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Articolo 21 - Editoriali
Il partito no-burqa: altro che Venezia, il Carnevale è in parlamento...
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di Simone Luciani

Niente paura, cittadini veneziani: il Carnevale è salvo. E non certo perché, come ha tenuto a sottolineare Roberto Cota, capogruppo leghsita alla Camera e firmatario della proposta di legge che proibisce il burqa e qualunque forma di copertura del volto, per la manifestazione veneziana c’è un’eccezione rappresentata da un regio decreto di chissà quando. No. Perché il Carnevale di Venezia, seppure un giorno sarà in pericolo, sarà ben sostituito dalle messe in scena del partito no-burqa, trasversale e ben rappresentato in entrambi i rami del Parlamento.
Della proposta di legge leghista, che vuole modificare la legge del ’75 sulla sicurezza, molto si è detto e scritto, in questi due giorni. Val la pena di ricordare che il Consiglio di Stato si è già pronunciato sul tema del burqa, sottolineando che la legge Reale, che impone la riconoscibilità del volto, riguarda la tutela dell’ordine pubblico, e non eventuali simboli religiosi che poco hanno a che vedere con questo argomento. A meno di non voler sostenere che le donne coperte dal burqa rappresentino un pericolo per chi le circonda, al pari degli ultras esagitati agli stadi o di qualche partecipante a manifestazioni estremiste (perché per questo nacque la legge del ’75). Dunque, l’aggiunta di qualche parola a quella legge, così come vorrebbe la Lega, non ha alcun senso.
E’ interessante notare, però, che il partito no-burqa ha degnissimi rappresentanti anche al Senato, e non vestono con fazzoletti verdi. C’è infatti una legge, al vaglio della Commissione Affari Costituzionali, a firma di Emanuela Baio, PD, area teodem, supportata dal poliziotto Serra e dal generale Del Vecchio. La proposta di legge, al di là di come verrà presentata, vieta chiaramente, e sanziona con multa, il burqa, consentendo solo abiti religiosi che rendano riconoscibile il volto. Quanto al resto, è qui che le menti carnevalesche (Brighella non avrebbe potuto concepire scherzi più divertenti…) mostrano la loro fertilità. La senatrice Baio, infatti, prevede delle eccezioni per le quali potremo coprire il volto: problemi di salute, caschi per moto e motorini, protezioni per il lavoro. E passamontagna. Ma, quest’ultimo, a una condizione (colpo di scena!, direbbe il compianto Mike): che la temperatura sia inferiore ai 4 gradi celsius… Poveri poliziotti, costretti dal loro rinomato collega Serra a girare col termometro e a spuntare multe a seconda che segni 4 o segni 6. E, soprattutto, poveri cittadini freddolosi: 4 gradi, e se si passa a 5 o ti becchi il raffreddore o ti becchi la multa.
La realtà, sul burqa, è un'altra. E’ che quell’abito, quel simbolo religioso, nasconde altro dal volto. Nasconde, da una parte, l’islamofobia e l’odio nei confronti di chi appartiene a quel culto. Dall’altra si ritiene, e spesso a ragione, che l’indossare il burqa sia non una libera scelta ma una coercizione. Dunque, una violenza. Ma una violenza che, evidentemente, si suppone che si accompagni ad altre violenze subite nel buio delle case. Dunque, serietà nell’affrontare un tema molto importante: non è di certo strappando il burqa che si sradicherà questa violenza, se è quello il sacrosanto scopo. Quanto durerà questa commedia, prima che davvero la nostra classe dirigente dia vita a politiche serie in favore delle donne (islamiche e non), contro le oppressioni (islamiche e non) sui loro corpi, di qua e di là dei nostri miserrimi confini? Nel frattempo, rimarremo al freddo e senza passamontagna...

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