Articolo 21 - Editoriali
Cercheremo di restare umani, come Vittorio ci ha insegnato
di Centro per la Pace e la Nonviolenza Rachel Corrie
Quasi ogni giorno trovavamo nella posta almeno un messaggio di Vik Utopia –così si firmava Vittorio Arrigoni - che ci aggiornava sulla vita e sulla morte a Gaza.
I suoi messaggi più recenti ci avevano parlato prima della manifestazione dei giovani gazawi scesi in piazza il 15 marzo scorso e repressi duramente dai corpi speciali di Hamas, poi dei recenti attacchi di Israele sulla Striscia che avevano provocato molte vittime fra i civili.
Il corpo di Vittorio Arrigoni è stato trovato dalle forze speciali di Hamas ieri notte, nell’appartamento in cui era stato imprigionato dalla Brigata Mohamed Bin Moslama, un gruppo salafita. Da tre anni Vittorio viveva a Gaza, amato dalle persone comuni, dai pescatori, dai contadini, dai giovani, di cui conosceva e raccontava problemi e sofferenze, a partire da quelli provocati dall’Operazione Piombo Fuso del 2008, di cui era stato uno dei pochi testimoni occidentali. L’ultimo aggiornamento che Vittorio aveva postato mercoledì 13 aprile sul suo blog guerrilla radio riguardava la morte di quattro lavoratori palestinesi schiacciati nel crollo di uno dei tunnel al confine attraverso cui arrivano a Gaza i beni di prima necessità.
Abbiamo conosciuto Vittorio quando gli abbiamo comunicato l’intenzione di conferirgli il Premio Speciale Rachel Corrie 2010. Ha accettato un po’ stupito, dichiarandosene onorato. Non potendo uscire da Gaza in occasione della premiazione del 4 ottobre, ci ha promesso e regolarmente inviato un video che lo mostrava durante le sue quotidiane attività; dopo la premiazione, in cui i suoi genitori avevano ritirato il premio in sua vece, ci ha ringraziato commosso per l’accoglienza riservata ai suoi genitori.
Era un uomo buono, autenticamente grande, che aveva deliberatamente scelto di vivere fra persone ferite ed umiliate, chiuse in una striscia di terra martoriata ed infelice, di cui talvolta sembrava essere rimasto l’ultimo testimone.
I suoi assassini, accecati da un odio feroce e ottuso, hanno voluto porre fine alla vita del cittadino di un “degenerato staterello crociato”, non si sono accorti di avere invece vilmente ucciso un uomo giusto, che con la sua testimonianza faceva onore non solo all’Italia, ma al mondo intero.
Questo crimine orrendo provocherà altre vittime, pensiamo ai bambini, alle donne, agli uomini della Striscia di Gaza che sono stati privati della voce del loro amico Vittorio, che in questi anni si è limpidamente levata - spesso da sola – a difesa della loro umanità negata e oltraggiata.
Questa morte arriva dopo l'altra di Juliano Mer Khamis ucciso pochi giorni fa a Jenin, in Cisgiordania. Sia Vittorio sia Juliano lottavano per una società nonviolenta, stavano dalla parte degli oppressi e si battevano contro l'occupazione israeliana. Vittorio aveva dichiarato “guerriglia alla prigionia dell'informazione.. contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile”, mentre il Freedom Theatre di Juliano Mer Khamis era nato per contrastare l’isolamento, la frammentazione e la disillusione di un popolo che vive da troppi anni sotto occupazione militare, sostenendone il diritto alla libertà di informazione e al rispetto dei diritti individuali.
Oggi ci stringiamo in un ideale abbraccio intorno alla famiglia di Vittorio insieme con tutti coloro che ne stanno piangendo la morte.
Cercheremo di restare umani, come Vittorio ci ha insegnato. La strada è difficile.
I suoi messaggi più recenti ci avevano parlato prima della manifestazione dei giovani gazawi scesi in piazza il 15 marzo scorso e repressi duramente dai corpi speciali di Hamas, poi dei recenti attacchi di Israele sulla Striscia che avevano provocato molte vittime fra i civili.
Il corpo di Vittorio Arrigoni è stato trovato dalle forze speciali di Hamas ieri notte, nell’appartamento in cui era stato imprigionato dalla Brigata Mohamed Bin Moslama, un gruppo salafita. Da tre anni Vittorio viveva a Gaza, amato dalle persone comuni, dai pescatori, dai contadini, dai giovani, di cui conosceva e raccontava problemi e sofferenze, a partire da quelli provocati dall’Operazione Piombo Fuso del 2008, di cui era stato uno dei pochi testimoni occidentali. L’ultimo aggiornamento che Vittorio aveva postato mercoledì 13 aprile sul suo blog guerrilla radio riguardava la morte di quattro lavoratori palestinesi schiacciati nel crollo di uno dei tunnel al confine attraverso cui arrivano a Gaza i beni di prima necessità.
Abbiamo conosciuto Vittorio quando gli abbiamo comunicato l’intenzione di conferirgli il Premio Speciale Rachel Corrie 2010. Ha accettato un po’ stupito, dichiarandosene onorato. Non potendo uscire da Gaza in occasione della premiazione del 4 ottobre, ci ha promesso e regolarmente inviato un video che lo mostrava durante le sue quotidiane attività; dopo la premiazione, in cui i suoi genitori avevano ritirato il premio in sua vece, ci ha ringraziato commosso per l’accoglienza riservata ai suoi genitori.
Era un uomo buono, autenticamente grande, che aveva deliberatamente scelto di vivere fra persone ferite ed umiliate, chiuse in una striscia di terra martoriata ed infelice, di cui talvolta sembrava essere rimasto l’ultimo testimone.
I suoi assassini, accecati da un odio feroce e ottuso, hanno voluto porre fine alla vita del cittadino di un “degenerato staterello crociato”, non si sono accorti di avere invece vilmente ucciso un uomo giusto, che con la sua testimonianza faceva onore non solo all’Italia, ma al mondo intero.
Questo crimine orrendo provocherà altre vittime, pensiamo ai bambini, alle donne, agli uomini della Striscia di Gaza che sono stati privati della voce del loro amico Vittorio, che in questi anni si è limpidamente levata - spesso da sola – a difesa della loro umanità negata e oltraggiata.
Questa morte arriva dopo l'altra di Juliano Mer Khamis ucciso pochi giorni fa a Jenin, in Cisgiordania. Sia Vittorio sia Juliano lottavano per una società nonviolenta, stavano dalla parte degli oppressi e si battevano contro l'occupazione israeliana. Vittorio aveva dichiarato “guerriglia alla prigionia dell'informazione.. contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile”, mentre il Freedom Theatre di Juliano Mer Khamis era nato per contrastare l’isolamento, la frammentazione e la disillusione di un popolo che vive da troppi anni sotto occupazione militare, sostenendone il diritto alla libertà di informazione e al rispetto dei diritti individuali.
Oggi ci stringiamo in un ideale abbraccio intorno alla famiglia di Vittorio insieme con tutti coloro che ne stanno piangendo la morte.
Cercheremo di restare umani, come Vittorio ci ha insegnato. La strada è difficile.
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