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Articolo 21 - Editoriali
Ma serve davvero, e a chi, l’esposizione mediatica?
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di Ottavio Olita

Ma davvero la sovraesposizione mediatica aiuta a risolvere i problemi degli emarginati, dei precari, di chi non ha reale potere contrattuale? Quali i risultati effettivamente conseguiti dall’occupazione dei tetti, delle gru o di un ex supercarcere come quello dell’Asinara?
 “L’isola dei cassintegrati” è presidiata ormai da tre mesi. Un’azione di grande civiltà, senza alcuna violenza, ospitata con risalto in Annozero di Santoro e in Linea Notte del Tg3, ripetutamente raccontata dalla Tgr, a cui hanno reso omaggio rappresentanti istituzionali, esponenti politici, autorità locali, dirigenti nazionali del sindacato, tutti ripartiti con la garanzia di impegno a sostegno della vertenza. Un’iniziativa conosciutissima, tanto che il gruppo di amici creato su face book ha superato le 101mila adesioni. L’hanno organizzata i lavoratori - che rischiano di rimanere senza alcuna prospettiva - degli impianti chimici di Porto Torres e delle fabbriche dell’indotto di quel territorio per sollecitare la cessione dell’intera filiera del clorosoda dall’Eni alla multinazionale Ramco, originaria del Qatar, che si era dichiarata interessata a rilevare tutto il comparto. Non solo quindi Porto Torres, ma anche  Porto Marghera e Ravenna. Tanti annunci di accordi prossimi, poi – Scajola dimesso – è cominciato l’estenuante balletto dei rinvii, tanto che oggi non si sa realmente più quale sarà la sorte delle fabbriche e dei lavoratori. L’Eni si dimostra sorda alle richieste dei possibili acquirenti arabi, i quali, dopo la rottura delle trattative, fanno difficoltà a ridiscutere.
 Del tutto diversa la conclusione della vertenza Alcoa, condotta in modo molto più tradizionale, duro, diretto, dai lavoratori del Sulcis, ripetutamente in Piazza, a Montecitorio, con i loro caschi sbattuti violentemente e rumorosamente sui sanpietrini dopo lunghi ed estenuanti viaggi in nave. Risultato: nessun licenziamento da parte del gruppo industriale statunitense dell’alluminio e addirittura altri investimenti per 40 milioni di euro nei prossimi tre anni sia per la fabbrica di Portovesme, sia per quella di Fusina, nel Veneto.
 Se, in modo miope, volessimo trarre un diretto rapporto causa-effetto tra azione di protesta e risultati, diremmo che hanno ottenuto di più urla e scontri con la polizia, che la civile, ironica, culturalmente graffiante iniziativa degli operai chimici asserragliati all’Asinara. E’ proprio così? Penso di no, perché altrimenti, indirettamente, verrebbe accreditata la tesi del risultato efficace determinato da un’iniziativa portata nel cuore della Capitale e del fallimento di qualunque altra estenuante manifestazione di protesta. Come se autorità e istituzioni dicessero: ci avete messo paura.
 La risposta vera credo invece si trovi da tutt’altra parte: negli obiettivi economici e strutturali e nella funzione che in tutto questo viene svolta da un Governo che è evidentemente incapace di progetti e sa solo subire le imposizioni dei grandi gruppi. Per l’Alcoa è stato conveniente ottenere una drastica riduzione delle tariffe dell’energia necessaria per la produzione e per questo ha deciso di restare; l’Eni invece sembra preferire lo smantellamento di un settore dichiarato ripetutamente strategico dal governo perché all’Ente degli Idrocarburi non conviene tenerlo in vita con quei  conti economici. Dov’è allora lo Stato? Uno Stato che dovrebbe costruire, valorizzare, differenziare occasioni di lavoro, agendo in modo sinergico con i gruppi industriali grandi e piccoli. Il governo Berlusconi ha queste competenze, questa capacità? Da quel che si è visto finora si limita a fare proclami ma non riesce ad avere strategie industriali ed economiche, limitandosi a prendere atto di quanto viene progettato dagli imprenditori. Per il resto, gli interventi pubblici privilegiano esclusivamente le grandi operazioni d’immagine. Un esempio? Viene ancora dalla martoriata Sardegna.
Da qualche giorno sono cominciate a La Maddalena, l’isola che avrebbe dovuto ospitare il G8 del 2009 poi dirottato a L’Aquila, le regate del “Louis Vuitton Trophy”. La scelta dell’isola capoluogo dell’Arcipelago è stata voluta per dare una ragione ed un scopo alle mega strutture costruite per un evento che non vi si è svolto e che ora rischiano di trasformarsi in spaventose cattedrali nel deserto, cattedrali comunque private,  di lusso, costruite su preesistenti strutture pubbliche (l’ex arsenale). Grande euforia per l’evento sportivo, ospitato nella speranza che prima o poi possa arrivare qui la più celebre “America’s Cup”; ma dove trovare il denaro per finanziare il grande evento? Qui le versioni su cosa è avvenuto divergono: da un lato opposizione di centrosinistra e Cgil; dall’altro maggioranza di centrodestra. Alla fine del discorso la sostanza – come vedremo - è la stessa. Ecco perché. Cgil e Centrosinistra, proprio alla vigilia dell’inizio delle regate, affermano che la giunta regionale ha stornato il denaro necessario per la competizione velica – circa 2 milioni e trecentomila euro – dal finanziamento destinato alle bonifiche del Sulcis, la regione meridionale dell’isola che, massicciamente industrializzata negli anni ’70, mostra tutti i segni di gravi forme di inquinamento. Passano molte ore prima che il portavoce del presidente Cappellacci precisi che più che una ‘partita di giro’ – una sorta di prestito da quei fondi per le bonifiche che poi sarà restituito – si tratta invece di un altro finanziamento, ex novo, ottenuto anche questo dal governo. Botta e risposta, accusa e contro accuse, resta un fatto: che per la grande operazione d’immagine, volta a dare una ragione a quel po’ po’ di lavori fatti a La Maddalena, il denaro si è trovato immediatamente, tanto che le regate sono in pieno svolgimento e si concluderanno il 6 giugno. Dell’inizio dei lavori delle bonifiche, indispensabili anche per poter programmare recupero ambientale e riconversione, nelle quali impiegare mano d’opera in modo da dar lavoro almeno ad una parte dei disoccupati della zona, non c’è traccia. Almeno, si dirà, a La Maddalena avranno trovato lavoro i giovani di lì. No, perché anche nell’isola di Nelson e di Garibaldi la gente chiamata per lavorare nelle strutture ricettive aperte apposta per le regate è venuta quasi tutta da fuori. L’operazione d’immagine – la regata – contro i lavori strutturali – le bonifiche-. Credete che si parlerà in modo diffuso di questo? No. Provate a prevedere da cosa saranno interessati maggiormente i media tra “Mascalzone Latino, “Azzurra”, “Luna Rossa” - in competizione fra loro e le altre imbarcazioni - e gli operai senza lavoro. Qui sì che funziona la sovraesposizione mediatica! Altro che per i corretti, sensibili, geniali lavoratori dell’”Isola dei Cassintegrati”. Se l’Eni non sarà costretto da una vera, responsabile, credibile autorità statale a trattare, gli impianti di Porto Torres, Porto Marghera e Ravenna saranno inesorabilmente mangiati dalla ruggine e i loro appassionati lavoratori costretti a sperare in qualcos’altro che soltanto una diversa politica ecomico-strutturale sarà in grado di individuare.

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