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di Fernando Cancedda
nandokan
“La strategia della menzogna” è il titolo dell'editoriale del 2 settembre su “La Repubblica”, importante quotidiano fatto oggetto in questi giorni ma soprattutto lunedì scorso a Danzica di un feroce attacco da parte del capo di governo. Il direttore, Ezio Mauro, si difende attaccando. Una difesa ineccepibile perché basata sui fatti con solide argomentazioni e i fatti soltanto distinguono la verità dalla menzogna.
Ma che cosa succede quando i fatti non si conoscono?
Quando i fatti non si conoscono perché il protagonista riesce a fare in modo che non vengano conosciuti, ecco che “la strategia della menzogna” rappresenta un'ottima soluzione per affermare la sua “verità”. C'è, ci sarebbe, un modo relativamente facile per accertare se questo avviene. Verificare, con un sondaggio serio tra gli italiani, la percentuale di quanti, a destra e (perché no?) anche a sinistra, hanno davvero letto le dieci domandine de “La Repubblica” al premier o sanno qualcosa degli argomenti portati da Mauro, cioè dei miliardi dal cavaliere distribuiti più o meno legalmente negli anni per conquistare e mantenere il suo impero. Attenti: non se “avrebbero potuto saperlo”, ma se effettivamente lo hanno saputo.
Il 68,5% di consensi che Berlusconi si accredita, per quanto esagerato, resta probabilmente inferiore alla percentuale di concittadini che a) in quel sondaggio non saprebbero cosa rispondere, b) pur conoscendo i fatti e i comportamenti che Mauro addebita a Berlusconi, li considerano tollerabili o addirittura, per chiunque faccia politica in Italia, tutt'altro che disdicevoli.
Se dunque il presidente del consiglio non risponde a quelle dieci domande non è perché “non potrebbe” (vignetta di Altan) senza mettersi in imbarazzo di fronte ai suoi ma perché ha capito che non sarebbe semplice rendere note le sue risposte senza pubblicare le domande corrispondenti, spiegando , almeno in parte, le circostanze e i fatti a cui fanno riferimento. Ciò che buona parte dell'informazione italiana non ha fatto finora.
Lo ha fatto invece buona parte della stampa estera ed è questa la prima delle ragioni per cui il presidente Berlusconi appare nelle sue sfuriate sinceramente turbato. La seconda è che al cavaliere il governo non basta. Vuole essere amato, approvato, lodato “in modo imbarazzante”. Lui come “superman”, l'uomo buono che fa il duro ma solo contro i malvagi. E malvagio diventa così, necessariamente, chiunque non è d'accordo con lui. Perfino i portavoce dell'Unione europea devono far tacere le loro voci per non dare armi alle opposizioni contro i governi. La sola opposizione che concepisce Berlusconi è, per quanto assurdo possa apparire, quella di chi è pronto a collaborare con lui.
Del resto, “diciamolo” (facendo il verso a D'Alema): collaborare è quello che i partiti di opposizione e fino a ieri al governo hanno oggettivamente fatto per anni, quando hanno sottovalutato gli effetti devastanti del conflitto di interessi e il ruolo essenziale dei “media” per qualunque democrazia. Buon per noi se i responsabili di questo errore ne fossero oggi (meglio tardi che mai) finalmente consapevoli. Qualcosa si muove ma si dovrebbe muovere molto di più.
Ieri, alla festa del PD, Tabacci ha detto che serve un nuovo CLN, come per la resistenza al fascismo. Se nell'Udc fossero tutti più vicini alle sue posizioni e finalmente lontani da quelle di Cuffaro, perché non parlarne? D'Alema, scettico su questa ipotesi, ha ribadito però che, considerate le astensioni, soltanto un elettore su tre sostiene Berlusconi. Ha anche accennato a malumori e, indirettamente, ad un'eventuale rottura nella maggioranza di governo. Se così fosse, è il caso di approfittarne tutti assieme. Chi predicava come novità la fine dell'antiberlusconismo è stato costretto da Berlusconi a ricredersi.
E' di buon augurio, oggi, l'annuncio della partecipazione compatta dei militanti di centrosinistra e dei tre principali candidati alla segreteria del Partito democratico alla grande manifestazione di sabato 19 settembre, indetta dalla Federazione nazionale della stampa con le principali organizzazioni sindacali, i movimenti e le associazioni. Liberare l'informazione in Italia è il solo modo possibile per aprire la strada ad un vero cambiamento.
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