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Articolo 21 - Editoriali
Un bene per tutti. Il festival dell'impegno civile ed il riuso dei beni confiscati alla camorra
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di Iolanda Stella Corradino

Dovrebbe essere più che ovvio che un bene confiscato alla camorra diventi patrimonio della collettività,
non solo locale ma mondiale. Come evidente segno del riscatto civile e sociale di quel luogo e dei suoi abitanti. Come testimonianza, per le tante vittime di mafia, di una lotta comune che ha portato frutti evidenti.
Ma non sempre ciò che è ovvio corrisponde, nelle nostre terre, a quel che viene effettivamente messo in opera.
E così tra il napoletano ed il casertano la gran parte dei beni confiscati alla criminalità organizzata non viene mai
"riutilizzata" o, se accade, il  riuso avviene ai confini con la legalità.
In altri casi, addirittura, i beni confiscati vengono venduti- come proposto dal governo-, appaltati o sub appaltati ad inquilini, associazioni, esercizi commerciali.
Ad Afragola, tempo fa- per citare un caso più che noto- la vedova Moccia continuava a ritirare gli affitti mensili
dai patrimoni immobili confiscati alla sua famiglia.
Nel giuglianese, poi, alcuni beni messi a disposizione di associazioni o disabili finiscono con l'essere abbandonati
a se stessi, in una incuria che grida cercando di non rendere vano il faticoso lavoro che ha portato allo smantellamento
di questa o quella organizzazione e quindi al sequetro delle vecchie roccaforti sedi dei  poteri dei boss locali.
In un quadro simile il Festival dell'impegno civile è una piccola pietra nell'oceano degna di grande nota e destinata, si spera, a creare davvero una rete in grado di continuare a combattere attivamente la criminalità accanto alle tante vittime di mafia.
Unico in Italia il festival nasce, nelle terre di don Peppe Diana- il parroco di Casal di Principe ucciso dalla criminalità organizzata-
con la voglia di far riscoprire i luoghi segno di una lotta la cui fine è ancora lontana a venire.
I comuni coinvolti sono Napoli, Casalnuovo, Ottaviano, San Cipriano d'Aversa, Sessa Aurunca e Castel Volturno.
Ottaviano, in particolare, merita tutte le attenzioni del caso. E' proprio nel cuore dell'area vesuviana di Napoli e nel suo castello mediceo che aveva sede la nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo.
Erano gli anni 70 e dopo venti anni di impero della Nco lo stabile fu sequestrato dal Tribunale Antimafia.
Simbolo del giusto riutilizzo, da luogo di uccisioni e mafia a segno della legalità e centro di ricerca del Parco Nazionale del Vesuvio,
in occasione del festival darà la voce ai territori stessi ed alla loro voglia di riscatto e libertà.
Ottaviano come San Cipriano e Casalnuovo luoghi, oggi, simbolo delle organizzazioni criminali che le hanno vessate e da domani, perchè no, proprio a partire dal festival, segno di un riscatto vitale e non solo necessario.

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