Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
In piazza per una migliore democrazia, contro l'oligopolio dei partiti
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Ettore Siniscalchi

In piazza per una migliore democrazia, contro l'oligopolio dei partiti
Ettore Siniscalchi

La Spagna va al voto amministrativo mentre le piazze sono inondate da giovani che protestano contro la crisi, per una migliore democrazia, contro l'oligopolio dei partiti. Una protesta che ha cancellato dalla mappa i riti elettorali, i comizi, gli appelli al voto, i faccia a faccia tra i candidati. Tutto appare privo di senso. Queste amministrative avrebbero diversi motivi d'interesse, primo fra tutti quello di essere il primo appuntamento elettorale del dopo-Zapatero. Il presidente del governo ha annunciato che non si presenterà per un terzo mandato, tentano di alleggerire il peso sulle spalle del Psoe, che si presenta a un voto che emetterà un giudizio -di condanna - sulla gestione della crisi economica da parte di Zapatero e del suo governo.
La protesta ha fatto irruzione nella volata finale di una campagna elettorale. Tra tentativi di mettere il cappello, la sinistra verde ed ex comunista, aperture di credito miste a manifestazioni di sconcerto e fastidio da parte del Psoe, e accuse di essere strumentalizzati, il Partido popular, tutto educatamente rispediti al mittente, i partiti sono spiazzati. Anche perché la protesta non è solo esistenziale- generzionale ma critica profondamente il sistema politico spagnolo, in particolare quello elettorale.
Cos'è, dunque, questo movimento che è chiamato 15M, dalla data del 15 maggio, giorno d'esordio della protesta, a Madrid, repressa dalla polizia madrilena con interventi e fermi?

Il movimento critica il bipartitismo PP-Psoe (il PPSOE, come vengono chiamati), e chiede una democrazia più partecipativa. Ma è la crisi a essere il detonatore e il principale obiettivo, come riassume lo slogan «Non siamo marionette nelle mani di politici e banchieri».
Sono studenti, disoccupati, casalinghe, e mileuristas, i giovani precari costretti a vivere con stipendi di non più di mille euro al mese, più spesso intorno agli 800. L'accostamento con le rivolte mediorientali, quella egiziana in particolare, non è causale ed è promosso dagli stessi protagonisti, ma il malessere giovanile spagnolo si manifesta da anni. Cominciò nel dicembre 2006 con le manifestazioni per il diritto a una casa dignitosa, continuate nel 2007 e tornate a macchia di leopardo sino alle grandi manifestazioni dello scorso aprile. «Senza casa. Senza lavoro. Senza pensione. Senza paura!», recitavano gli slogan, esprimendo la rabbia di una generazione che vedeva davanti a sé un futuro peggiore di quello dei genitori. Ma anche i famigerati botellones, i raduni spontanei nelle piazze urbane all'insegna delle bevute portate da casa, del 2002-2004, non erano quel movimento edonistico e nichilista raccontato dalla stampa ma una critica contro la mercificazione del tempo libero, per la riappropriazione degli spazi urbani dominati dall'industria dell'ozio.
Bassi salari, mancanza di prospettive, disoccupazione giovanile galoppante (43%), precarietà e l'enorme rincaro degli affitti (con stipendi pari ai costi degli affitti più bassi quella che si blocca è la possibilità del ricambio generazionale), sono alla base di un malessere sempre più ampio che travolge la fiducia nella politica, nella sua capacità e volontà di affrontare e risolvere i problemi, ma mette al centro del mirino anche le istituzioni economiche, banche innanzitutto, che dopo aver erogato mutui facili, pignorano le case di chi, perduto il lavoro, non riesce a onorare i pagamenti.

Un movimento sociale, dunque, manifestazione di un conflitto definitivo o ancora alla ricerca di interlocuzione con la politica classica? La crisi economica ha travolto il rapporto che, i partiti di sinistra, avevano ricostruito con le giovani generazioni. Zapatero era giunto al potere nel 2004 anche difendendo gli studenti in lotta contro la riforma scolastica e universitaria dell'ultimo governo del Partido Popular. «Siamo in presenza della generazione meglio preparata e responsabile della nostra storia», disse allora, conquistandosi un'apertura di fiducia e il voto giovanile. Adesso la crisi, e il suo colpevole ritardo nell'ammetterne l'esistenza, lo ha convertito nel principale imputato del giudizio che si celebrerà domenica. Zapatero ripete che con lui gli spagnoli hanno raggiunto quote di stato sociale mai toccate prima e che non intende sacrificare il welfare alla crisi. Ai giovani non basta Neanche i sindacati sono ritenuti interlocutori validi, visti come rappresentanti dei "garantiti" e accusati di aver accettato tutte le forme di precarietà.

Le manifestazioni sono state vietate dall'inizio da alcune Giunte elettorali locali e, per il fine settimana di riflessione prima del voto, dalla Giunta nazionale.
I divieti non hanno fermato la protesta. Venerdì notte almeno 50mila persone occupavano 162 piazze spagnole, assomigliando davvero alle rivolte mediorientali, l'egiziana piazza Tahrir, la «rivoluzione dei gelsomini» tunisina.

Coi nuovi media come luogo del confronto, dell'organizzazione e del lancio delle iniziative. Le manifestazioni degli italiani all'estero contro Berlusconi, ispirano le campadas di solidarietà nelle città europee, (almeno una decina anche in Italia, Roma, Firenze, Gorizia, Torino...). Le proteste islandesi, che hanno affondato una classe politica che ha investito la ricchezza pubblica nei fondi spazzatura, rappresentano il modello principale, l'obiettivo ideale. Una protesta con caratteristiche globali, un'organizzazione decentrata, al di fuori dei luoghi abituali di partecipazione, senza interloquire coi media tradizionali. Senza cercare nessun punto di riferimento, in questo profondamente diversi dai grillini italiani - Beppe Grillo si è unito alla protesta andando a Barcellona - anche se con punti in comune, sono sì in rottura coi partiti tradizionali ma non con la democrazia rappresentativa.

I ragazzi chiedono una democrazia più partecipativa, che vuol dire prima di tutto superare la Ley D'Hondt, il sistema maggioritario alla spagnola, che favorisce i grandi partiti. Per questo nelle piazze si fanno lezioni sull'attuale sistema, si spiega come funziona, come traduce i singoli voti in seggi, cosa avverrebbe con sistemi diversi. Il sistema elettorale spagnolo ha garantito ai governi stabilità, al prezzo di grandi differenze di valore tra le diverse scelte degli elettori. Si pensi che per un seggio in Parlamento possono essere necessari sino a 480mila voti per un partito come Izquierda Unida, mentre ne «costa» appena 57mila per il Partito nazionalista basco. Per i due partiti più grandi, il PPSOE, servono poco meno di 67mila voti. La richiesta è per un sistema proporzionale, visto come strumento di maggior partecipazione dei cittadini, che cambierebbe molto la composizione parlamentare e il peso dei partiti. Alle radicali parole d'ordine delle prime convocazioni, il confronto di piazza a pian piano aggiunto un approccio più problematico. Si è discusso se davvero tutti i partiti siano uguali, la lotta alla corruzione politica non è lotta alla politica ma alla privazione della partecipazione politica, si cercano interlocutori e risposte.

Josep Ramoneda - filosofo, scrittore e giornalista, uno dei commentatori spagnoli più acuti, presidente de l’Institut de Recherche et Innovation de París e direttore del Centro de Cultura Contemporánea de Barcelona - in un intervista al quotidiano Europa, alla domanda se il movimento manifesti un rifiuto definitivo della politica, ha risposto: «Per niente. Loro stanno chiedendo. È un caso lampante di rifiuto del modo attuale di fare politica, del modo di fare del Psoe e del Pp ma sono convinti sostenitori della partecipazione nel sistema democratico. Chiedono è che funzioni meglio, che democrazia non sia solo votare ogni quattro anni, che è quello che sembra gli venga chiesto»

L'assoluto rifiuto della violenza politica, la cura dei luoghi occupati, la gestione intelligente e responsabile del rapporto con l'ordine pubblico, la capacità di disinnescare le trappole trovate sin qui sul cammino, testimoniano della concretezza del movimento. La proibizione degli assembramenti è un problema per titolare dell'Interno e vicepresidente del governo, Alfredo Pérez Rubalcaba. Il ministro più amato dagli spagnoli - sarà l'avversario della ministra della Difesa, Carmen Chacón, per la prossima candidatura del Psoe alle elezioni politiche del 2012 - si trova a dover applicare la decisione evitando di creare tensioni nel processo elettorale. Col rischio di danneggiare definitivamente sé e il Psoe. I manifestanti non intendono andarsene, che fare allora, sgombrarli con la forza? Rubalcaba ha detto che «quello che faremo sarà applicare la legge» ma che «per risolvere un problema la polizia non ne creerà un altro». In tutto questo la piattaforma 15M non lanciato nessuna convocazione per il fine settimana, per non far scattare divieti. Le manifestazioni saranno spontanee. Le urne aperte.

Letto 2655 volte
Dalla rete di Articolo 21