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Funerali di Stato? Non solo, occorre fare di piu'
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di Vito Lo Monaco*

Funerali di Stato? Non solo, occorre fare di piu'

Dopo sessantaquattro anni riconosciuti i resti di Placido Rizzotto, ucciso dalla mafia di Corleone, ora si renda merito e onore al sacrificio di un dirigente del movimento contadino del dopoguerra, figlio di contadini, diventato partigiano contro la guerra nazifascista, assume il ruolo intellettuale di organizzatore di contadini di Corleone e costruttore della democrazia. Si facciano funerali di Stato, il municipio di Corleone realizzi una tomba per lui.
Placido è ucciso dalla mafia di Corleone, retta in quell’epoca dal medico Dc Michele Navarra, per bloccare la lotta per la riforma agraria e per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori. Ciò avviene alla vigilia del voto del 18 aprile 1948 e un anno dopo le elezioni regionali del 1947 che sancirono la sconfitta della sinistra siciliana alla quale seguì la strage di Portella della Ginestra.

In nome dell’anticomunismo e della guerra fredda che divideva il mondo in due aree di sviluppo, in Occidente la sinistra non poteva stare al governo e in Oriente, nelle democrazie popolare il pluripartitismo era vietato, si potevano uccidere impunemente gli oppositori. Il tragico destino di Placido si intreccia con quello di un altro giovane, anche lui studente universitario che sceglie di stare con i deboli e i contadini per costruire una moderna democrazia. È Pio La Torre che sostituisce Placido dopo la sua uccisione alla direzione della Camera del Lavoro di Corleone. Pio, arrestato nella primavera del 1950 mentre era alla guida di una grande occupazione del feudo del barone Inglese, a pochi chilometri di Corleone, sarà a sua volta ucciso nel 1982 dai Corleonesi, diventati nel frattempo la famiglia mafiosa imperante a Palermo e in Sicilia. Tutti e due i delitti sono stati depistati, invano.

Tutti e due i delitti sono stato un chiarissimo esempio della violenza della classe dominante e delle istituzioni. Per Placido non fu sufficiente l’indagine di un coraggioso capitano, Carlo Alberto Dalla Chiesa, che seppe mettere sotto accusa gli esecutori e individuare i resti di Placido nella foiba ma gli furono negati dalle autorità le somme necessarie per recuperarli e non poté perseguire il potente mandante politico, il capomafia Michele Navarra. Anche Dalla Chiesa fu ucciso dopo poco La Torre nel 1982. Il tragico destino di tre vittime, difensori della Repubblica e della Democrazia, le cui uccisioni sono state depistate perché ne era evidente la motivazione politico-mafiosa. Per onorarli fino in fondo, ricorrendo il trentesimo e il sessantaquattresimo anniversario, non sono sufficienti i funerali di Stato, occorre far luce su quel nodo gordiano della democrazia che è rappresentato dall’intreccio mafia-affari-politica.

 


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