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Articolo 21 - Editoriali
Premiata norcineria Pdl
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di Maurizio Calò e Shukri Said*

Da qualche tempo è messa in evidenza sulla stampa la contrapposizione tra Costituzione formale e costituzione materiale. La differenza viene evocata nella prospettiva autunnale di una crisi di governo, quando si dovrebbe decidere se andare immediatamente alle urne o condurre previamente una verifica parlamentare da cui potrebbe emergere il sostegno a un governo tecnico con pochissime incombenze tra cui fare una nuova legge elettorale.

Essendosi il centrodestra già espresso contro la modifica dell’attuale legge elettorale, il supporto ad un governo tecnico siffatto verrebbe dalle attuali opposizioni che, però, conquisterebbero la maggioranza solo se unite ai finiani transfughi dal centrodestra, dando luogo a quello che viene definito ora un ribaltone, ora il tradimento della maggioranza uscita dalle ultime elezioni.

Questo tradimento sarebbe oggi ancor più offensivo di sempre perché, si afferma, gli elettori hanno scelto nella scheda elettorale dell’aprile 2008 il Primo Ministro nella persona di Silvio Berlusconi cosicché, se questi non potesse più governare, non vi sarebbero alternative alle elezioni anticipate rispetto alla scadenza naturale del 2013. Tanto meno, poi, si potrebbe affidare la guida dell’Italia a forze politiche risultate perdenti alla prova del voto, fosse pure al solo fine di cambiare la legge elettorale.

Dall’altra parte, rileggendo la Costituzione del 1948, si ricorda che spetta solo al Presidente della Repubblica sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni che presuppongono l’assenza di maggioranze idonee a sostenere un governo alternativo a quello divenuto incapace di guidare il Paese. Si rammenta, inoltre, che spetta al Presidente della Repubblica la nomina del Primo Ministro e non al popolo in sede di elezioni dove ci si limita alla sola scelta del capo della coalizione.

Se questi sono i termini della questione, occorre soffermarsi su alcuni aspetti per non perdere la bussola delle nostre istituzioni.

Nella Legge 270/2005 - la vigente legge elettorale - è previsto che, con il simbolo, venga depositato il programma elettorale e il nome e cognome del capo della forza politica. Le coalizioni tra le forze politiche sono favorite perché, alla Camera dei deputati, la coalizione più votata ottiene in premio la maggioranza (Occhio! La ottiene indipendentemente dalla percentuale conseguita cosicché, in caso di grande frammentazione delle forze politiche, si potrebbe avere la maggioranza della Camera dei deputati, in ipotesi, anche con il 20% dei suffragi se nessun’altra coalizione arrivasse a tanto).

Le forze politiche che si presentano insieme devono però indicare un unico programma ed un unico capo, appunto, della coalizione.

Dunque, al momento di nominare il capo del governo, il Presidente della Repubblica dovrà rivolgersi, prima di tutto, al capo della coalizione che abbia conseguito il maggior numero di voti e da questa ineluttabilità nasce la “costituzione materiale” che si sarebbe affermata con l’attuale legge elettorale sostituendosi al dettato della Costituzione del 1948.

Sennonché l’attuale legge elettorale, definita una “porcata” proprio dal suo principale autore (il leghista Roberto Calderoli), fu votata solo dalla maggioranza di centrodestra che, all’epoca, comprendeva anche l’Udc di Casini, mentre non fu votata da nessun partito del centrosinistra.

Proprio per queste caratteristiche originarie, il solo accostare la faziosa “porcata” alla regina delle leggi, che nacque da un’intesa costituzionale tra tutte le forze politiche tanto che fu votata da 453 costituenti contro 62, è un’opera di sviamento inaccettabile.

E’ stato lo stesso Berlusconi a smentire, con famosi tentativi di shopping parlamentari ampliativi della sua maggioranza, che l’attuale legge elettorale vincoli il Premier alla coalizione che lo ha eletto. E, del resto, ancora è in vigore il dettato costituzionale secondo cui ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Norma tanto più incisiva quando il parlamentare non viene eletto, ma solo nominato dalle segreterie dei partiti con manifesta attenuazione del rapporto con l’elettorato.

La legge elettorale adottata nel 2005 è, né più né meno, che una legge elettorale di rango incomparabile con la nostra Costituzione (per bocca del suo stesso Autore) e che, in tanto può essere letta, interpretata ed applicata, in quanto ciò avvenga nell’ottica della Costituzione repubblicana alle cui disposizioni è nettamente sottoposta.

Ipotizzare che la Legge Calderoli possa aver dato vita ad una costituzione materiale equiparabile, se non addirittura superiore, a quella formale è, dunque, totalmente fuori luogo e fuorviante, è un modo per tentare di dare dignità ad un porcellum deforme, è un’opera di norcineria politica che serve solo a stuzzicare palati rustici.

Resta integro, quindi, il dettato dell’unica Costituzione - che non ha, né ammette equipollenti  - la quale  attribuisce al Presidente della Repubblica la prerogativa di nominare il Presidente del Consiglio dei ministri se questi riscuote in Parlamento una maggioranza idonea a sostenerne il programma. Perché, è bene chiarirlo a tutti, compresi i non udenti dall’orecchio destro, la nostra Carta costituzionale prevede una Repubblica parlamentare in cui è il Parlamento che nomina il Presidente della Repubblica ed è questi, a sua volta, che nomina il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ma un tanto chiarito, il nodo di tutti i problemi attuali non è tanto stabilire se, una volta aperta la crisi – e solo Berlusconi potrebbe deciderlo - si andrebbe o non andrebbe ad elezioni anticipate perché solo l’esito delle consultazioni presidenziali potrà fornire indicazioni in tal senso, quanto piuttosto nello stabilire quale legge elettorale dovrebbe essere adottata da un governo tecnico qualora si riuscisse a stendere una rete programmatica, così limitata e finalizzata, che andasse dai finiani ai simpatizzanti di Vendola nel Pd.

Noi abbiamo già segnalato che l’unica legge elettorale capace di competere con lo strapotere televisivo che assicura a Berlusconi di padroneggiare le province (e quindi la maggioranza degli elettori), sarebbe l’uninominale maggioritario con collegi di piccole dimensioni, ma su questo tema ancora non si vede accendersi la scintilla di alcun dibattito.

E d’altra parte, se oggidì si è capaci di accostare il porcellum alla Costituzione con noncuranza e senza ombra di raccapriccio, di che legge elettorale vuoi parlare …

*Associazione www.migrare.eu

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