la bomba di Reggio è stata del tutto inattesa.

In una recente intervista don Antonino Vattiata di Libera ci ha dichiarato quanto anche la Chiesa si renda, per certi versi, complice di alcuni atteggiamenti, per non intervenire in maniera chiara e radicale. Lei cosa ne pensa?
Don Vattiata ha perfettamente ragione. Peraltro lui opera nel Vibonese dove si stanno generando grossi focolai criminali che sono ancora sottovalutati. Aggiungo alle sue dichiarazioni il fatto che in alcuni paesi dove le tradizioni religiose sono forti, nel corso delle processioni del Santo patrono, la statua viene fatta sostare di fronte al portone di casa dei capi cosca in segno di protezione e non è raro trovare nei luoghi dove vivono i criminali, santini, coroncine ed oggetti religiosi. La Chiesa non dovrebbe consentire che accada ciò ed in Calabria dovrebbe avere il coraggio di prendere le distanze.

Ritorniamo alla questione politica. La Calabria sembra fuori dai giochi di spartizione nazionale. È solo una sensazione?
È vero. Non se ne parla. La Calabria vive una situazione emergenziale che è sempre stata sottovalutata da tutti i partiti e dai Governi. Non vorrei che accadesse quanto già accaduto all’indomani dell’omicidio Fortugno ovvero che si vanno ad impinguare gli organici delle Forze dell’Ordine nel territorio di Reggio Calabria e di Rosarno lasciando scoperte tutte le altre zone. La ‘ndrangheta è presente ovunque ed è radicata dappertutto e la prima cosa che fa è individuare strategie là dove non c’è controllo. Non voglio sottovalutare l’impegno dei Ministri che sono giunti in Calabria, ma sicuramente servono maggiori interventi e bisognerà incentivare su tutto.

Le riformulo la domanda. E la politica regionale?
Ho detto prima che la ‘ndrangheta non ha appartenenza politica e sta al fianco del vincitore, chiunque esso sia. Noi abbiamo il Consiglio Regionale più inquisito d’Italia e non c’è stata alcuna attività giudiziaria tale da contrastare questi inquisiti, né una volontà politica ad allontanarli dalle aule regionali. L’unico caso è stato quello di Domenico Crea ma semplicemente perché arrestato, anche il consigliere Enzo Sculco, come se nulla fosse, continua a sedere nel consiglio regionale che ha approvato un ordine del giorno per attivare la legalità all’interno del Consiglio pulendosi così l’animo.
In realtà la collusione della ‘ndrangheta nel Consiglio regionale calabrese è radicata e lo è anche all’esterno, ovvero negli enti locali, perché la criminalità tende a permanere dove si decide, dove si programma e dove c’è sentore di vittoria. Lei mi chiede delle prossime regionali, consideri che la ricandidatura di tutti i consiglieri regionali uscenti è indicativa di una precisa volontà a non cambiare gli assetti. Magari cambieranno partito perché il trasformismo che c’è in questa regione è ormai una prassi. Una cosa è certa. Chiunque diventerà assessore alla sanità erediterà tutti i voti della ‘ndrangheta.

Onorevole Napoli, esiste una via d’uscita?
Io sono fiduciosa perché tutte queste denunce trovano la sensibilità dell’opinione pubblica e personalmente ho ricevuto tantissimi messaggi di persone che non hanno il coraggio di parlare ma che trovano la forza, se si da loro l’opportunità, di reagire. Il desiderio di cambiare c’è, e preferisco essere additata come un’utopista piuttosto che tacere ciò che sento di dire.


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