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Articolo 21 - Editoriali
Ad Acquasparta per un nuovo impegno
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di Ottavio Olita

Da sempre convinto che ci sia una relazione tra i fatti della storia e dove questi accadono, mi piace credere che da Acquasparta – il cui etimo fa riferimento ad un corso d’acqua ‘diviso’ o ‘separato’ –  possa prendere il via un nuovo modo - diverso, distinto, separato - di porsi di fronte alla Costituzione.
Negli ultimi anni, e nell’ultimo periodo in modo sempre più parossistico e violento, la Carta fondamentale della nostra Repubblica Democratica è stata descritta dal Presidente del Consiglio, dai suoi più stretti sostenitori e da buona parte della maggioranza politica che lo sostiene, come una sorta di gabbia che rende difficile governare. Di conseguenza tutti i discorsi che continuano a sentirsi sulla possibilità di lavorare a ‘Riforme Condivise’ si basano essenzialmente su questo tema: svincolare il potere esecutivo dal sistema di garanzie incrociate - essenziale per la libertà in uno Stato Liberale – che vene vissuto, né più né meno, al pari di un ingombrante e fastidioso groviglio di lacci e lacciuoli.
La risposta che più frequentemente viene data ai continui attacchi che vengono dal centrodestra sembra dare ascolto a questa logica, dimenticando completamente la più alta ed essenziale funzione avuta dalla Carta Costituzionale nella costruzione dell’Italia libera e repubblicana: garantire diritti e imporre doveri ai cittadini, tutti uguali davanti alla legge. Scegliendo la strada indicata dalla destra, il fondamento stesso su cui si regge tutta la nostra Democrazia viene svilito a livello di una qualunque leggina su cui si può discutere per adeguarla alle esigenze di chi detiene il potere, di chi governa. Così assistiamo al gioco delle ‘aperture’, della possibilità di ‘dialogo’, di possibili ‘accordi’. Disponibilità frutto di una preoccupante miopia, incapace anche di recuperare e rendere sempre attuale lo straordinario spirito di proiezione verso il futuro che caratterizzò il lavoro di padri e madri costituenti.
Dal 22 al 24 gennaio sarò ad Acquasparta per impegnarmi non in un archivistico recupero della memoria storica di quello spirito, ma per studiare con tanti democratici che condividono questo progetto cosa fare per far riappropriare i cittadini di questo indispensabile strumento di democrazia. Assente dalla scuola, da luoghi di lavoro, addirittura dai luoghi istituzionali che non esisterebbero neppure se essa non ci fosse, la Costituzione viene il più delle volte descritta – anche da tanti mass media - come una rispettabile ma ammuffita anziana signora che dovrebbe essere accompagnata con il dovuto rispetto al luogo di sepoltura. Se questo accadesse davvero, con essa noi seppelliremmo il nostro Stato, la pari dignità degli uomini e delle donne, leggi uguali per tutti e ci metteremmo di nuovo nelle mani di signorotti plenipotenziari – medievali, rinascimentali, ottocenteschi se preferite – in grado di scegliersi per sé il giudice e di tenere costantemente fuori gioco gli avversari-nemici grazie allo strapotere economico e mediatico. Altro che il potere di scelta assegnato al popolo. Fantascienza? Ipotesi terroristiche? Se fossimo in grado di disporre di una rete capillare di discussione saremmo in grado  di renderci meglio conto di quel che già oggi sta accadendo. Penso ad esempio al mondo del lavoro, alla sua totale incertezza, alla precarizzazione, alla completa dipendenza dai voleri del datore di lavoro, all’impossibilità per tanti giovani di programmarsi il futuro.
Tornare alla Costituzione, quindi, non per trovare – ad esempio –  l’escamotage per consentire ad un governo senza spessore e capacità politica di continuare comunque ad esercitare il potere scavalcando il controllo parlamentare, ma perché ci sia la sua piena applicazione, perché sia rivendicata con forza la sua validità, perché al più si discuta su come rendere praticabili alcuni suoi principi fondamentali che spesso non trovano applicazione: il diritto al lavoro, allo studio, alla pari dignità.
Spero che Acquasparta serva a questo. E vorrei anche un’inversione di richieste: che i giornalisti non parlino di sé, ma ad esempio della vergogna delle leggi ad personam, degli immigrati schiavizzati, brutalizzati, costretti a vivere in condizioni indegne di un Paese civile o degli attacchi all’indipendenza della magistratura; che i magistrati non parlino della condizione che stanno vivendo in questo momento storico, ma, ad esempio, di come rischia di essere violato e vanificato l’Articolo 21 della Costituzione con i provvedimenti allo studio del Governo oppure come viene danneggiata la scuola con i decreti Gelmini o quel che rischiamo tutti noi con i reiterati tentativi di privatizzazione della sanità; che gli insegnanti descrivessero bene il danno che stanno subendo intere generazioni alle quali viene garantito solo il diritto ad una televisione sempre più volgare, aggressiva, urlata, egoistica e negato quello fondamentale del sapere. Vorrei che si costruisse la base per un’interazione da trasferire poi nella società con iniziative capillari in cui vengano coinvolti tutti i cittadini democratici, anche quelli di centrodestra che credono più nei cardini dello Stato che negli interessi privati di Berlusconi.
Infine la divulgazione. Da Cagliari porteremo qualche esempio.  Il 29 gennaio e il 5 febbraio un giurista e un giornalista, affiancati, illustreranno in due incontri pubblici, alcuni dei principi fondamentali della Costituzione. Stiamo inoltre contattando vari gruppi teatrali, alcuni dei quali si esprimono in sardo, perché in vista della prossima Festa della Repubblica, il 2 giugno, portino in scena vicende che abbiano al centro alcuni dei diritti tutelati dalla carta Costituzionale (la sanità, il diritto al lavoro, il diritto allo studio, etc).
Forse il crollo del muro di Berlino è all’origine di una caduta d’impegno di cui oggi stiamo pagando drammatiche conseguenze culturali. Dobbiamo rimetterci in campo riproponendo una scala di valori che non può essere messa in discussione. Non è quella che è stata sconfitta dalla storia. Il progresso non può essere rappresentato da un modello di vita che ignora la solidarietà, l’integrazione, la pace. La sconfitta degli ultimi 15 anni è semmai la dimostrazione che la lotta per migliorare l’umanità è difficile e deve essere frutto di un’iniziativa costante. Molto più facile è raccogliere frutti predicando odio ed egoismo. Ma quale tempesta raccoglieranno dopo aver seminato tanto vento?

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