Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
Da Rosarno a Castel Volturno, si ritorna a casa
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Pina Picierno

Vedo scorrere alla tv le immagini di Rosarno, la violenza cieca dei “bianchi”, la paura e poi la rabbia degli immigrati e mi sembra di rivivere quello che è accaduto circa un anno fa a Castel Volturno: dopo la strage dei sei immigrati la comunità africana scese per le strade, urlò la rabbia, la disperazione di chi attraversa il mare per fuggire dalla fame, dalla guerra, dalla disperazione e si ritrova ucciso dalla camorra senza avere alcuna colpa. Di loro si è detto che erano spacciatori, delinquenti, camorristi. Erano solo immigrati nelle mani del caporalato, che si alzavano alle cinque del mattino per provare a trovare qualche ora di lavoro. Esattamente come accade a Rosarno da fine settembre a metà gennaio, il periodo durante il quale si raccologono le clementine e le arance di calabria. Le abbiamo ritrovate anche quest’anno sulle nostre tavole grazie al lavoro di queste persone, le stesse persone che si occupano in altri periodi dell’anno della raccolta delle mele a Trento, dei pomodori a Foggia e nel casertano, delle patate a Cassibile. Sono lavoratori, braccianti agricoli che da Castel Volturno, Casal di Principe, Teano, Aversa, Afragola, Pianura, S.Antimo dove hanno casa, si spostano, per seguire la geografia del lavoro stagionale.
Medici Senza Frontiere già nel marzo del 2005 ne ha seguito gli spostamenti, ne ha analizzato le condizioni di vita e ha redatto diversi rapporti nei quali si denuncia la “mancanza di qualsiasi forma di assistenza o tutela, esposizione a maltrattamenti e soprusi, condizioni di salute a dir poco precarie”. Un esercito di uomini e donne sempre più indispensabili per l’agricoltura italiana, che restano “invisibili”, ignorati e privati dei diritti più essenziali, in una sorta di ipocrisia collettiva che coinvolge il Governo, gli enti locali, le associazioni di produttori, i sindacati, le Asl,gli enti di tutela, fino ad arrivare ai consumatori.
Ieri circa 500 di questi lavoratori si sono ritrovati a Caserta, presso il Centro Sociale ex Canapificio, in un’assemblea per discutere di ciò che è accaduto a Rosarno. Tornano a casa con il terrore negli occhi: Sakò, 26 anni richiedente asilo del Burkina Faso è visibilmente provato. E’ appena arrivato a Caserta e stenta a parlare, abbraccia gli altri e dice “ci sparano come fossimo polli. Non so come ho fatto a scappare, sono stato due giorni nascosto su un albero”. Youssuf, ivoriano 25 anni, dopo essere stato medicato in ospedale la sera del 7 è riuscito ad arrivare alla stazione. E’ felice di essere salvo ma non ha ricevuto il salario di tre mesi di lavoro. E Mimma D’Amico, del Centro Sociale ex Canapificio mi chiede: “Come e a chi potrà denunciarlo? E’ uno dei braccianti agricoli senza permesso di soggiorno ignorati dalla regolarizzazione prevista solo per colf e badanti, e come lui ce ne sono a centinaia”. Centinaia di braccianti che non hanno ricevuto il salario di tre mesi di lavoro e che, dopo quello che è successo, non avranno mai quello che gli spetta. Mi faccio un po’ di conti: tre mesi di lavoro non pagati moltiplicati per tutti i lavoratori impiegati, diventa un “risparmio”notevolissimo. Il pensiero che quello che è successo sia “convenuto” a qualcuno diventa una certezza. Mimma mi racconta anche di tante storie di lavoratori aggrediti perché “pretendevano” il salario, picchiati e derubati dai caporali o da gruppi di persone rimasti impuniti. E impuniti, fino ad ora, sono anche quei cittadini di Rosarno, circa cento, che armati di spranghe e pistole hanno dato vita ad una vera e propria caccia al nero. Chi sono queste persone? Per conto di chi hanno agito? Molti sostengono che in quel territorio nulla accade senza l’assenso dei clan Pesce e Bellocco. E ad aumentare il sospetto di un coinvolgimento della ‘ndrangheta c’è la notizia, riportata da alcuni quotidiani, del fermo di un rampollo del clan Bellocco. Fermato perché alla guida di una vettura che ha investito deliberatamente un gruppo di immigrati. Molti episodi, in realtà, lasciano pensare al tentativo di gettare benzina sul fuoco, a cominciare dal fatto che ha scatenato la rivolta:la fucilata sugli immigrati in strada. Chi ha sparato? A Castel Volturno, come abbiamo appreso grazie al lavoro degli inquirenti, fu il gruppo di fuoco guidato da Setola. E a Rosarno? E’ difficile credere alla “ragazzata”in territorio dove le ‘ndrine la loro presenza la fanno sentire eccome. Gli immigrati a questa presenza si sono ribellati ancora una volta. Hanno gridato la loro rabbia e con coraggio hanno detto basta. Tocca alle Istituzioni ora,  al Governo e al Ministro Maroni in particolare, fare in modo che non sia più tollerato lo sfruttamento e il lavoro nero. Tocca al nostro Paese, tutto, riappropriarsi di parole come uguaglianza, accoglienza, legalità, lotta al razzismo e lotta alle mafie.

Letto 1553 volte
Dalla rete di Articolo 21