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Myanmar, la farsa elettorale
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di Mauro Mauri

Myanmar, la farsa elettorale

Dopo una lunga attesa il regime militare del Myanmar -ex Birmania - ha promulgato la nuova legge elettorale, in prospettiva di andare alle urne entro fine anno. Ma la dissidenza non è proprio convinta che i Generali, attraverso la definita “road map a sette passaggi”, vogliano consegnare la democrazia al popolo birmano. Infatti dichiarano apertamente che le elezioni -sempre se si terranno nelle tempistiche promesse- saranno soltanto un operazione di chirurgia estetica finalizzata a dare una parvenza di democraticità alla Giunta Militare, a cui preme solo evitare le sanzioni della comunità internazionale. Alla base della strategia elettorale c’è la costituzione, approvata tramite un referendum farsa tenutosi nel Maggio 2008, pochi giorni dopo che il ciclone Nargis devastò il delta del fiume Irrawaddy abbattendosi anche su Yangoon, l’ex capitale, principale città del Myanmar, causando oltre duecentomila vittime, la maggior parte delle quali evitabili qualora l’allarme fosse stato lanciato nei tempi dovuti. Ma gli uomini del regime si disinteressarono dei ripetuti preavvisi dei centri meteorologici internazionali, pensando che il ciclone fosse un escamotage inventato dal nemico per sabotare il referendum.

LA COSTITUZIONE E LA FARSA DELL’APPROVAZIONE POPOLARE
Il voto fu una farsa totale: ad alcuni elettori vennero consegnate schede prevotate, ad altri fu detto che se intendevano approvare la proposta del regime, potevano votare “Si” nel seggio dov’erano, se invece volevano votare “No” dovevano recarsi in un seggio poco distante, seguendo un nerboruto e minaccioso soldato.  Comunque il regime decise che il 93% degli aventi diritto di voto approvò la costituzione, la quale riserva ai militari il 25% dei posti in seno al Pyidaungsu Hluttaw -il parlamento- mai riunitosi dopo che, nel 1962, l’esercito prese il potere.
Nel 1990, in un contesto politico analogo a quello attuale, si tennero le ultime elezioni, che diedero all’NLD di Aung San Suu Kyi una schiacciante maggioranza, ma vennero immediatamente congelate: la legge elettorale della settimana scorsa le ha dichiarate non valide poiché in contrasto con la costituzione del 2008.
La medesima legge prevede che entro il sette Maggio i partiti politici intenzionati a partecipare alla chiamata alle urne si registrino presso l’ufficio di competenza: in caso di dubbi sulle modalità con cui presentare listini e firme potrebbero chieder istruzioni a Formigoni e company.
Versione all’ombra delle pagode dorate di leggi “ad personam” e “ad listam”, ai partiti è vietato accettare l’iscrizione non solo delle persone condannate, ma persino di chi è detenuto poiché dissidente politico, guarda caso come Daw Suu Kyi, tuttora ai domiciliari per aver ospitato John Yettaw, nel Myanmar noto come “il nuotatore matto” che –secondo la versione del regime- si recò nella sua residenza, sulle sponde dell’Inya Lake, attraversandolo a nuoto, munito di pinne realizzate di persona, nonostante una serie di problemi fisici ed una corporatura non certo da Rambo.

IL CONDONO AD AUNG SAN SUU KYI PRIMA DELL’EMISSIONE DELLA SENTENZA
Inizialmente i giudici le inflissero tre anni di carcere, ma su espressa richiesta di Than Shwe, il vero padrone della nazione, dall’orwelliano titolo di Senior General Number One, la sentenza venne trasformata in diciotto mesi di domiciliari poichè “The Lady” è figlia di un eroe nazionale, il Generale Aung San. Nota curiosa, la richiesta venne inoltrata il giorno prima dell’emissione della sentenza.
In ogni caso il Generale Thein Sein, Ministro degli Interni, dipinto dal sito web “The Irrawaddy” come una marionetta di Than Shwe, sostiene che la Premio Nobel potrebbe finire di espiare la condanna a Novembre.
Ban Ki-mon, Segretario Generale dell’ONU ha invitato il regime a liberare tutti i prigionieri politici, in primis Suu Kyi, al fine di permetterle di partecipare alle elezioni.
La questione spezza l’NLD, il cui portavoce Nyan Win osserva con amarezza: "E' un grosso dilemma: per parteciparvi dovremmo espellere la nostra amata leader, oppure dopo il 7 Maggio saremo considerati un partito illegittimo, pertanto ci sarà precluso presentarci al voto".
 
NLD: PARTECIPARE ALLE ELEZIONI O BOICOTTARLE?
Mentre la maggioranza della dissidenza propende per boicottare le elezioni, agli uomini delle istituzioni internazionali vengono lanciate pesanti accuse: "Si disinteressano delle sofferenze del nostro popolo: Ibrahim Gambari, ex rappresentante ONU, sembrava più interessato ad andare a Yangoon per fare shopping, con gli uomini del regime a fare da guida turistica -accusa Mynt Soe, Segretario Generale della NLD in esilio- mentre Piero Fassino (delegato dell’Unione Europea per il Myanmar) oltre a non aver minimamente inquadrato la questione, nemmeno si è degnato di far visita al nostro quartier generale di Mae Sot, magari solo per dare un occhiata alle condizioni di chi vive nei campi profughi".
 
Un altro ostacolo al processo elettorale è quello delle minoranze etniche in lotta armata contro il governo centrale: "Nelle intenzioni del regime i gruppi armati dovrebbero trasformarsi in un esercito a cui spetta pattugliare i confini...", precisa Moe Zaw Oo, diversi anni di galera come dissidente politico, esule in Tailandia e responsabile esteri del governo ombra della NLD "ma le varie fazioni, - continua- conoscendo l’inaffidabilità della Giunta hanno già espresso parere contrario. La questione potrebbe essere stata studiata a tavolino (dalla diabolica mente di Than Swhe, che nella Russia degli anni sessanta studiò psycowarfare) al fine di avere una scusante con la comunità internazionale per rimandare le elezioni".
 
IL PESO DEGLI ASTROLOGI DI CORTE NELLE DECISIONI DEL REGIME
Ma forse le elezioni si terranno: quando?
"Anche se si terranno, sarà all’ iranian style, vincerà il partito fantoccio del regime. Comunque la data verrà decisa dagli astrologi di corte, come altre decisioni di rilievo, tipo lo spostare la capitale da Yangoon, creando appositamente Naypyidaw, sorta nel mezzo della foresta e costata milioni di dollari. Certo che voi occidentali fate fatica a crederci, ma sono loro ad indicare a Than Swhe come muoversi, eventualmente indicando il giorno propizio per le elezioni".
Qualcuno punta all’undici novembre, con seggi aperti dalle undici ed undici di mattina fino alle undici ed undici di sera, analogamente a quando, tre anni addietro avvenne il trasloco della capitale: alle undici ed undici dell’undici Novembre, undici battaglioni composti da undici camion partirono da Yangoon diretti a Naypydaw, la nuova capitale, per l’occasione denominata il trono degli Dei.
E sulle elezioni: "Allo stato attuale parteciparvi sarebbe pura follia: nel 1997 hanno tentato di uccidere fisicamente Suu Kyi, ora vogliono ucciderla politicamente".


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