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Articolo 21 - Editoriali
La sberla politica del Referendum disertato
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di Ottavio Olita

Con l’intelligenza degli elettori non si scherza. E quando la risposta, infastidita, è una sberla, non si può interpretarla a proprio uso e consumo. Parlo dell’esito del Referendum sulla legge elettorale, anzi, per spiegarmi meglio e subito, mi riferisco ai tre quesiti sottoposti all’attenzione dei cittadini.

Per me, e credo per la maggior parte di quanti ritengono la riforma voluta da Calderoli una ‘porcata’, l’immediata adesione alla proposta di abrogazione riguardava soprattutto il rifiuto delle liste bloccate,  l’impossibilità per i votanti di scegliere tra i candidati. Quando finalmente sono stati illustrati i tre quesiti sottoposti a Referendum, si è scoperto che mancava proprio quella opzione. Io stesso, che avevo sottoscritto l’iniziativa dei referendari, mi sono sentito preso per i fondelli quando ho scoperto per cosa veniva chiesto il mio sì.

La controprova? Dappertutto, laddove gli elettori hanno capito che c’era la possibilità di scegliere fra le tre schede, l’adesione maggiore c’è stata verso la terza, la verde, quella con la quale si proponeva l’abrogazione della possibilità di candidature in più collegi. Scelta politica, dunque, alla quale si deve dare una risposta seria, di chiarezza, non opportunistica.

In altre parole. Il Referendum è sempre stato inteso dai cittadini come un estremo strumento di democrazia: il divorzio, l’aborto, le centrali nucleari, il finanziamento pubblico ai partiti. Non può essere trasformato in strumento sostitutivo dell’attività legislativa. Una concezione alta, quindi, che non deve essere stravolta, soprattutto da quanti intendono progettare modifiche per il suo utilizzo. E’ questo che intendo quando parlo di reazioni opportunistiche e sbagliate ad una sberla politica. Sì perché io credo che si sia trattato proprio di uno sganassone politico.

L’esempio? Il voto in Sardegna, in Sicilia, in Alto Adige, tre regioni nelle quali non c’erano contemporanei appuntamenti con le amministrative. Lì si sono avute le partecipazioni più basse al voto referendario, anche qui con distinguo tra le prime due schede e la terza: 12,17% e 12,33% in Sardegna; 13,89 e 13,99% in Sicilia; 14,29 e 14,60% in Alto Adige. Scelta che, per quanto riguarda la Sardegna, non si riferisce solo a questa tornata elettorale. Due settimane prima, il 6 e 7 giugno, per le Europee, il calo di votanti è stato nell’isola del 33,6% rispetto al 2004. Un segnale importante in una regione nella quale, in febbraio, il Pdl aveva vinto le elezioni con promesse mirabolanti, poi dissolte al sole: il G8 trasferito da La Maddalena a L’Aquila, nessuna iniziativa per evitare il rapido e progressivo aggravarsi della crisi industriale, il garantito e mai attuato sdoppiamento del collegio unico Sicilia-Sardegna per le elezioni europee.

Il segnale è stato netto e chiaro; ora è il tempo delle risposte che devono riguardare il Paese. L’esito delle comunali conferma che quando le coalizioni sono fatte seriamente, senza litigiosità, con progetti di governo condivisi con convinzione, il centrosinistra riesce a vincere. Proprio quelle coalizioni che il Referendum intendeva sconfessare. E’ l’indicazione di un percorso da seguire su come riuscire a battere la destra, abbandonando antistoriche tentazioni egemoniche. E’ il rilancio della politica come confronto paziente e chiaro, contro i proclami, i lustrini, gli slogan. E questa politica avrà sempre più bisogno del contributo diretto dei cittadini che devono essere coinvolti di nuovo in forme di partecipazione che non si limitino soltanto ad indicare scadenze elettorali: la vita politica del Paese, soffocata dallo strapotere televisivo, va ricostruita partendo da quanti non hanno voce o ce l’hanno troppo debole perché possa essere ascoltata. Bisogna recuperare la grande capacità di incontro e parola che avevano i partiti di ispirazione cattolica, socialista, laica, marxista che operarono nel secondo dopoguerra. Quel patrimonio ideale non è stato mai appannaggio della destra e in particolare non lo è oggi. Il superamento del berlusconismo avverrà solo con il recupero di una prassi politica che, ridando dignità alla partecipazione dei cittadini, sconfigga il populismo, vuoto, demagogico, inconsistente.

 

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