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Articolo 21 - Editoriali
Carcere: Michele Massaro era disperato, aveva confidato ai famigliari di volersi uccidere
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di Osservatorio permanente delle morti in carcere

Era un ex tossicodipendente, ricoverato in Comunità Terapeutica. Lo avevano trasferito in carcere a ottobre, a seguito dell’ordine di esecuzione relativo a un “cumulo” di pene. Nel corso di un colloquio aveva confidato ai famigliari tutta la sua disperazione e per questo gli operatori del carcere, avvertiti, lo seguivano con particolare attenzione.

Michele Massaro, 23 anni, si è suicidato mercoledì pomeriggio inalando il gas  di una bomboletta da camping. Era detenuto nel carcere “Capanne” di Perugia dallo scorso mese di ottobre, quando i Carabinieri lo prelevarono dalla Comunità Terapeutica nella quale era ricoverato.

I suoi trascorsi da tossicodipendente ed i reati “contro il patrimonio”, che spesso contrassegnano l’esistenza di chi deve procurarsi i soldi per la “dose”, gli avevano fatto accumulare una pena che considerava sproporzionata: 8 anni, troppi per avere una misura alternativa, ma per lui troppi anche da trascorrere in una cella, evidentemente.

Forse le sue ultime, uniche soddisfazioni - prima che venisse trovato da un agente penitenziario con un sacchetto di plastica calato sopra la faccia - sono state un trancio di pizza con la cipolla e un pezzo di pane con la Nutella, offerte dal compagno napoletano con il quale divideva la cella numero “1” del terzo piano del Reparto circondariale.

Poi la decisione: Massaro ha approfittato del cosiddetto momento di “socialità” in cui l’altro detenuto è uscito, forse uno dei pochi in cui la vittima è stata lasciata completamente sola nelle ultime settimane, per togliersi la vita.

In seguito al fax inviato dal suo legale alla direzione del carcere di Capanne - comunicazione avvenuta dopo l’incontro coi familiari sconvolti, ai quali era stato confidato l’intento suicida da Michele - il giovane era seguito dal personale con un’attenzione maggiore. Lui, che si era sempre mostrato passivo e quasi per niente coinvolto nelle attività ricreative dell’istituto penitenziario, è stato portato via - dopo che il medico legale Sergio Pantuso Scalise ne ha constatato il decesso - nel silenzio rispettoso dei detenuti del braccio maschile.

Da inizio anno, in soli 12 giorni, salgono così a 6 i detenuti “morti di carcere”: il più “anziano” aveva 35 anni, Michele era il più giovane. Due si sono suicidati, gli altri 4 sono morti per “infarto”.

Nel carcere di Perugia l’ultimo decesso risaliva all’ottobre 2007, quando Aldo Bianzino - falegname arrestato per il possesso di alcune piante di marijuana - fu trovato morto in cella in circostanze mai del tutto chiarite (la Procura ha recentemente archiviato il relativo fascicolo, che come ipotesi di reato riportava “omicidio volontario contro ignoti”).

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