di Carmine Fotia*
Lo dicono migliaia di tifosi per bene indignati, lo dice la furia di
Francesco Totti dopo quella di Daniele De Rossi, lo dicono all'unisono
la vecchia e la nuova Roma. Dovrebbero urlarlo, insieme a noi, tutti
coloro che hanno a cuore una vera battaglia per la moralizzazione del
calcio. Battaglia che questo giornale e la Roma hanno sempre condotto
in prima fila. Per questo, non solo riprendiamo l'urlo popolare, ma
invitiamo a una civile ribellione, una sollevazione pacifica, - siamo
tutti indignados - che spazzi via i miasmi che ammorbano l'aria.
Giù le mani da Francesco Totti, da Daniele De Rossi, giù le mani
dalla Roma (come dice in un'intervista a Il Romanista il portavoce di
Mr DiBenedetto, Tullio Camiglieri). Tirare in ballo Totti e De Rossi è
un'infamia grande come un macigno che ricadrà sui piedi di coloro che
l'hanno sollevato.
Chiunque conosca la storia umana e professionale di Francesco e
Daniele, chiunque li abbia visti dare l'anima sul campo, prendersi le
loro responsabilità sempre e comunque, rappresentare per tanti ragazzi
l'esempio di un calcio vero fatto di cuore e di passione, non crede a
una parola di quanto detto su di loro.
Il nome di De Rossi è stato smentito dagli stessi inquirenti dopo che
incautamente alcuni giornali, tra cui la Gazzetta dello Sport, il
primo quotidiano sportivo italiano, l'avevano sparato in prima pagina.
Quello di Totti viene "desunto" dal fatto che un millantatore
attribuiva a un'altra persona, Daniele Corvia (la cui smentita potete
leggere nelle nostre pagine), un'assicurazione su come sarebbe finita
Fiorentina-Roma che gli sarebbe stata data dal "capitano della
giallorosa". Non c'è nulla, è solo fuffa, millanteria, cui si è dato
irresponsabilmente troppo spazio.
Nel difendere Totti, De Rossi e la Roma, difendiamo anche la
necessità oggi più che mai di fare pulizia a fondo nel mondo del
calcio italiano, perchè questa battaglia è nel dna di noi romanisti e
di questo giornale, dai tempi di Calciopoli quando Franco Sensi e
Franco Baldini furono i nemici principali della Cupola.
E' in nome di questa storia che chiediamo chiarezza. Subito. E la
chiediamo perché sosteniamo l'azione della magistratura contro ogni
corrutela nel calcio e fuori dal calcio.
Da vecchio cronista che ha seguito le indagini di Tangentopoli e
quelle di mafia, so infatti che quando le inchieste si allargano a
dismisura, quando si propagano notizie false accanto a quelle vere,
quando si fanno trapelare nomi altisonanti per conquistare le prime
pagine dei giornali e i riflettori delle tv un solo risultato è certo:
tutti colpevoli, nessun colpevole.
L'inchiesta di Cremona ha una parte, quella contenuta nell'ordinanza
del Gip, Guido Salvini, che contiene elementi fattuali (che andranno
attentamente valutati in sede processuale) circa un'associazione a
delinquere che riusciva a pilotare alcune partite delle serie
inferiori potendo così gestire un giro di scommesse. Dirà il processo
se le prove sono sufficienti, come dev'essere in uno stato di diritto.
Poi ci sono migliaia di pagine di intercettazioni non riscontrate, di
brogliacci tirati giù dagli investigatori, nelle quali c'è una
quantità impressionante di millanterie, di nomi fatti solo per
invogliare qualcuno a scommettere forti somme su partite anche di
serie A di cui si asserisce di conoscere il risultato, perché "ho
parlato con'" e giù un nome altisonante. E poi c'è questo dentista di
provincia, ammalato di un protagonismo che rasenta la mitomania che
parla di tutto e di tutti. Il suo interrogatorio è secretato e quindi
non sappiamo cosa abbia detto. Colpisce però che, al termine del suo
interrogatorio, il Pm di Cremona Roberto Di Martino se ne sia uscito
con una dichiarazione davvero insolita, parlando di «accordi tra le
società di serie A per determinare certi risultati», aggiungendo però
di avere solo una «sensazione, non una prova».
Come, una sensazione' Che diamine vuol dire una frase così in bocca a
chi ha il potere e il dovere di avviare l'azione penale in presenza di
reati' I giornalisti, i tifosi, i telespettatori possono provare
sensazioni quando vedono certe partite, ma un magistrato no!
Immaginate se, ai tempi di mani pulite, invece di basarsi su prove e
riscontri alle dichiarazioni degli indagati che confessavano,
Francesco Saverio Borrelli, allora capo del pool di Milano, se ne
fosse uscito dichiarando: «Ho la sensazione che tutti i partiti
rubano». L'inchiesta sarebbe finita in un nulla. Nella nostra
costituzione la magistratura ha il dovere di perseguire i reati non di
comunicare «sensazioni».
Ripeto, queste cose le dico non tanto per difendere la Roma e suoi
simboli, ma perché credo nella necessità di spazzare via tutto il
marcio che c'è, ed è tanto, nel calcio italiano. Sappiamo che il
bubbone del calcio scommesse esiste e va estirpato, magari con misure
radicali sulle modalità delle scommesse; sappiamo di infiltrazioni
pesantissime della criminalità organizzata, a partire dalle serie
minori, attraverso il possesso di squadre che danno prestigio e
possibilità di riciclaggio ai clan mafiosi; sappiamo di intimidazioni;
sappiamo che in certi territori la criminalità comanda anche negli
stadi. Cosa ha fatto finora il ministro dell'Interno, Roberto Maroni'
Ha inventato la tessera del tifoso che ha avuto come unico risultato
di allontanare dagli stadi migliaia di tifosi per bene senza
restaurare neppure un briciolo di legalità. Ora parla di osservatori,
di task force, di coordinamento. Ma non ci poteva pensare prima' No,
perché era troppo distratto a inventarsi un falso nemico, il tifoso
cattivo, per sbandierare una falsa vittoria.
Infine, esiste certamente il cancro di comportamenti che violano i
codici di lealtà sportiva, di partite "aggiustate", di cui, per
esempio la Roma è stata vittima nel corso dello scorso campionato:
ricordate Lazio-Inter, con i giocatori biancazzurri che ammisero di
aver perso la partita perché intimiditi dal loro pubblico che voleva
la vittoria dei nerazzurri per frenare la corsa scudetto della Roma'
Cosa ha fatto la giustizia sportiva' Nulla, ha fatto come le tre
scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. La giustizia sportiva
dovrebbe colpire prima di quella penale, perché può intervenire anche
quando non ci sono reati veri e propri ma comportamenti incompatibili
con l'etica sportiva. Se non lo fa, non ha alcun senso.
Non ci si può rassegnare all'alternativa tra l'inazione e le
inchieste-spettacolo che finiscono in una bolla di sapone. Tutto il
mondo del calcio, le sue istituzioni sono oggi chiamate a una prova:
riformarsi prima di perire, travolti dal crollo di un sistema che non
sta più in piedi. Ci sono troppe squadre e pochi soldi; gli stadi sono
totalmente inadeguati; le gestioni finanziarie spesso troppo allegre.
Occorre disboscare, bonificare, moralizzare.
La Nuova Roma che sta per insediarsi ha già fatto capire che intende
muoversi in questa direzione. L'uomo che ne sarà il perno, Franco
Baldini, è da questo punto di vista una garanzia. Forse per questo
qualcuno pensa di utilizzare un'inchiesta confusa e velleitaria per
gettare fango sui simboli di una Roma che fa paura ai tutori dello
status quo.
Ma gli schizzi di fango non riusciranno insozzare i nostri simboli né
fermare il nuovo cammino che è già cominciato.
*direttore de Il romanista