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Articolo 21 - Editoriali
INDIETRO SAVOIA / Elezioni nel Lazio, parole vuote e facce piene
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di Oliviero Beha

Tra meno di sei settimane si va al voto regionale. Impazzano le campagne in ogni dove, con una cartellonistica da paura che invade città, cittadine, paesi, paesini. Come sempre, ma a quel che pare dai dati dei radicali più di sempre, la cartellonistica e i manifesti non lasciano un centimetro di respiro pescando abbondantemente nell’abusivismo che certamente - come sempre - i partiti rimuoveranno con una legge magari anche preventiva. Rimuoveranno i cartelloni e i manifesti abusivi? Ma che avete capito? Rimuoveranno le norme che li puniscono. Tanto se la fanno e se la cantano. Ho già scritto qui come faccio da anni che purtroppo in questo Paese la politica è ormai pressoché assente, sia pure con differenze visibili tra schieramenti e individui, ed è stata sostituita dai Comitati d’Affari.

Siccome il fenomeno è sempre più evidente, ho fatto più caso del solito al tipo di pubblicità/propaganda elettorale di queste elezioni, in base alla domanda: ma se la politica non politicante od esercente bensì quella dei programmi e delle scelte è praticamente svanita, di che parleranno i candidati per farsi votare? Che cosa escogiteranno? E soprattutto come cambieranno le campagne nell’era di internet sviluppato? Tutto ciò, o meglio l’importanza di tutto ciò si misura anche con il metro delle preoccupazioni politiche del governo nei confronti della “par condicio” nella tv pubblica, di cui ho appena parlato qui, mentre nella tv privata del Presidente del Consiglio su tre reti in chiaro più quelle del digitale terrestre, o nelle tv locali, a quanto pare c’è una sola regola: l’assenza di regole.

Ma torniamo a noi, e a quello che vedo per le strade soprattutto di Roma, ma non solo. Nel Lazio le due candidate, ad oggi a quel che sembra impegnate in un confronto incerto, sono per motivi diversi e a volte opposti figure di peso. La Bonino ha una storia e ne fa fede la sua biografia, che piaccia o no. Si sa che è comunque indipendente dal sistema anche se ne fa parte, spesso osservandolo dalla soglia perché ne è tenuta fuori o se ne autoesclude, e che è di un’onestà specchiata. Intende la politica come era o come dovrebbe essere, e il suo rischio è di risultare antidiluviana in questo tipo di società oppure una Avatar per la Chiesa e il suo potere (temporale, non solo d’anime). La Polverini avrà pure un’aria da rokettara da domenica pomeriggio, ma lasciando da parte macchie sulla vicenda-case uscita sui media (su Il Fatto) e pasticci con gli iscritti gonfiati al suo sindacato, l’UGL, peraltro in buona compagnia con gli altri sindacati, mi risulta una persona in gamba, che mediaticamente molto ha raccolto in tv ma che conosce anche benissimo il modo di parlare alle persone e ai votanti.
 
Insomma, il contrario della Bonino ma non del tutto. Metterei la firma che in ogni regione ci fosse questo tipo di scelta, comunque la si pensi politicamente (errore: post-politicamente). Fanno una campagna su di loro, la Bonino puntando su di sé e per esempio in modo netto contro il nucleare, la Polverini puntando contro la Bonino, appoggiandosi a Berlusconi assai di più di quel che non faccia l’avversaria nei confronti di Bersani e soci, dicendosi anche lei contro il nucleare anche se il Governo che la ispira vuole il nucleare (quindi alla fine sul nucleare sarebbe Berlusconi contro Polverini: chi vincerebbe?).
 
Ma ho detto delle due candidate a Presidente di Regione. Sono gli altri che mi spaventano, le loro “armate”. A destra, sub specie polverinica, ho visto per strada facce sconosciute e slogan di una vuotezza commovente, come volevasi dimostrare: si va da “uno di noi” a “mi fido di te” a “la novità nell’esperienza” a “il Lazio è di chi lo fa” e altre menate invereconde che vi risparmio, comunque di questo livello. A sinistra, in mezzo a slogan non troppo diversi se non quando si affronta decisamente un problema (il nucleare,la privatizzazione dell’acqua ecc.) si sviluppa invece la scelta della cosiddetta “gente comune” versione popolar-elettorale della “società civile”. Così sui cartelloni, i manifesti e pure internet si vedono facce per lo più sconosciute “zoommate” in modo da farne vedere la “comunità”, il loro status comune: facce né belle né brutte, né giovani né vecchie, né interessanti né respingenti, o meglio tutto questo insieme fino nei dettagli. Della politica programmatica? Macché, allora proprio non mi seguite. Dettagli della fisiognomica, che il web evidenzia ancora meglio: peluria sul viso, occhi a volte infossati,naso meglio se aquilino ecc.ecc. Ma dove andrà a parare un Paese così, in cui ci si affida a parole vuote e a facce piene ?
Oliviero Beha per www.Tiscali.it
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