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Articolo 21 - Editoriali
Accentarmento mediatico, fenomeno mondiale
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di Giulio D'Eramo*

Sin dal 1994 la stampa estera, sia progressista che conservatrice, ha assistito con stupore e diffidenza all’ingresso di Berlusconi in politica.  All’inizio l’attenzione era incentrata sul tema del conflitto di interessi, ovvero dell’unione del potere esecutivo e legislativo al cosiddetto quarto potere, la separazione dei quali costituisce uno dei principali fondamenti di una democrazia. Ma con il passare degli anni, specialmente nel mondo anglosassone, sono le incredibili vicende legali di Berlusconi, il fatto che per quanto non condannato sia stato riconosciuto colpevole di molti reati, che lo scandalo delle escort non lo abbia danneggiato più di tanto, a causare una sorta di costernazione globale di fronte ai suoi ripetuti successi elettorali.
Per me, come per qualunque italiano che si trovi a dover spiegare il fenomeno Berlusconi a uno straniero, la prima difficoltà risiede nello spiegare come sia stato possibile per una persona cosi potente non solo entrare in politica, ma essere eletto primo ministro.
 Non dobbiamo dimenticare che, forse grazie ad uno dei migliori prodotti culturali del nostro paese, noi siamo visti all’estero come un popolo di attori, e Berlusconi rientra perfettamente in questo contesto. I nostri peggiori difetti, descritti così bene dalla commedia all’italiana, sono ancora una volta sotto gli occhi di tutti, questa volta grazie al nostro primo ministro. 
Questo è uno dei principali motivi per cui l’opinione pubblica internazionale non ritiene l’anomalia mediatica italiana un problema internazionale. Ma per pubblicazioni e associazioni che si occupano di libertà d’espressione, come l’Index on Censorship per cui lavoro, questo è un grave errore di valutazione soprattutto se si considera che l’accentramento mediatico è un fenomeno mondiale, come dimostrato dall’impero di Rupert Murdoch e dalla sua crescente influenza politica nei paesi in cui e’ presente, evidenziata dall’efficacissima campagna condotta da Fox News contro la riforma sanitaria di Obama. Questo fenomeno di concentrazione mediatica e connivenza tra politica e quarto potere è ancor più evidente in Inghilterra, dove i conservatori, sicuri vincitori delle prossime elezioni, hanno proposto di eliminare i contenuti gratuiti dal servizio online della BBC, misura che favorirebbe Murdoch nella sua battaglia per rendere a pagamento tutti i contenuti dei suoi giornali.
Un'altra questione su cui sarebbe bene attirare l’attenzione internazionale è il fatto che se tu, come uomo di potere, puoi plasmare la realtà a tuo piacimento, allora non c’è più bisogno di censura. Questo rappresenta un nuovo modello di censura, ed è esportabile.
E’ per questi motivi che con Tana De Zulueta, Index on Censorhip, Article 19 e ovviamente Articolo 21, stiamo cercando di creare una mobilitazione internazionale per difendere la libertà d’espressione dal pericolo rappresentato da un’espansione all’estero dell’anomalia italiana.
A settembre abbiamo quindi sottoposto un rapporto ad un workshop dell’ONU, in cui abbiamo cercato di analizzare quei difetti strutturali del nostro sistema mediatico che hanno portato, nel peggiore dei risultati possibili, al fenomeno Berlusconi ed al conflitto d’interessi. In particolare abbiamo evidenziato due fattori: il controllo diretto del governo sulla Rai, e la di fatto mancata liberalizzazione delle licenze televisive come nel caso di Europa7.
E’ con l’intenzione di portare avanti questo discorso ad un livello quantomeno europeo che tra l’8 e il 19 febbraio ci ritroveremo a Ginevra per il settimo gruppo di lavoro dell’Onu, in cui sarà presentato e votato il rapporto (compilato dall’organizzazione Open Society di George Soros) sul rispetto dei diritti dell’uomo in Italia, che ovviamente includono il diritto all’informazione. La discussione e adozione di proposte realizzabili per il riequilibrio della situazione, sarà accompagnata dalla visione del documentario Videocracy, che ha avuto il merito di sottolineare i devastanti effetti culturali e sociali, e cioè non solo politici, del nostro sistema televisivo.

*giornalista a Londra per Index on Censorship

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