di Michele Orezzi*
Marco ha ventitrè anni. E’ nato a Grottaglie, in puglia, e da due anni studia Filosofia all’Università di Milano. Oggi Marco si è alzato dal letto alle sette e trenta ma la sveglia “milanese” aveva un suono meno brusco del solito. Ha fatto colazione, ha preso la sua carta d’indentità e si è diretto verso la porta di casa. Prima di uscire, però, è corso al computer e ha aggiornato il suo status di facebook : “Vado a votare 4 SI: per evitare la privatizzazione dell’acqua, per dire no al nucleare in Italia e per rimarcare che la legge è uguale per tutti”. Marco ha poi chiuso portatile ed è corso al seggio: ieri ha letto su internet che era meglio votare nelle primissime ore, perchè più alti erano i primi dati sull’affluenza al voto con più facilità gli scettici avrebbero lasciato a casa le titubanze sul raggiungimento del quorum e sarebbero andati a votare.
La storia di Marco è quella di oltre diecimila studenti universitari fuori sede che, grazie alle associazioni universitarie e tramite i comitati promotori e i partiti, hanno potuto votare nella provincia di studio essendo accreditati ai seggi come rappresentanti di lista. Perchè, per mille motivi, non tutti gli studenti si possono permettere di tornare al proprio paese di residenza per votare, e per tutti quelli che-come Marco-non avevano questa possibilità, l’unico modo per partecipare al referendum era essere accreditati come rappresentanti di lista.
Oltre diecimila: una richiesta senza precedenti per i referendum. Un’onda di partecipazione democratica che ha investito anche piccole cittadine universitarie dove, per trovar lo spazio sufficiente per far votare tutti i fuori sede, si è dovuto usufruire dei posti di rappresentati di lista dei seggi di provicia più periferici, con le stesse associazioni universitarie organizzatrici del servizio improvvisato “taxi-quorum”: macchine messe a disposizione per portare a votare, anche nei seggi più lontani, tutti gli studenti universitari.
Una voglia di voto senza nessun precedente: la partecipazione dei fuori sede ai quesiti referendari sono sempre stati con affluenze imperccettibili o quasi. Questa volta, invece, è stato diverso.
Diverso perchè quel vento di cambiamento che ha investito il nostro Paese lunedì scorso, lo stesso vento che ha visto tanti giovani protagonisti di risultati elettorali quantomeno inaspettati, ha spinto gli studenti a credere nel raggiungimento del quorum e a mobilitarsi in massa per cercare portare il proprio voto alla causa. Una risposta figlia di un nuovo senso civico di una generazione troppo spesso stereotipata come sterile di partecipazione civica. Una risposta che non è stata solo di quantità ma anche di contenuti: la tutela dei beni comuni, un modello energetico alternativo al nucleare e un bocciatura convita al legittimo impedimento non suonano come un voto che si appiglia alla reazioni di pancia o alle ideologie ma da una consapevolezza che il modello di società proposto da queste leggi-da questo governo- non è quello che vuole un’intera generazione, non è quello che vuole il futuro del nostro Paese. Non è quello che vuole la generazione che negli ultimi anni ha dovuto scendere in piazza più volte per arginare l‘emmergenza democratica italiana, partendo dagli attacchi alla scuola e all’università pubblica. La nostra generazione che vede la parola futuro sempre più con contorni sfumati ma che ha gli strumenti, la conoscenza e l’informazione libera del web, per capire e interpretare il mondo che ci circonda.
Consapevolezza al voto e ai contenuti dei quesiti che ha dovuto superare tutti gli ostacoli che hanno cercato di mettere sulla strada di questo referendum: prima la divisione dalle elezioni e dei ballottaggi amministrativi, il cercare di sopprimere il quesito sul nucleare e, più subdolamente, rilegare le informazioni sul referendum alle ore notturne o peggio sbagliare le date dello stesso durante le edizioni dei TG. Consapevolezza che come altre volte,e forse più di altre, ha visto nella rete l’appiglio di libera informazione sul quale aggrapparsi per cercare di sfondare il muro di indifferenza di un pezzo di società verso la politica . Mesi in cui comitati, associazioni e partiti si sono mobilitati per informare le persone su siti e social network, con approfondimenti, foto, video il tutto supportato da azioni di piazza e flash mob che cercavano di sensibilizzare l’opinione pubblica che non accede, o accede con più difficoltà, alla rete. Social network che negli ultimi giorni non parlavano altro che di posizioni sul referendum: qualcuno contro, la maggioranza a favore, ma che informavano tutti su quando e su cosa si votava. Un virus democratico che ha contaminato le università italiane e ha fatto tornare nel nostro Paese ,apposta per votare, anche tantissimi studenti Erasmus che da fuori vedono la drammaticità italiana con più nitidezza. Pezzettini di Italia che in questi giorni si ricompattano urlando quattro SI consapevoli, pezzettini d’Italia che ci fanno credere ancora di più non solo nel raggiungimento del quorum, ma che questo Paese abbia finalmente la volontà e la forza di voler cambiare.
Fin da oggi e-questa volta-per davvero.
*Coordinatore Nazionale Unione degli Universitari- il Sindacato studentesco
Consigliere Nazionale CNSU- Ministero Istruzione Università e Ricerca