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Vent'anni dopo si puo' vincere
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di Federico Orlando

Vent'anni dopo si puo' vincere

Ha ragione Di Pietro a esprimere la sua indignazione per il milione e duecentomila firme finite nel cestino di parlare di “regime”, coinvolgendo tra gli immaginari promotori le supreme istituzioni di garanzia? Comprendiamo l'ira, tanto più che la nostra linea è stata di pieno appoggio all'iniziativa referendaria, noi stessi abbiamo raccolto le firme addirittura istituendo un banchetto nella nostra redazione, abbiamo scritto per mesi per nuovi strumenti elettorali in sostituzione della “porcata”, avremmo esultato ieri a una diversa sentenza, e a giugno saremmo andati a votare l'abrogazione. E' finita diversamente, e noi ripartiamo proprio dal punto da cui eravamo partiti: combattere insieme alle forze che costringano non gli organi giurisdizionali ma i partiti politici a creare i nuovi strumenti politici e legislativi contro il regime. Che c'è, caro Di Pietro, ma è quello creato non dalle sentenze ma dai partiti col loro mal fare: compreso il tuo, che non ha saputo “nominare” nemmeno soltanto galantuomini e competenti, le due qualità che si chiedono alla classe politica in una democrazia corretta.

Lo scriviamo senza sapere se, nelle motivazioni della “sentenza”, la Corte costituzionale darà un “messaggio” al parlamento contro la Porcata e a favore di una legge che premi, per quanto possano la tecnica e le norme, le persone per bene, sia elettori che candidati: come in Inghilterra dove i 650 e più deputati sono scelti in collegi di 80 mila persone, o come in Francia dove le due coalizioni le costruisce il corpo elettorale al secondo turno. (E non indulgiamo ad altre baggianate, come il dimezzamento dei parlamentari: dimezzate piuttosto il parlamento, con una sola camera per le leggi dello stato, e avrete ottenuto funzionalità e riduzione di qualche costo della politica. Qualche costo, perché quelli grossi non stanno negli stipendi del legislatore. Porcheriole a parte).

Sinceramente, ci auguriamo che nel dispositivo quel “messaggio” non ci sia. Non spetta alla Corte mandarne. Semmai al capo dello stato. Ma né il Quirinale né il governo, tra l'altro impegnati a salvare le condizioni stesse del nostro vivere come nazione, esonderebbero in un campo che è obbligo dei partiti arare come buoi pungolati, appena finita la loro latitanza: tanto più vergognosa quanto maggiore è il tempo libero che hanno oggi, grazie a un governo che svolge un ruolo di salute pubblica. Di salvezza democratica. Al referendum Di Pietro-Parisi (a cui, ripeto, abbiamo aderito con convinzione, pur conoscendo a memoria la giurisprudenza della Corte circa l'inammissibilità di vuoti legislativi in materia elettorale e la fragilità di sperate reviviscenze), siamo arrivati per surrogare la latitanza della politica.  Oggi la Corte dice ai partiti che non intende surrogarne le funzioni a sua volta, non gli toglie le castagne dal fuoco con una sentenza di ammissibilità, ma gli rimanda la palla infuocata costringendoli a prenderla, scottarsi e provvedere.

E si può provvedere cominciando a esaminare, come ha detto Bersani,  le proposte di riforma giacenti al Senato. Le vie sono o un nuovo Mattarellum radicalmente corretto, o un maggioritario a doppio turno, o un sistema tedesco, che tuttavia, essendo proporzionale, avrebbe oggi il significato di una bocciatura politica, dopo quella giuridica, degli elettori referendari: che col referendum chiedevano al parlamento un ritorno al maggioritario. L'opposizione Pd, Udc, Idv al governo Berlusconi-Bossi non ha fatto, in questi anni, la scelta tra proporzionale  e maggioritario anche per non disturbare un embrionale terzo polo la cui prospettiva era di fare l'ago della bilancia. Oggi essa è superata da altra e più ambiziosa prospettiva, quella del Zentrum, che può diventare il protagonista conservatore del bipolarismo. Ma non è affar nostro leggere nel vaso di cristallo. A noi interessa che la sconfitta referendaria di ieri non diventi sconfitta della democrazia. Così ci ritroviamo nell' Appello dei costituzionalisti al parlamento, affinché vari il doppio turno, senza il semipresidenzialismo che in Francia fu solo omaggio a De Gaulle eroe della resistenza, e in Italia potrebbe diventare altra cosa. Magari qualcosa contro il parlamento, che vogliamo conservare al centro del nostro sistema.

Questo era del resto il vero obbiettivo dei referendum antiproporzionale del 1991-93, e  che si smarrì all'indomani della vittoria, mutilata dall'inefficace azione dei vincitori. L'obbiettivo potrebbe esser raggiunto vent'anni dopo, con una battaglia parlamentare di tutti i democratici - moderati e riformisti -, che faccia avvertire ai dissenzienti la pericolosità per loro di un no che sarebbe un sì al mantenimento di strapoteri, intollerabili per gli italiani.


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