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Rosarno e la bomba alla Procura generale di Reggio Calabria: due facce della stessa ´ndrangheta
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di Laura Garavini*

Rosarno e la bomba alla Procura generale di Reggio Calabria: due facce della stessa ´ndrangheta

Rosarno e l´attentato al tribunale di Reggio sono due facce della stessa ´ndrangheta. Una ´ndrangheta sfruttatrice degli immigrati, che non si fa scrupoli a sparargli addosso quando non gli servono più. Una ´ndrangheta in grado di tirare le fila cosí da fare sfogare l´odio della popolazione non contro di lei, ma contro gli immigrati. Una `ndrangheta in grado di sfidare lo Stato e al tempo stesso di distogliere l´opinione pubblica dai suoi attacchi, trasformando gli immigrati da vittima a colpevoli.
Rosarno potrebbe essere un pretesto per non parlare più dell´affronto che la ´ndrangheta ha lanciato allo Stato con il suo attentato al Tribunale di Reggio Calabria. Ma si rischierebbe di fare un grosso favore alla ´ndrangheta se le drammatiche vicende di Rosarno facessero sparire dai riflettori l´attentato alla Procura Generale. Rosarno è un´ulteriore prova del potere della ´ndrangheta sul territorio; con l´attentato di Reggio, invece, la ‘ndrangheta ha attaccato direttamente lo Stato. Rosarno e la bomba nel capoluogo della Calabria sono la prova di quanto sia grave il problema rappresentato dalla ‘ndrangheta.

La  ´ndrangheta è diventata ormai la mafia più organizzata e pericolosa: l'unica capace di sfidare direttamente lo Stato già negli anni scorsi con l'uccisione del vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria, Franco Fortugno, sulla cui morte bisogna ancora fare piena luce, l'unica che anche in presenza di faide sanguinose è stata sempre attenta a non trascurare gli affari. Ma soprattutto quella che ha continuato a perseguire una strategia precisa, sul territorio italiano e anche all´estero, individuando i punti deboli dell'economia e della politica e costruendo solide alleanze criminali e affari imprenditoriali.Dalla Colombia alla Germania, dall'Olanda all'Australia, ed ormai in tutto il territorio italiano, esponenti diretti delle 'ndrine di origine calabrese e loro prestanomi insospettabili hanno costruito un circuito perverso che parte dai soldi ricavati con il traffico di droga, passa attraverso i mille canali del riciclaggio, crea aziende attive in tutti i settori, perfeziona i canali con la politica anche grazie a rapporti consolidati con la massoneria. Un circuito che è in grado di sopportare, senza grandi scossoni, l'arresto dei capi latitanti, prontamente rimpiazzati dai familiari, poichè il vero cemento di tutta la struttura è la necessità di controllare sempre più ampie fette di potere economico.
Su questi aspetti stanno lavorando in maniera approfondita la magistratura e le forze di polizia impegnate a Reggio Calabria: hanno iniziato col dare la caccia alle piste del traffico di droga, hanno poi cominciato a colpire i tanti "professionisti per bene" al servizio della 'ndrangheta che sono il tessuto sociale che favorisce ed aiuta le latitanze e la costruzione delle fortune imprenditoriali dei boss, sono risaliti alle fonti dei soldi investiti dalle cosche e gli stanno sequestrando ingenti patrimoni. Una strategia che sta dando i suoi frutti: ha portato a molte condanne pesanti, mettendo in difficoltà le capacità di controllo del territorio, e favorendo cosí la ribellione di commercianti ed imprenditori. Insomma la stessa strategia che aveva permesso di mettere in ginocchio Cosa Nostra negli anni precedenti.

Questi sono i successi che vanno sostenuti politicamente, a maggior ragione se sono oggetto di intimidazioni e minacce. Ecco perché é stato un gesto importante quello di Pierluigi Bersani che è andato a Reggio per esprimere personalmente la sua solidarietà ai magistrati della Procura Generale e di quella distrettuale antimafia e l´apprezzamento per il lavoro svolto. Un gesto importante per rafforzare lo Stato di diritto in una situazione di gravità inaudita.

Da parte del Governo in risposta all´attentato è stato preannunciato un rafforzamento degli investigatori mentre il CSM coprirà almeno i principali vuoti d'organico della magistratura: scelte positive, ma che non possono bastare. Da un lato non si può considerare questa vicenda come un banale problema di ordine pubblico. Non basta rafforzare la sorveglianza sugli obiettivi più sensibili, cosa che pure va fatta, per ritenere risolto il problema. D'altro canto la risposta in termini di risorse umane e finanziarie non può essere solo emergenziale. Ed è qui che si rivela la vera debolezza della politica  del Governo: negli ultimi due anni il taglio alle risorse per i settori sicurezza e giustizia sono stati continui e distruttivi. Il centro destra prima ha inventato il Fondo Unico Giustizia, sostenendo che nel 2009 avrebbe fruttato più di 100 milioni di euro. Ma la realtà è che ne ha portati solo 17.

Adesso con la Finanziaria il Governo ha reso possibile la vendita all'asta dei beni sequestrati, una norma devastante per il suo valore simbolico, per le conseguenze pratiche legate al rischio che i beni tornino nelle mani dei boss, e che non porterà che pochissime risorse da investire per Giustizia e Forze di Polizia. A tutto questo vanno aggiunte le scelte legislative che il Governo sta facendo. Un esempio su tutti: lo scudo fiscale che sta consentendo il rientro nel circuito dell'economia pulita di capitali di provenienza illecita sui quali non sarà possibile nessun vero controllo; ma anche la volontà di mettere un freno alle intercettazioni, che si è concretizzata sia con uno stanziamento ridotto di risorse nella Finanziaria 2010 che sicuramente non sarà sufficente a coprire tutte le attività necessarie, sia con una proposta di legge che le renderebbe quasi inutilizzabili.

Ma ciò che è peggio è il clima politico di pesante attacco alla magistratura, specialmente quella impegnata nelle indagini antimafia e contro il riciclaggio, salvo poi attribuire al Governo il merito della cattura dei latitanti e del sequestro dei patrimoni. Tutte queste vicende legate insieme ci convincono che non bastano i proclami di vittoria, più volte ripetuti dal Presidente del Consiglio e dai Ministri dell'Interno e della Giustizia. Ciò che serve è un cambiamento vero nell'impostazione complessiva della lotta alle cosche: più risorse, innanzitutto, per non compromettere il lavoro fatto finora; nuove norme contro il riciclaggio, che colpiscano l'autoriciclaggio e consentano il pieno utilizzo della banca dati dei conti e dei depositi; nuove norme sugli appalti che portino a ridurre le stazioni appaltanti in maniera da avere una vera sorveglianza omogenea su tutto il territorio nazionale e non affidata, di volta in volta, a singole task force legate ad eventi particolari o emergenziali.

*Capogruppo del Pd in Commissione Antimafia

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