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Articolo 21 - Editoriali
Ecco perchè sabato non sarò in piazza
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di Ennio Chiodi

Riceviamo e di seguito pubblichiamo una serie di riflessioni inviate alla redazione di Articolo21 da parte di un giornalista del servizio pubblico.

Non so a chi possano interessare poche osservazioni sparse di un giornalista del servizio pubblico che (come molti) ha frequentato, anche da vicino, la politica, ma che ha sempre cercato di distinguere ruoli e funzioni e che ha sempre caparbiamente  svolto il suo mestiere in Rai nel modo più “asettico” possibile.

Questa volta non sono d’accordo, o,  perlomeno ho dei seri dubbi.

Non parteciperò alla manifestazione di sabato non solo perché, appunto, distinguo i ruoli, ma perché non sono d’accordo né come cittadino, né come elettore del centro sinistra. Ma davvero qualcuno pensa, da quelle parti, che si  possa andare al voto senza le liste o addirittura senza la presenza dei principali candidati della destra?
E per ottenere cosa, politicamente parlando? Una eventuale “vittorietta” che avrebbe fornito un assordante e invadente alibi agli attacchi degli avversari e dei loro mezzi di comunicazione.

Io la penso così: non ho alcun  rispetto per chi ci prova, per chi disdegna regole e correttezza, per chi dimostra arroganza e confida nella impunità di fatto, credo che la continua riscrittura delle regole sia di una gravità senza precedenti, temo che l’assuefazione a questi atteggiamenti sia uno dei più gravi rischi che corriamo, ma ho rispetto per tutti gli elettori a cominciare da quelli che non la pensano come me.
Credo che una  esplicita posizione del genere da parte, ad esempio, del Partito democratico, sarebbe stata più utile e produttiva: “Avete compiuto  gravi errori per superficialità e malafede, non sapete neppure presentare le liste, figuriamoci governare un Paese…, ma rispettiamo troppo i vostri elettori per pensare che non possano esprimere il loro voto, per colpa vostra ! E quindi troviamo insieme una soluzione politica condivisa”.

E in cambio ? E in cambio - questa volta sì !  - con  fermezza, con durezza e determinazione, un impegno per ristabilire almeno la praticabilità del campo sul fronte della informazione, del dovere di informare e soprattutto del diritto dei cittadini ad essere informati con completezza e con la massima obbiettività e il maggior tasso di pluralismo possibile. Ci dite che lo “scambio” non sarebbe stato accettato o capito ? Ma ci avete almeno provato ? O perlomeno ce lo avete fatto sapere ? O queste strategie sono state discusse come al solito attorno ai tavoli o nei salotti dei soliti noti ?

Continuo a ritenere la posizione delle opposizioni sul fronte “informazione” troppo sterile e troppo poco convinta.  Così come ormai fatico a considerare almeno decente la tenuta di molti miei colleghi sul fronte deontologico e della dignità professionale.

Non ritengo certamente  Floris – e tantomeno Santoro – estremi baluardi sul fronte della democrazia. Ma sento tantissimo la mancanza degli spazi che conducono, così come sento la mancanza di quelli di Vespa o di Paragone, o degli altri colleghi conduttori delle emittenti private.

Nel nostro triste panorama pochi giornali indipendenti sono letti da poche centinaia di migliaia di persone;  fogli più o meno propagandistici,  giornali e giornaletti di proprietà politica e altri, praticamente estinti, sono tenuti in vita solo per essere amplificati dalle rassegne stampa televisive; rete e social network sono ancora patrimonio di pochi…… In questo panorama abbiamo una sola certezza: la stragrande maggioranza delle famiglie italiane si  informa e quindi è in grado di farsi un’opinione, solo attraverso la televisione.

Oggi la nostra televisione, anche  quella di servizio pubblico con i suoi tremendi palinsesti pomeridiani, è lontana dal rappresentare con attenzione le diverse  realtà di questo Paese ( penso, di getto, a una grande parte del mondo cattolico; ai giovani e ai precari senza futuro, ma anche alle fatiche di piccoli, coraggiosi piccoli imprenditori; agli spazi negati a autori, creatori,  produttori che non hanno la fortuna di vivere a Roma e dintorni; alle straordinarie realtà territoriali cancellate da una cultura centralista miope e arrogante,…etc, etc.) … ma quella che c’è è comunque meglio di niente.
Non è angosciante questo assordante silenzio? Cosa si può fare prima che l’assuefazione assorba anche questa incredibile ferita civile e democratica?

Ennio Chiodi

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