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Quando il lavoro "uccide". Il caso di Sergio Marra
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di Elisabetta Reguitti*

Quando il lavoro "uccide". Il caso di Sergio Marra

Sergio Marra non si è tolto la vita per aver perso il posto il lavoro. Sergio Marra da agosto dell’anno scorso  lavorava senza prendere il becco di un quattrino. E l’ azienda – la Elgicolor Plast Srl  di Ciserano – non gli versava neppure i cedolini paga. Sarebbe stato quindi troppo difficile – se non impossibile - per l’operaio ( e per altri 3 colleghi)  dimostrare che lui, comunque,  aveva sempre continuato a lavorare. Solo a Novembre l’ operaio aveva deciso di sottoscrivere le dimissioni per giusta causa come gli avevano consigliato alla Cgil di Bergamo.  Marra fino al momento della tragica decisione di darsi fuoco in una piazzola lungo la provinciale tra Brembate e Marne di Filago era solo uno dei tanti (sempre di più) lavoratori vittima  di proprietari che sfruttano lo sfruttabile. Crisi o no.
Siamo a Zingonia località in provincia di Bergamo; frazione dei comuni di Verzellino,  Verdello, Boltiere, Osio Sotto e naturalmente Ciserano. Zingonia è frutto di un progetto urbano parzialmente realizzato degli anni '60: la  città per i lavoratori voluta dall'imprenditore Renzo Zingone. Ci abitano circa 2 mila persone la maggior parte dei casi lavoratori extracomunitari. Siamo in una delle aree del ricco nord Italia.  Dove chi perde il lavoro diventa un emarginato. E dove il peso della responsabilità, verso la propria famiglia, spesso è troppo pesante da sopportare. Dove il senso dell’ esistenza e la  propria credibilità verso gli altri, il proprio vicino di casa,  è indissolubilmente legata al lavoro più che in altre zone d’Italia dove magari c’è  anche più solidarietà. 
Sergio Marra  però abitava in un quartiere di Bergamo insieme alla moglie. Non avevano figli ma tanti progetti ancora da realizzare. Sergio aveva 36 anni era nel pieno del suo vigore.
“Era un uomo buono onesto che amava il suo lavoro” dice la moglie piangendo e chiedendo di essere lasciata in pace. Questa donna proprio non riesce a rassegnarsi.  Tra di loro, la sera in casa, parlavano spesso di ciò che stava accadendo.  Dello stipendio che non c’ era ma la moglie non avrebbe mai immaginato che il marito stesse pensando a qualcosa di così tragico. Cospargersi di benzina mettendo fine alla propria esistenza. 
Sergio aveva iniziato a lavorare alla Elgicolor Plast, che ha sede in  via Aosta,  nell’ aprile del 2008. Un’ azienda che produce coloranti e manufatti “fallita” secondo le notizie emerse sui giornali. Situazione che  però  non risulta al sindacato. E telefonando alla Elgciolor Plast e chiedendo del titolare riattaccano.
Peccato perché avremmo davvero voluto sapere perché Sergio non veniva pagato nonostante lavorasse.
Dopo un breve ricerca risulta tra l’ altro che il proprietario della Elgicolor Plast  ha  una seconda ditta individuale sempre a Ciserano: la Atem che produce attrezzatura termo ed elettro tecnica:  i lavoratori non percepiscono lo stipendio da 7 mesi.  Sono tutti spaventati dal “padrone” che neppure risponde ai decreti ingiuntivi emessi dallo studio che si occupa delle pratiche dei dipendenti che però non hanno alcuna voglia di parlare. Alcuni poi nel  paese ricollegano lo stesso  cognome a chi negli anni’70 aveva pure fondato “Telemeridiana” piccola televisione privata con sede sempre a Zingonia e che ha cessato di esistere alla fine degli anni’80 cedendo i propri impianti a ReteMia.  
Questo è un po’ in quadro nel quale di colloca la vicenda di Sergio che solo  dopo mesi di attesa aveva  deciso di rivolgersi al sindacato. Aveva aspettato prima di scegliere l’ ultima possibilità  per riuscire a recuperare almeno qualche soldo.
 “Inizialmente si erano presentati in tre, un capo reparto e due dipendenti  – racconta Fausto Sottocornola dell’ufficio vertenze della Cgil di Bergamo – . Non erano nostri iscritti e non avevamo mai sentito parlare di questa azienda prima di allora. Sergio mi ha raccontato la sua storia e abbiamo aperto la pratica per riuscire a recuperare qualche soldo. Non sarebbe stato facile  senza buste paga. Abbiamo avviato un tentativo di conciliazione con l’impresa. Decorsi i 60 giorni (scaduti due settimane fa) aspettavamo una risposta dalla direzione provinciale del lavoro. Con Sergio ci saremmo dovuti risentire”. 
Purtroppo invece all’ufficio vertenze, di quell’ uomo del quale a stento ricordano il viso, hanno avuto notizie solo sfogliando le pagine di cronaca nera dei quotidiani.

*da il Fatto quotidiano


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