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Articolo 21 - Editoriali
Suicidi nelle carceri. 120 morti dall’inizio dell’anno. La situazione incancrenisce, chi potrebbe e dovrebbe, assiste inerte e non fa nulla
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di Valter Vecellio

Carceri: Governo e ministero della Giustizia avevano promesso un progetto basato fondamentalmente su tre pilastri: diminuzione del numero dei reclusi; assunzione di almeno duemila agenti di polizia penitenziaria; edilizia penitenziaria. Il ministro della Giustizia lo aveva promesso nell’inverno scorso. Poi è passata la primavera, ora sta finendo l’estate. Siamo al punto di prima, se non peggio. Superato ogni record di sovraffollamento, oltre 69mila detenuti a fronte di una capienza di 43.500, il sovraffollamento continua a battere record su record. Da gennaio si sono uccisi almeno 44 detenuti, e anche tra gli agenti di polizia penitenziaria cominciano ad essere numerosi i suicidi. Il decreto legge Alfano è stato completamente svuotato dagli stessi partiti di quella maggioranza che avrebbero dovuto sostenerlo; l’iter di questo provvedimento forse, chissà, si concluderà a ottobre, produrrà, se non si verificheranno fatti davvero straordinari, effetti modesti sul sovraffollamento; e nulla sul versante delle assunzioni, malgrado si sconti una carenza di 6.000 poliziotti, cui si aggiungeranno almeno 2.500 pensionamenti nei prossimi 3 anni.
   Negli ultimi dieci anni nelle carceri italiane sono morti quasi 1.700 detenuti, un buon terzo per suicidio. Solo quest’anno siamo arrivati a 120 morti. Per contro il “piano carceri” che prevede la realizzazione di nuovi istituti di pena e l’ampliamento di strutture già esistenti per creare fino a 20mila nuovi posti, al costo di un miliardo e mezzo di euro, non ha fatto passi avanti. Un vero e proprio fallimento, e il ministro della Giustizia e il capo del DAP Franco Ionta dovrebbero assumersi le loro responsabilità, e trarne le dovute conseguenze. E dalla comunità penitenziaria vicende emblematiche. 
   Per esempio, da più di quaranta giorni gli oltre mille detenuti del carcere romano di Regina Coeli sono senza acqua calda. Sarebbe da attribuire alla rottura della caldaia centralizzata che serve l’intera struttura. Ma di chi sia colpa o responsabilità, resta il fatto che da quaranta giorni a Regina Coeli non c’è acqua calda. Si sta parlando di un carcere costruito a metà del 1600 che ospita oltre mille detenuti.
a accade a Varese, la cittàdel ministro dell’Interno. Accade che manca il Magistrato di sorveglianza; così gli agenti devono portare i fascicoli con le richieste di permesso dei detenuti in automobile fino al tribunale di Pavia, dove il Magistrato di sorveglianza fa le veci del collega vacante. 
Ma ottenere i permessi è una odissea un po’ in tutta Italia. Per ottenere permessi speciali di lavoro o la scarcerazione anticipata, i detenuti devono ottenere prima un resoconto positivo da parte degli educatori del carcere, poi l’approvazione del giudice di sorveglianza. Dal momento che c’è carenza degli uni e degli altri, accade che un giudice si trovi a dover fare i conti con centinaia di richieste; e gli educatori sono in numero irrisorio rispetto alle necessità perché da tempo il ministero della Giustizia non indice nuovi concorsi per nominarne altri.  
   Prima di finire: Roberto De Benedictis del Partito Democratico, è uno di quei parlamentari che hanno aderito all’iniziativa radicale del ferragosto in carcere. E ha scritto una lettera al ministro della Giustizia. A Ragusa, dice, “ho visto gabbie per polli senza luce né aerazione diretta ma abitate da uomini. Questi si dividevano in due una cella nella quale, in 7 mq, devono trovare posto anche i letti, il locale di servizio igienico, un tavolino e due sedie: praticamente senza spazio residuo per potersi muovere”. 
   Appare evidente, dice De Benedictis “la necessità di focalizzare l’attenzione sulla grave situazione degli istituti penitenziari all’interno dei quali le condizioni di vita sono intollerabili e degradanti”. 
    Intanto il tempo passa, la situazione incancrenisce, chi potrebbe e dovrebbe, assiste inerte e non fa nulla.   
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