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Radio radicale: a rischio la sua funzione pubblica
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di Roberto Spagnoli*

Radio radicale: a rischio la sua funzione pubblica

Pericolo di chiusura per Radio Radicale. Di nuovo? I Radicali battono cassa. Ancora? In effetti le cose non stanno proprio così e per capirlo è bene riassumere brevemente i fatti. Dalla Finanziaria in discussione in Parlamento dipende il rinnovo della convenzione con il ministero dello Sviluppo economico per la trasmissione delle sedute parlamentari. Il ministro Claudio Scajola ha preso posizione a favore del rinnovo, così come il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Fonti autorevoli garantiscono che lo stesso presidente del Consiglio è d'accordo. Allo stato attuale il Governo non è però ancora in grado di garantire il buon esito dell'iniziativa del ministro Scajola. Nel frattempo, per iniziativa dei senatori Radicali eletti nel Pd, è stato presentato un emendamento per il rinnovo della convenzione che è stato sottoscritto da oltre duecento senatori (quindi ben oltre la maggioranza assoluta di Palazzo Madama), appartenenti a tutte le forze politiche.

Quella che è in gioco in queste ore, è bene essere chiari, non è la sopravvivenza di Radio Radicale, quanto l'eliminazione della funzione pubblica che la radio assicura dal 1976. Per ben 22 anni, dal 1976 al 1988, Radio Radicale ha offerto la trasmissione delle sedute del Parlamento a spese del solo Partito Radicale senza nessuna convenzione. Con la legge 230 del 1990, è stata riconosciuta, unico caso finora in Italia, come “impresa radiofonica che svolge attività di informazione di interesse generale”. Nel 1994 è stata la prima e finora unica emittente a vincere, tramite gara pubblica, una convenzione per la trasmissione delle sedute del Parlamento. Da allora tale convenzione è stata sempre rinnovata e Radio Radicale ha assicurato con continuità questo servizio allo Stato e ai cittadini. Inoltre, dal 1998, cioè dagli albori di internet in Italia, ha reso disponibili tutte le sedute parlamentari su internet, in audio e video.

Nel tempo in cui non trasmette le sedute del Parlamento (che coprono il 60% della programmazione), Radio Radicale, senza alcun tipo di finanziamento pubblico, documenta l’attività anche di altre istituzioni, dai Tribunali ai Consigli comunali, dalle Commissioni parlamentari alla Corte dei Conti, dal Consiglio Superiore della Magistratura al Parlamento europeo. E ancora i congressi, i festival e le maggiori manifestazioni di tutti i partiti politici e dei sindacati, i convegni organizzati dalle associazioni del mondo del lavoro e dell’impresa, conferenze stampa, dibattiti e presentazioni di libri. Tutti gli eventi registrati, che solo in minima parte possono trovare spazio nel palinsesto quotidiano, vengono comunque messi a disposizione via internet a tutti senza alcuna limitazione e senza alcuna forma di registrazione dei dati personali.

Accanto a questo c'è poi l'attività giornalistica vera e propria, fatta di interviste, dibattiti e approfondimenti sui temi dell'attualità politica italiana ed internazionale, con particolare e costante attenzione a questioni che di solito non trovano largo spazio sugli altri organi di informazione del nostro paese, se non in occasione di eventi particolari o clamorosi. Invece di entrare in concorrenza con altre emittenti, o di ridursi a mero organo di partito, Radio Radicale ha affermato in Italia un modello di informazione di interesse pubblico basato sulla registrazione, la messa in onda, l’archiviazione e la pubblicazione su web dei maggiori eventi istituzionali, politici e giudiziari nella loro integralità. Con la trasmissione integrale degli eventi dell'attualità istituzionale e politica senza la mediazione giornalistica, Radio Radicale ha introdotto dunque nel nostro Paese un modello di informazione politica che permette agli ascoltatori di seguite in diretta il dibattito politico e istituzionale, acquisire informazioni, formarsi un'opinione e, di conseguenza, decidere.

Come ben si comprende, quindi, la questione del rinnovo della convenzione con il ministero dello Sviluppo economico non riguarda la vita di Radio Radicale, ma il permanere di un servizio di pubblica utilità. Un servizio pubblico senza precedenti che Radio Radicale ha offerto per 33 anni con generale riconoscimento.

Il sostegno arrivato in queste ore da esponenti politici di tutte le parti e la firma dell'emendamento da parte di oltre duecento senatori è confortante, come lo è vedere centinaia e centinaia di cittadini che firmano l'appello presente sul sito internet della radio. Ma tutto ciò non basta. Per questo occorre moltiplicare in queste ore ed in questi giorni l'impegno e la mobilitazione, perché non si tratta  di "salvare una radio di partito", ma, nell'attuale contesto della comunicazione e della democrazia in Italia, non disperdere un patrimonio umano e professionale e consentire a Radio radicale di continuare ad assicurare quella funzione pubblica che da decenni fornisce ai cittadini e alle istituzioni, e che nessun altro svolge allo stesso modo e alle stesse condizioni.

componente del CDR di Radio Radicale


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