Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
Non è più tempo di azzeccagarbugli
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Ottavio Olita

Ma come fa Berlusconi a tentare di far credere che non è successo niente, dopo essere stato sommerso da 25 milioni 736 mila 273 NO alla legge varata da lui stesso e dal suo governo per una gestione del potere svincolata dagli obblighi di legge, un potere “absolutus”, mistificata sotto la definizione giustificatrice di “legittimo impedimento”? A chi lo vuol far credere? A chi, seguendo il suo esempio, non si è recato alle urne? O a chi, comunque rispettando l’istituto referendario, è andato a votare ed ha deposto nell’urna un ‘No’. A chi gli ha riversato addosso il proprio “non ne posso più”, o a chi, pur avendolo votato, chiede qualche cambiamento?
Altro che “Ha vinto la paura” come offensivamente titola il suo quotidiano di famiglia. Ha vinto la voglia dei cittadini di riprendere possesso della politica partecipata, lontana dalle alchimie dei palazzi e delle segreterie, dicendo dei sì che sono sì e dei no che sono no. Hanno perso tutti gli azzeccagarbugli dei partiti, quelli che fino all’ultimo si sono rifiutati di vedere il Paese che, senza esplosioni di rabbia, ma con una partecipazione continua, costante, è sceso in pazza con i sindacati, le associazioni, i movimenti per chiedere attenzione e interventi per i disoccupati, i senza lavoro, i precari, i giovani che vogliono metter su famiglia, i genitori che temono per la sorte dei figli una volta che non ci sarà più la garanzia del loro reddito.
Come ho già scritto una volta sul nostro giornale non possiamo permetterci di avere la memoria corta, non per stupidi revanscismi, ma per sforzarci di interpretare meglio i fenomeni che accadono intorno a noi e che spesso vengono ricondotti ad una logica che fa comodo al potere, nelle sue forme più varie.
E nell’esercizio della memoria si fanno meno errori a riesaminare i casi che si conoscono meglio. Ecco perché parlo della Sardegna, regione che nell’arco degli ultimi dodici mesi ha anticipato tutto quello che sta accadendo nel resto d’Italia.
Un anno fa le elezioni provinciali. Finì 6-2 per il centrosinistra. I sardi cominciavano a voltare le spalle al centrodestra che pure aveva vinto le elezioni regionali del 2009. Ma cosa contano un milione e 400 mila voti, per di più in una regione della periferia dell’impero, quasi come se si votasse  all’estero?
E dopo le schede nell’urna le mobilitazioni popolari: la battaglia per la chimica, “l’isola dei cassintegrati”, gli scioperi generali con decine di migliaia di partecipanti, le cinquemila persone che il 13 febbraio affollarono la darsena del porto di Cagliari per prendere  parte alla manifestazione delle donne dal titolo “Se non ora quando” e poi il 12 marzo, giorno dedicato alla carta costituzionale e il 17 marzo festa dell’Unità d’Italia. I tentativi fatti dalla destra di svilire tutte queste iniziative come una sorta di “voglia di scampagnata” sono stati spazzati via di nuovo dai turni elettorali. Ha cominciato proprio Olbia, città che, sindaco Settimo Nizzi, ha dichiarato Berlusconi suo cittadino onorario. L’avversario di Nizzi, Gianni Giovannelli, ha sbaragliato il campo e ha vinto al primo turno. Poi Cagliari che già il 15 e 16 maggio assegna 400 voti in più. sull’avversario, al giovanissimo candidato del centrosinistra Massimo Zedda che due settimane più tardi diventa con un ampio margine il primo sindaco della città espressione della sinistra.
Quindi il referendum consultivo sul nucleare. Travolgenti partecipazione e risultato: 60 per cento con il 97 per cento ai sì. Traducendo le aride percentuali in persone che depongono la scheda nell’urna, sono stati oltre 800mila i sardi che hanno dichiarato la propria scelta. E non è finita lì. In molti pensavano che, chiamati al voto per la terza volta in meno di un mese, per pronunciarsi su tante diverse questioni, gli elettori potessero dimostrare segni di cedimento e stanchezza. Neanche per idea. Il 12 e 13 giugno si sono ripetute partecipazione massiccia e scelte.
E’ stata questa la nostra modalità di rivolta. Tunisini, libici, egiziani, yemeniti, siriani, privi di democrazia hanno occupato le piazze per chiedere libertà. Noi, con il voto, con i cortei, con una partecipazione popolare che non si vedeva da due decenni stiamo ripetendo che vogliamo cambiare. Davvero si può far finta di niente, davvero si può svilire ancora una volta quest’altro formidabile segnale venuto dal voto referendario? E quale sarà la risposta che le forze politiche del centrosinistra sapranno dare? Non basta illudersi di fare da collettori della protesta; bisogna rispondere con progetti, programmi, prospettive che disegnino un futuro di sviluppo economico e culturale che ci tiri fuori dalle paurose secche nelle quali il finto liberismo del principale monopolista del Paese ci ha cacciati. Bisogna essere pronti a ricostruire. Bisogna liberarsi presto delle scorie e delle macerie che rimarranno dal crollo berlusconiano per ripristinare occasioni di lavoro, l’economia, la speranza, per rifinanziare la cultura, la ricerca, la scuola, per ritrovare tutti insieme impegno e credibilità interna ed internazionale.
Letto 3560 volte
Dalla rete di Articolo 21