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Articolo 21 - Editoriali
Testimoninanza ricercatori ISPRA
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di Salvatore Porrello*

Ringrazio a nome dell’USI RdB Ricerca ISPRA che rappresenta i “ricercatori sul tetto” l’Associazione Articolo 21 che ci permette di portare la testimonianza di una battaglia condotta a nome ed in difesa della Ricerca pubblica ambientale di questo Paese.

La nostra storia inizia 16 mesi fa quando il Ministro dell’Ambiente decise di accorpare i tre enti pubblici sotto la sua vigilanza (APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e del Territorio; INFS, Istituto Nazionale Fauna Selvatica; ICRAM, Istituto Centrale per la Ricerca scientifica Applicata al Mare) in un unico che chiamò ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale). L’Istituto ha compiti importanti per i cittadini: la libertà di informazione prevista dall’articolo 21 della nostra Costituzione si rappresenta anche nel diritto del cittadino ad essere informato sullo stato dell’ambiente che lo circonda, sui rischi che corrono gli 8 mila chilometri di coste italiane, sui problemi del dissesto idrogeologico o della qualità dell’aria che respiriamo nelle città. Di questo dovrebbe occuparsi l’ufficio stampa e la comunicazione dell’ISPRA.

Ma altri articoli della Costituzione sono presenti nei compiti dell’ISPRA: si deve infatti occupare della salvaguardia del territorio e della salute dei cittadini, in un’ottica di prevenzione e tutela nel rispetto dell’articolo 9 e 32 della costituzione, che recitano rispettivamente: “la Repubblica tutela il paesaggio ed il patrimonio artistico della nazione” (art. 9), e “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art.32). Quindi l’Istituto ha compiti fondamentali di ricerca e controllo ambientale, finalizzati alla tutela del territorio nazionale e alla salute dei cittadini. Ruolo dell’ISPRA è quello di intervenire nelle emergenze in mare, compiere studi sulla biodiversità, effettuare bonifiche di siti contaminati, aggiornare il registro delle emissioni in atmosfera, curare le certificazioni ambientali per conto delle imprese, collaborare alla stesura di documenti come il rapporto rifiuti e l’annuario dei dati ambientali, informare i cittadini sullo stato dell’ambiente.

Ma 16 mesi fa, dopo l’istituzione, il Ministro mise, come spesso si usa in Italia, a capo dell’ISPRA un Commissario e due sub commissari. Due su tre sono Prefetti ovviamente più adusi a gestire l’ordine pubblico che la ricerca e protezione ambientale.

Nei mesi successivi abbiamo assistito ad un preciso e sistematico piano di smantellamento della funzionalità del nuovo Istituto al licenziamento del precariato all’inizio del processo di esternalizzazione di attività e mansioni tanto caro al nostro Governo.

Ciò è avvenuto applicando in modo miope, colpevole, capzioso le innumerevoli norme che regolano la vita del pubblico impiego. Dopo poco tempo ci siamo resi conto che nulla sarebbe stato come prima, che eravamo di fronte alla volontà di mandare tutti i precari con le loro pluriennali professionalità a casa e di ridurre gli strutturati a meri burocrati dietro grigie scrivanie.
Sconcertati, cercammo di spiegarci come era possibile che nostri colleghi, con professionalità preziose ma anche molto specifiche per reinserirsi nel mercato del lavoro italiano, da sempre arido di finanziamenti alla ricerca, venivano estromessi dalle loro attività di ricerca, allontanati senza nessuna considerazione, anzi ritenuti il problema dell’Istituto, un peso inutile. Ci si rese conto che le competenze in realtà non hanno mai avuto nessuna importanza, se non per l’onestà intellettuale dei lavoratori stessi. Tutto ciò senza nessun apparente risparmio economico visto che questi lavoratori gravavano su finanziamenti di ricerca, esterni al bilancio ordinario

Un anno e mezzo per comprendere che gli strumenti ordinari della protesta non bastavano più; i presidi, le manifestazioni, gli scioperi, un meraviglioso corto dal titolo “non sparate alla ricerca” restano pochi giorni sulla stampa online e non “bucano” sulla carta stampata.

Ed allora l’idea ed il coraggio di alcuni di noi che con l’appoggio del sindacato organizzano una protesta “estrema”, un gesto disperato che riesca ad abbattere il muro di gomma eretto dai Commissari, attirare l’attenzione del Ministro, mettere al centro dell’opinione pubblica l’importanza ed il bisogno di Ricerca pubblica ambientale in Italia ed i rischi del suo soffocamento nel silenzio generale.

C’è il desiderio di chi, prima di essere mandato via, prima di gettare via una parte consistente della sua vita passata a formarsi, vuole almeno riuscire a denunciare coloro che con la scusa del risparmio vogliono esternalizzare la Ricerca pubblica.

E allora si sale su un tetto per cercare di fare notizia e si aggiunge la webcam che permette di seguire i lavoratori 24 ore su 24, per riuscire a denunciare come viene trattata la ricerca in Italia. Si sale e diventiamo ogni giorno di più, capiamo che ce la possiamo fare: almeno qui siamo i primi ricercatori e tecnici dipendenti dello Stato che salgono su un tetto. Sin dai primi giorni si maturava la certezza di aver ricominciato a restituire al nostro lavoro la dignità che merita e ai cittadini l’informazione sulla ricerca e il controllo ambientale perché, per quanto salire su un tetto sembri un gesto disperato, a volte nella vita dignità e disperazione coincidono.

I giorni passano, non si registra nulla da un punto di vista “istituzionale”, la stampa e la televisione cominciano ad interessarsi a noi; cresce il consenso e la consapevolezza della “giustezza” della protesta che al passare dei giorni anziché indebolirsi prendeva sempre più vigore alimentata oltre che dalle famiglie anche dalla immediata solidarietà dei cittadini del territorio che si sono addirittura costituiti in un comitato pro ISPRA. 

Passano ben 29 giorni prima che il Ministro emetta la prima ANSA chiedendoci di passare il Natale con i nostri cari. Ma ormai è troppo tardi; i numerosi giornalisti della televisione e della carta stampata che superano il fallace muro di omertà imposto dai Commissari, ci danno coraggio e forza; ormai siamo notizia; ormai per parlare dei problemi della ricerca e della protezione ambientale bisogna salire su un tetto, soffrire il freddo ed il vento notturno, “montare” come militari di notte  a turni di due ore davanti alla webcam per farci vedere dal Ministro ed dal Paese e che noi siamo lì e non molliamo.

Siamo scesi tre giorni fa, ci sono voluti ben 59 giorni di lotta dura per ottenere quello che anni fa si sarebbe ottenuto con la sola minaccia di occupazione! C’è stato bisogno di un impegno straordinario eppure chi come me ha vissuto quest’esperienza, può raccontare di esserne uscito più forte, maturo, consapevole e anche, oserei dire un po’ più libero. 

Siamo scesi dal tetto dopo aver firmato con il Ministro un Protocollo d’intesa, un foglio che in qualche modo sancisce i nostri diritti, ma che consideriamo solo un primo passo, una prima vittoria, una tappa oltre la quale proseguire con altre forme di lotta, vigilando nel frattempo che il protocollo d’intesa venga applicato in maniera corretta. Chiediamo anche al Ministro di porre fine alla gestione prefettizia dell’ISPRA nominando al loro posto degli esperti in materia ambientale provenienti dalla comunità scientifica.

Ci siamo chiesti tante volte quanto sia stato importante il “megafono” della stampa nella nostra protesta: la risposta è tantissimo anche se rimane l’amarezza che per riuscire ad avere l’attenzione sui problemi del lavoro in tematiche così importanti per i cittadini come la tutela dell’ambiente in cui essi vivono sei costretto ad utilizzare gesti estremi.

Avremo quindi ancora bisogno dell’aiuto dei media perché se non fai notizia non sei nessuno e perché c’è ancora la necessità di parlare di precarietà e ricerca pubblica ambientale in questo Paese. La ricerca come l’informazione deve essere libera, perché libertà è garanzia di terzietà ed oggettività.

Auspichiamo che continuino a seguirci soprattutto quei media che ci hanno aiutato ad amplificare la nostra protesta; l’elenco sarebbe talmente lungo che si correrebbe il rischio di dimenticare qualcuno. Tra tutti vogliamo però menzionare la terza rete RAI per la costanza nel tempo e la numerosità delle trasmissioni che ci hanno dedicato in particolar modo RAI news 24, TG3 Linea notte, TG3 LAZIO. A nome di tutti i lavoratori sul tetto nuovamente ringrazio Articolo 21 per averci seguito ed organizzato questo importante manifestazione a difesa dell'ordinamento costituzionale e per lo sviluppo democratico, pluralistico, giusto della nostra società.

*Per il Coordinamento USI RdB/Ricerca ISPRA

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