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Articolo 21 - Editoriali
Elogio della pernacchia
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di Valter Vecellio

Pare, dunque, che il problema sia costituito da Emma Bonino. Per Nicolò Ghidini, l’avvocato di “papi”, Emma è “una parruccona”; evidentemente farà parte dei doveri di difensore di cause indifendibili, quello di far ricorso a questo tipo di “argomenti”. “Il Foglio” ha dedicato alla leader radicale un editoriale che sarebbe avvilente commentare; e c’è chi l’ha tacciata di moralismo a un tanto al chilo…Questo perché Emma, durante una delle sue rare apparizioni televisive (ad “Annozero” Michele Santoro) ha “osato” ricordare che “papi” può comportarsi come crede, e che il suo privato è affar suo e della sua famiglia; ma che quando “papi” ricopre una carica istituzionale, le cose allora cambiano, non può comportarsi come se fosse al Bar dello Sport tra i suoi amici del “ce l’ho duro”; e bisogna ricordarglielo visto che da solo mostra di non rendersene conto, e fa (e ci fa fare) le figure che fa (e che ci fa fare).    
“Papi” nel frattempo, vulcanico, ne combina delle altre. Come, per esempio, questa storia della società multietnica che lui e il suo partito non vogliono, a differenza della disprezzata sinistra. Dopo quella corbelleria – che tale è, senza se e senza ma – ci si lamenta che qualche bello spirito s’inventa la trovata dell’autobus riservato ai milanesi “doc”? A parte la considerazione che fa un po’ ridere che in questo paese – per definizione bastardo da sempre – ci sia qualcuno che ora scopra una sua “purezza” razziale e si preoccupi di non diventare multietnico, che cosa si può mai replicare a una simile scempiaggine? L’unica risposta adeguata è quella che di Totò quando interpreta uno dei suoi personaggi più riusciti, Antonio Capurro ne “I due marescialli”: una bella, sonora, prolungata pernacchia. Né l’affermazione è meno grave – per quello che si afferma, per quello che rivela – perché, come qualcuno sostiene, è il tentativo di strappare qualche consenso alla Lega dei Bossi, dei Calderoli e dei Castelli.

Nel frattempo centinaia di extracomunitari sono rimandati in Libia, “respinti”, e condannati a chissà quale sorte, in quella culla di democrazia che è il regime del colonnello Gheddafi. Tutto ciò – non va dimenticato – lo si deve anche, se non soprattutto, agli accordi e ai trattati di “amicizia” che il nostro paese ha siglato con la Libia. Accordi e trattato cui si sono opposti solo i parlamentari radicali e pochissime altre lodevolissime eccezioni come Furio Colombo. La stragrande maggioranza del PD in Parlamento ha assunto una posizione di sostanziale complicità e acquiescenza, ed è per questo che le condanne di queste ore non sono credibili. Ha ragione il segretario del PD Dario Franceschini, quando sostiene che è orrendo che “si usino i drammi delle persone per cavalcare le paure della gente”; ma questa destra, in fin dei conti, fa il suo mestiere. E’ piuttosto la maggioranza del centro-sinistra che, giorno dopo giorno, si rivela inadeguato e incapace, pavido e complice. Ed è questo, evidentemente, che più duole e inquieta.

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