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Articolo 21 - Editoriali
Italia - Francia: 0-2. In politica la rivincita dei “cugini”, atterriti dal fantasma Sarkozy – Berlusky
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di Gianni Rossi

Com’è lontana l’Italia da Parigi, molto più della Cina! Se la Cina, intesa come capitali di stato e fondi sovrani, si è  insinuata nei gangli vitali dell’economia privata (la grande distribuzione e industrie agroalimentari, oltre alle industrie tradizionali) e sostiene con le immense risorse finanziarie pubbliche il debito francese; l’Italia è ormai preda preferita dei “capitani coraggiosi” pubblici e privati dell’establishment d’oltralpe (banche, assicurazioni, grande distribuzione, finanziarie). Ma soprattutto quello che più preoccupa i francesi è l’estensione della “Piovra” italiana con i suoi tentacoli di ventose zeppe di danaro sporco, tanto da far gridare allo scandalo il settimanale della ex-sinistra radicale “L’Express”, che al fenomeno ha dedicato l’inchiesta di copertina di fine agosto (“Come la Mafia ci ha invaso”): la “presenza discreta, ma costante” di camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra, si è estesa dalle zone tradizionali della Corsica e della Costa Azzurra e Marsiglia, fino alla capitale, toccando anche i centri nevralgici del potere finanziario e politico di Lione e Strasburgo. Come documenta anche il libro dell’ex-presidente dell’Antimafia, Francesco Forgione, a giorni presentato in anteprima proprio in Francia, dal titolo”Mafia Export”, il fenomeno ormai si è radicato in Germania, Spagna, Belgio e turba i sonni delle cancellerie europee, che accusano il governo italiano di non fare molto contro questa “esportazione” politico-finanziaria della Piovra.
Ma intanto, un’altra paura ha preso piede tra la classe politica più avvertita francese e nella stessa opinione pubblica: l’identificazione tra Sarkozy e il suo amico Berlusconi. Oltre allo stravolgimento ironico del patronimico Sarkony/Berlusky, in realtà la deriva populista e reazionaria del governo di Sarkozy, che cerca di strappare così consensi all’ala oltranzista della destra di Le Pen  con le sue crociate anti-Rom e l’evocazione dell’esplosione della criminalità comune di origine maghrebina, sta creando un’aggregazione impensabile nell’opposizione fino a pochi mesi fa.
Sarkozy, anche a causa dello scandalo Woerth-Bettencourt sui finanziamenti occulti per le sue presidenziali e la gestione della contrastata eredità della “Signora dell’Oreal, è crollato nei sondaggi, che al contrario danno vincente il raggruppamento che si formerebbe attorno al Partito Socialista, oggi guidato a man ferma dalla Martine Aubry, figlia del grande Jacques Delors (rimpianto presidente progressista della commissione europea al quale si deve un avveniristico quanto concreto Piano di Sviluppo, ancora pressoché inattuato). E questa tendenza la si è già vista in concreto durante le ultime elezioni regionali, che hanno portato il centrosinistra (forte di un 54% di voti,no nonostante l’estesa astensione) a governare 21 delle 22 regioni metropolitane.
Ora, la novità è che il Partito socialista, storicamente un “groviglio” di tendenze e di sottocorrenti (un po’ come i nostri PD insieme a quello che è rimasta della sinistra “radicale”), all’Università d’estate che si tiene tradizionalmente a La Rochelle, roccaforte della regione Poitou-Charente, governata dalla Segolene Royal (candidata sconfitta nelle precedenti presidenziali da Sarkozy), ha ritrovata una compattezza, un’unità di intenti, quasi imprevedibile. Alcuni commentatori dai giornali dell’establishment ritengono questa unitarietà, dovuta essenzialmente più al calo di popolarità di Sarkozy, che ad un programma chiaro e distinto del centrosinistra. Sta di fatto che al momento le varie “anime” del PS francese parlano la stessa lingua e le due ex-rivali, la Aubry e la Royal, vanno d’amore e d’accordo politicamente proprio per presentare una candidatura unica alle primarie, in vista delle presidenziali del 2012.
Primarie alle quali anche gli altri piccoli partiti della “costellazione” della sinistra moderata e radicale, dai Modem di François Bayrou (un tempo alleato dei gollisti di Chirac, ma oggi ferocemente antisarkoziano), agli ex-comunisti del PCF in via di estinzione e ai Verdi  di Europa Ecologia, raccolti attorno al mito di Daniel Cohn-Bendit, vogliono partecipare, soprattutto se verrà presentato come candidato anti-Sarkozy, l’attuale direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, soprannominato DSK. Economista di fama mondiale, di scuola keynesiana, arrivato al più alto scranno della finanza pubblica mondiale, grazie anche all’indicazione del “primo” Sarkozy, quando il presidente francese strizzava l’occhio agli intellettuali e politici di rango, delusi dalle lotte fratricide in casa PS. Oggi, però, DSK non lo ripaga di altrettanto favore: secondo gli ultimi sondaggi, elaborati per Le Nouvel Observateur, se si votasse adesso, DSK otterrebbe il 59% dei consensi contro l’attuale presidente  (la Aubry è accredita di un 53%, mentre la Royal solo del 49%).
Insomma, si stanno intensificando i giochi di alleanze e di pressioni per far traslocare da Washington a Parigi l’ex- ministro economico e fidato collaboratore del compianto presidente François Mitterrand(l’unico leader socialista ad insediarsi all’Eliseo, dopo l’era conservatrice gaullista). Per ora, Strauss-Kahn tentenna, vezzeggiato da sinistra e destra riformista, coccolato dai salotti della finanza internazionale, ascoltato con pubblica riconoscenza dal presidente americano Obama, ma chi lo conosce bene sa che non resisterà molto alle sirene d’oltralpe: unica condizione un pronunciamento unitario del “suo” PS (che la volta scorsa invece lo “impallinò” a favore della Royal!) e l’eliminazione di alcune incertezze dell’altra “guache plurielle”, un po’ snob e radical-chic (tanto da farla denominare la “gauche au caviar”, la sinistra al caviale, molto estesa in Francia), che imputano a DSK una visione politica da “Sinistra conservatrice”, poco differenziata dai “conservatori compassionevoli”, come i Tories di David Cameron , che hanno vinto le recenti elezioni inglesi.
La grande incognita, comunque, è l’astensionismo, frutto più del distacco generazionale (i “giovani della Rete”, i delusi dalla “politica politicante”, ecc…), che dell’attuale stato di crisi economica e occupazionale che affligge anche la Francia. All’orizzonte della ripresa autunnale, comunque, si avvicina una stagione di grandi lotte sociali, che potrebbero anche far precipitare la sorte di Sarkozy, colpevole secondo gli oppositori di aver proposto una riforma delle pensioni, della scuola, dell’assistenza, che in pratica distrugge lo storico welfare-state francese, che veniva invidiato nel resto d’Europa per il suo equilibrio specie nel rapporto tra tassazione generale e servizi prestati alla popolazione.
E poi, c’è la crescente disoccupazione giovanile, l’assenza di prospettive sicure di impiego sia per le nuove generazioni sia per chi perde il lavoro e vorrebbe essere reinserito, anche dopo un persistente periodo di disoccupazione, qui però ben remunerato dalla previdenza sociale.
Certo, Sarkozy è corso ai ripari, preparandosi ad una battaglia mediatica contro gli oppositori, grazie anche alle sue potenti amicizie nel campo imprenditoriale-editoriale, ma alcuni settori lo stanno già abbandonando. Forse non basteranno i canali della pubblica France Televisions né la privata amica TF1 ad aiutarlo nel fargli raddrizzare i sondaggi, né la sofistica “premiere dame, l’italo-francese Carla Bruni, che gli faceva godere di un certo credito verso ambienti intellettuali, artistici e imprenditoriali della “sinistra al caviale”.
E poi c’è nell’opinione pubblica francese, registrata direttamente nei colloqui quotidiani, l’incubo di somigliare sempre più, forse anche troppo, ai “cugini” nei difetti italici che hanno in Berlusconi il simulacro vivente e gongolante.
“Abbiamo perso con vergogna insieme le qualificazioni ai Mondiali di calcio in Sudafrica, non vorremmo diventare come voi lo zimbello dell’Europa politica con Sarkony-Berlusky!”. Questa la preoccupazione che tormenta a sinistra, al centro e anche tra la destra scettica.
E forse anche per questa paura di un futuro “all’italiana”, in salsa mafiosa e reazionaria, i francesi si stanno svegliando dal letargo politico, mettendo da parte le storiche rivalità, spesso personali, e ricucendo un tessuto anche con la società civile e il mondo del lavoro, che potrebbe dire qualcosa di interessante e significativo anche per la nostra politica italiana. Un’Italia, che, appunto, appare ai francesi ancora divisa tra chi vorrebbe una “santa alleanza” a sinistra, chi un nuovo Ulivo e chi un governo di salvezza nazionale, ma in realtà attraversato dalla corrente carsica di un fiume di rivalità e personalismi, che allontano sempre più l’elettorato. In definitiva,  gli osservatori politici francesi fanno  notare il rischio che con le attuali divisioni tra vecchia e nuova opposizione (come quella finiana) eventuali elezioni anticipate possano mantenere al potere l’attuale regime mediatico-reazionario del trio Berlusconi-Bossi-Tremonti e dei settori più ottusi dell’imprenditoria e della finanza italiana.

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