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di Domenico dAmati
Le riforme della Costituzione preannunciate dal presidente del consiglio hanno come principale obiettivo la limitazione dell’autonomia del potere giudiziario. E’ tuttavia da escludere che, sia pure seguendo il procedimento previsto dall’art. 138 Cost., possano essere intaccati i principi fondamentali del nostro ordinamento, fra i quali v’è quello dell’indipendenza dei magistrati.
Paolo Barile, maestro di diritto costituzionale scriveva, nel “Commentario sistematico alla Costituzione italiana” (Firenze, 1950):
“Il controllo di costituzionalità affidato alla Corte Costituzionale in base all’art. 134 Cost. può estendersi fino a sindacare se leggi costituzionali emanate mediante l’esercizio del potere di revisione rientrino nei limiti a questo fissati; ed il potere della Corte può quindi giungere fino a dichiarare incostituzionali leggi costituzionali eccedenti limiti della revisione della Costituzione.”
“Debbano ritenersi immodificabili i principi relativi alla democraticità dello Stato (art. 1 e disposizioni correlative), che si manifesta sostanzialmente nei principi di libertà e particolarmente nella libertà di stampa e di associazione quindi della pluralità dei partiti (art. 49); all’immutabilità della forma repubblicana parlamentare dello Stato (artt. 70, 94 e 139); al principio delle autonomie locali (art. 5); al principio del suffragio universale, eguale, libero e segreto (art. 48); al principio della legislazione diretta popolare (artt. 71 e 75); al principio dell’indipendenza della magistratura (art. 101); al principio di rigidità e di controllo della Costituzione (artt. 134-138).”
I concetti a suo tempo espressi da Paolo Barile sono oggi ancor più validi, perché i principi fondamentali della nostra Costituzione, tra i quali quello dell’indipendenza della magistratura, sono stati rafforzati dai trattati internazionali che l’Italia ha sottoscritto, primi fra tutti la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (art. 6) e la carta di Nizza (art. 47).
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