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Articolo 21 - Editoriali
Haiti: la difficile gestione degli aiuti
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di Mauro Mauri*

La tragedia che ha colpito Haiti ne ha messo a nudo le povertà strutturali, conseguenza soprattutto di un assetto politico debole e corrotto fino al midollo, con il colonialismo europeo sostituito da quello autoctono, più difficile da sradicare, nonché più avido di potere e danaro.

In ogni caso il futuro del popolo haitiano torna nelle mani degli ex colonizzatori bianchi, senza il cui aiuto non potrà mai rialzarsi. 

Ora ci sono da organizzare i soccorsi di prima necessità, prestando attenzione a come ci si muove quando si interagisce con una realtà socioculturale diversa dalla nostra.

Si deve farlo apprendendo dagli errori del recente passato, come quanto accaduto in occasione dello tsunami e del ciclone Nargis abbattutosi sul Myanmar.

A suo tempo dall’Italia partirono container che, oltre a prodotti assolutamente indispensabili, ne includevano alcuni d’intralcio: come i pacchi di sale, proprio inutili a chi vive a contatto col mare e che oltretutto aveva avuto la casa inondata d’acqua salata.

Nemmeno servono i pannolini per i bambini: non sono utilizzati nei paesi caldi, dove si usa fare in modo diverso. Ad Haiti va bene la carne di vacca inscatolata, ma non in India e Sri Lanka dove gli hindu mai la mangeranno : per loro è un animale sacro. Anche l’olio d’oliva non sempre è gradito -troppo saporito- ma l’olio di arachidi va benissimo. Prodotti secchi, facilmente trasportabili e conservabili, come farinacei, riso e legumi sono ottimali, al pari dei biscotti secchi, non cremosi. Inutile mandare zucchero nei paesi da cui proviene, così  come donare tonno in scatola a chi vive sul mare: meglio solido materiale da pesca.

Niente vestiti pesanti o lussuosi, ma serve abbigliamento intimo, da uomo e donna, visto che di raro viene inoltrato a chi ha perso tutto: l’importante è che sia pulito. Inoltre servono prodotti per l’igiene femminile.  

 Un problema  contiguo è la gestione degli aiuti, che se arrivano nelle mani avide di funzionari governativi corrotti (quasi tutti) anziché ai bisognosi finiscono sul mercato locale.

Di solito quanto gestito dalla Chiesa raggiunge i bisognosi, a prescindere dal loro credo religioso, come evidenziò la Birmania buddista, che analogamente apprezzò le modalità d’azione delle ONG (Organizzazioni Non Governative).

Altro discorso, ben più complesso, la gestione dei fondi economici. Quanto accaduto in Myanmar è l’esempio negativo di come agiscono le istituzioni internazionali, visto che il regime riuscì ad arraffare il 25-30% di quanto destinato alla ricostruzione. A suo tempo John Holmes, responsabile ONU per gli aiuti umanitari, dapprima ammise anomalie nella contabilità “dobbiamo rintracciare una decina di milioni di dollari” ma erano almeno il doppio. Poi tornò sui propri passi sostenendo che era una perdita fisiologica dovuta alla transazione valutaria. La Giunta militare ringraziò continuando a far la cresta.

Non meglio andarono gli aiuti dell’Unione Europea passati attraverso i locali rappresentanti delle istituzioni.

*da Il fatto

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